la Repubblica - 03.08.2019

(Brent) #1

Fondo Monetario


Per il dopo Lagarde l’Ue (divisa) dice Georgieva


dal nostro inviato
Paolo Griseri

PARIGI — Ieri sera, in tarda serata, è
stato l’olandese Jeroen Dijssebloem
a riconoscere la sconfitta. Così, do-
po un pomeriggio di polemiche e
tentativi disperati, anche i Paesi del
Nord Europa hanno dovuto accetta-
re che sia la bulgara Kristalina Geor-
gieva a guidare il Fondo Monetario
internazionale. Tradizionalmente in-
fatti il Vecchio Continente si sparti-
sce con gli Stati Uniti le principali ca-
riche finanziarie: a Washington si de-
cide il capo della Banca mondiale
mentre Bruxelles indica la guida del
Fondo Monetario.
La lunga mediazione diplomatica
tra i 28 Paesi dell’Unione è stata con-
dotta dalla Francia che nelle ultime
settimane ha dovuto superare non
pochi ostacoli per ricomporre la pro-
fonda frattura che sulle scelte econo-

miche divide il Nord Europa e la Ger-
mania dal gruppo dei Paesi Mediter-
ranei e dell’Est. Un braccio di ferro
che in sostanza nasce dal giudizio
sulle politiche di austerità persegui-
te in questi anni da Bruxelles seguen-
do le indicazioni tedesche e nordi-
che. Così Kristalina Georgieva ha fi-
nito per catalizzare su di sé il voto di
tutte le cancellerie scontente dell’au-
sterità. Quando è stato chiaro che Di-
jsselbloem e Georgieva erano i due
ultimi nomi rimasti in lizza, Parigi
ha proposto di utilizzare come crite-
rio orientativo (ma non vincolante) il
numero di Stati che ciascun candida-
to era in grado di portare dalla sua
parte e la popolazione che ciascun
gruppo era capace di rappresentare.
Per avere una indicazione chiara la
Francia aveva proposto che venisse
eletto con certezza chi riusciva ad ot-
tenere l’appoggio del 55 per cento
degli stati membri e una rappresen-
tanza del 65 per cento della popola-

zione. Nessuno dei due ha raggiunto
l’obiettivo ma Georgieva ha staccato
nettamente Dijsselbloem portando
dalla sua parte il 56 % dei Paesi e il
57% della popolazione contro il 44 e
il 43 del candidato olandese. È a que-
sto punto che i Paesi del Nord hanno
chiesto il un cambo in corsa delle re-
gole. Ma il tentativo è fallito e lo stes-
so Dijsselbloem ha riconosciuto la
sconfitta. La nomina formale di chi
dovrà succedere a Christine Lagar-
de avverrà il prossimo 4 ottobre.
Georgieva, direttrice generale della
Banca mondiale e presidente ad inte-
rim dello stesso istituto da febbraio
ad Aprile di quest’anno è stata com-
missario europeo per la cooperazio-
ne e più recentemente commissario
per il bilancio. Sta per compiere 66
anni, per regolamento, non potreb-
be avere più di 65 anni al momento
della nomina. Ma sembra che ci sia
l’accordo per superare la norma.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

La candidata


Ex commissaria
Kristalina Georgieva, 65 anni,
è un’economista e politica
bulgara. Ha fatto parte della
Commissione europea
con Barroso e Juncker.
Attualmente è
direttore generale
della Banca Mondiale

S T


dalla nostra inviata
Anna Lombardi

NEW YORK — Profondo rosso. Travol-
te dalla nuova guerra dei dazi dichia-
rata giovedì da President Trump, a
una Cina secondo lui colpevole di
temporeggiare troppo, le Borse eu-
ropee vanno a picco nell’ultima se-
duta della settimana. E non aiuta,
certo, la risposta di Pechino, attra-
verso il ministro degli Esteri Hua
Chunying: «Siamo pronti a prende-
re le necessarie misure di rappresa-
glia» contro i nuovi balzelli del 10%
su 300 miliardi di dollari in prodotti
che gli Usa importano dalla Cina, ag-
giunti al 25% su 250 miliardi di im-
port del Dragone già in atto da tem-
po. Il risultato è che, in poche ore,
crollano tutti i mercati del Vecchio
Continente. Arretra Londra, del
2,34%, Francoforte, del 3,11%; Parigi
va sotto di brutto, del 3,57%, e Mila-
no perde il 2,41%, mentre lo spread
tra Btp e Bund cresce sull’onda delle
nuove tensioni fino a toccare i 210
punti base, per poi chiudere stabile
a quota 203. Wall Street, in serata,
cala di circa l’1%,
Pure gli analisti americani sono al-
larmati. La mossa della Federal Re-
serve, che solo mercoledì aveva ta-
gliato di 25 punti base il costo del de-
naro, potrebbe già non bastare più

al rilancio dell’economia interna. A
soffrire della guerra commerciale,
scrive il sito economico Bloomberg,
presto saranno anche gli Stati Uniti.
I segni di indebolimento già ci sono,
con le esportazioni americane in ri-
basso, anche se altri indicatori resta-
no positivi, come nel caso dei nuovi
posti di lavoro a luglio: sono 164 mi-
la, come da previsioni degli analisti,
con una crescita forte anche nel ma-
nifatturiero, e un tasso di disoccupa-
zione al minimo storico del 3,7%.
Sul commercio, Trump gioca co-
munque la carta del diversivo. Tie-
ne tutti col fiato sospeso facendo sa-
pere di essere pronto a un importan-
te annuncio che riguarda l’Ue. Per
qualche ora si temono nuovi balzel-
li, fin quando, alle due, quando è già
sera in Europa, si tira un sospiro di
sollievo. «Oggi firmiamo un rivolu-

zionario accordo per rendere più fa-
cili le esportazioni di carne america-
na nella Ue» dice il presidente. Af-
fiancato, guarda un po’, proprio dal
rappresentante commerciale statu-
nitense Robert Lighthizer, appena
tornato a mani vuote dalla Cina. Cer-
to, è stato lui a negoziare anche que-
st’ultimo accordo. Ma la presenza di
colui che ha permesso a Trump di al-
zare la voce e ridiscutere le regole
del commercio mondiale, portando
innanzi tutto a casa la riscrittura di
quel Nafta che da un quarto di seco-
lo regolava gli scambi nel Nuovo
Mondo, sembra l’ennesimo messag-
gio ai cinesi riottosi. «È una vittoria
strepitosa per i nostri allevatori» af-
ferma The Donald, circondato da co-
wboy con tanto di cappello. Ma sem-
bra proprio voler dire che la Ue po-
trebbe scampare alle sanzioni facen-

dosi inondare di ciccia americana.
Mentre la Cina viene bastonata per
non aver comprato la soia a stelle e
strisce, come aveva promesso.
Intanto il panico si è già diffuso
nel mondo, e non basta certo il lan-
cio di una bistecca a fermarlo. In
Asia, le tensioni fra Stati Uniti e Cina
si riflettono anche sulla mini guerra
commerciale tra Giappone e Corea
del Sud, con Tokyo a rimuovere
Seul dalla lista dei Paesi che godono
di un trattamento preferenziale
nell’export e i dirimpettai che ri-
spondono facendo altrettanto e mi-
nacciando, perfino, di porre fine al
vecchio patto militare. Grazie a Dio
è venerdì, come cantava Donna
Summer. Sperando che la riapertu-
ra delle Borse, lunedì, non si trasfor-
mi in un nuovo incubo.
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Dow Jones
-0,37% 26.485,08

Spread Btp/Bund
+1,02% 202,47

Brent
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64,0
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61,0

I mercati


Q


uando si dice che l’insider
trading è il reato più duro da
punire, e quando pure si dice che i
tempi della giustizia producono
tristi effetti collaterali, s’intende per
esempio questo. A fine 2001,
sfruttando un piano di riacquisto di
bond Unipol, vari personaggi di
prima fila della “razza padana”
usarono notizie sensibili a fini di
lucro, milionario. Tra loro il raider
bresciano Emilio Gnutti e Maurizia
Gallia, segretaria di alta direzione
del gran corsaro della Borsa di
allora. La Consob (2003) li pizzicò,
ma dopo le condanne in primo grado
furono quasi tutti prosciolti, e il
reato pure depenalizzato (2005).
Restava l’illecito amministrativo,
che portò Consob (2007) a chiedere
confische fino a 6,35 milioni a Gallia
per tale insider “secondario”. Lei
ricorse, e la Cassazione (2015) tornò
alla Consulta, trovando «non
manifestamente infondate» le tesi:
che la confisca era retroattiva
rispetto all’introduzione delle
sanzioni (2005) e che era eccessiva
poiché riguardava il valore dei bond
negoziati e non il profitto. La
Consulta convenne, e la Cassazione
ieri ha accolto in parte il ricorso di
Gallia, annullando la confisca di beni
per 2,7 milioni. Non è finita: le
domande di restituzione ora vanno
alla Corte d’Appello di Brescia.

di Andrea Greco

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Il punto


Insider trading


così la giustizia


aiuta i più furbi


Economia

T -2,41%


ftse mib
21.046,86 -2,27%

ftse all share
22.962,64 +0,24%

euro/dollaro
1,1110 $

La Cina non è più il principale esportatore negli Usa


1995

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10%

15%

20%

25%

2000 2005 2010 2015

(Quote di mercato in %, ultimo dato giugno 2019)
Giugno 2019
Canada
14,8%

Messico
14,5%

Cina
13%

Giappone
5,2%

Germania
4,6%

Canada Cina Messico Giappone Germania

Dazi, lo scontro con


la Cina affonda le Borse


Washington: intesa con


l’Ue sulla carne Usa


La guerra commerciale

Trump getta nel panico i mercati


e si consola con l’export di bistecche


pagina. 28 Sabato, 3 agosto 2019

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