National Geographic Italy - 08.2019

(nextflipdebug5) #1

Harvard David Reich. «Non esistono popolazioni
indigene; chiunque faccia riferimento alla pu-
rezza della razza europea si trova a confrontarsi
con l’insensatezza di questo concetto».


TRENTADUE ANNI FA lo studio del Dna sugli
esseri umani contemporanei ci ha permesso di
stabilire che condividiamo tutti un’unica genea-
logia e un’unica storia di migrazione primor-
diale: tutti i popoli che vivono al di fuori dell’A-
frica discendono da antenati che lasciarono quel
continente più di 60 mila anni fa. Circa 45 mila
anni fa i primi Homo sapiens si avventurarono
in Europa passando per il Medio Oriente.
Allora l’Europa era un luogo proibitivo, rico-
perto in parte da calotte glaciali di migliaia di
metri di spessore. Dove c’era calore però c’era
vita e c’erano anche degli uomini: i Neandertal,
che, arrivati dall’Africa centinaia di migliaia di
anni prima, si erano già adattati alle
dure condizioni di vita del continente.
I primi Homo sapiens europei vive-
vano di caccia e raccolta, divisi in pic-
coli gruppi nomadi. Seguivano il corso
dei iumi e penetrarono nell’Europa oc-
cidentale e centrale risalendo il corso
del Danubio dalla foce sul Mar Nero.
Per millenni il loro impatto fu minimo.
Il loro Dna indica che si incrociarono
con i Neandertal, che nel giro di 5.000
anni erano scomparsi. Oggi circa il due
per cento del genoma di un europeo è costituito
da Dna neandertaliano, che nel genoma degli
africani non è presente.
Gli Homo sapiens europei resistettero alla gla-
ciazione vivendo nella parte meridionale del con-
tinente, quella libera dai ghiacci, e adattandosi
al clima rigido. Secondo stime demograiche, 27
mila anni fa potevano essere anche solo un mi-
gliaio di individui. Si cibavano di grandi mammi-
feri come mammut, cavalli selvatici, renne e uri



  • gli antenati dei nostri bovini - e nelle grotte in


cui trovavano riparo hanno lasciato spettacolari
dipinti e incisioni delle loro prede.
Circa 14.500 anni fa, quando l’Europa rico-
minciò a scaldarsi, iniziarono a spostarsi verso
nord seguendo la ritirata dei ghiacci.
Nei millenni successivi svilupparono
strumenti di pietra più soisticati e si
stabilirono in piccoli insediamenti. Gli
archeologi chiamano questo periodo
Mesolitico, o Media Età della Pietra.
Negli anni Sessanta del secolo
scorso alcuni archeologi serbi hanno
portato alla luce, tra le falesie di
un’ansa del Danubio, un villaggio di
pescatori del Mesolitico. Il sito, Lepen-
ski Vir, era un vasto insediamento che
a partire da circa 9.000 anni fa fu abitato da al-
meno un centinaio di persone. In alcune delle
abitazioni sono state scoperte statuette metà
uomo e metà pesce. Le ossa rinvenute a Lepen-
ski Vir hanno rivelato che gli abitanti dell’in-
sediamento dipendevano prevalentemente dal
pesce del iume. Oggi i resti del villaggio sono
protetti da una copertura che si afaccia sul Da-
nubio; sculture di divinità luviali dagli occhi
stralunati vegliano ancora sugli antichi focolari.
«La loro dieta era composta per il 70 per cento da
pesce», dice Vladimir Nojkovic, il direttore del
sito. «Vissero qui per quasi 2.000 anni, inché
furono scacciati dai contadini».

LA PIANURA DI KONYA, nell’Anatolia centrale,
è il granaio della Turchia. Secondo l’archeologo
dell’Università di Liverpool Douglas Baird, è
stata coltivata dall’uomo sin dagli albori dell’a-
gricoltura. Da più di dieci anni Baird conduce
gli scavi a Boncuklu, un villaggio preistorico
nel quale circa 10.300 anni fa, all’inizio del Neo-
litico, si cominciò a coltivare piccoli appezza-
menti a farro e farragine, due antiche specie di
frumento, e probabilmente ad allevare piccole
greggi di pecore e capre.

SECONDA ONDATA


DALL’ANATOLIA


PRIMA ONDATA


DALL’AFRICA


44 NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA

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