la Repubblica - 03.08.2019

(Brent) #1
Scrivo per esprimere il disagio e lo sconforto
di noi docenti (vorrei dire indignazione, ma
per quella non abbiamo più le energie) di
fronte ai titoli dei giornali e dei siti web di
queste ore, quasi tutti all’insegna dello
slogan «torna l’educazione civica»; si tratta
in genere di trafiletti o poco più, nei quali
quasi mai si spiega che questa presunta
riforma, decantata con grande entusiasmo
da esponenti del Governo e – ahimè –
ingenuamente descritta come epocale da
alcuni organi di stampa, è a costo zero e
prevede che le scuole, a un mese dall’inizio
delle lezioni e in periodo di ferie, individuino
autonomamente e improvvisamente le
modalità di attuazione (non è dato sapere
quando verranno comunicate eventuali
“linee guida”).
Ancora una volta la scuola, e un tema
quantomai nobile e importante come quello
dell’educazione civica, vengono trattati
senza serietà. È necessario allora chiarire e
ripetere con forza che quella appena
“introdotta” dal Governo non è in realtà una
novità, giacché percorsi autogestiti dalle
scuole per la sensibilizzazione su temi
attinenti all’educazione civica e alla legalità
vengono attuati da lungo tempo.
La reale (e sola) novità del disegno di legge
appena approvato consiste nel fatto che la
nuova “disciplina” dovrà dal prossimo anno
scolastico avere riscontro in un voto in
pagella, cosa che indubbiamente rende
vincolante l’attività e che apparentemente
la toglie dal limbo in cui è stata finora. Chi
poi, però, la debba svolgere, come, quando, e
soprattutto – non essendo previsto nessun
compenso aggiuntivo – a scapito di che cosa,
il legislatore non lo dice, né sembra
interessato a chiederselo: a definirlo, così, su

due piedi, nelle prossime settimane, saranno
le singole scuole, ormai abituate e
rassegnate a inventarsi qualcosa per
ottemperare alle sempre più generiche ma
paradossalmente cogenti indicazioni
ministeriali.
Se si fosse voluto procedere con serietà, si
sarebbe incrementato il quadro orario di
tutte le scuole, con un’ora settimanale (che
poi è esattamente il tempo concesso dallo
Stato all’insegnamento della religione
cattolica, evidentemente più meritevole
dell’educazione civica), affidandola a
docenti con adeguata preparazione e la
necessaria abilitazione, e individuando
contenuti disciplinari precisi e livelli di
competenza diversi anno per anno.
Ma questo, ovviamente, avrebbe avuto dei
costi e avrebbe richiesto del tempo.
E allora molto meglio procedere come già in
passato, ad esempio quando la riforma
Gelmini (governo Berlusconi IV) eliminò con
un tratto di penna l’insegnamento
autonomo della geografia al biennio dei licei
(2 ore settimanali, 66 annue), facendolo
confluire con storia in un unico
insegnamento, orrendamente denominato
“geostoria”, per un totale di 3 ore
settimanali (99 annue, a fronte delle
precedenti 132).
La consueta abilità italiana di fare le nozze
coi fichi secchi, che nel mondo dell’istruzione
e della cultura pare la modalità costante e
ineluttabile. Una mossa geniale, una
miracolosa moltiplicazione dei pani e dei
pesci, senza nessuna fatica né spesa da parte
del ministero. Un perfetto esempio di
ipocrisia per le giovani generazioni.

Paolo Marsich

Divisione Stampa NazionaleVIA CRISTOFORO COLOMBO, 90


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Come arrivare vivi
alla Tav

Lettera firmata

La Tav si farà ma una battuta
circola in Val di Susa: «La Tav
è utile, il problema è arrivarci
vivi», perché strade e ferrovie
regionali per pendolari sono
vecchie di secoli. Anche nella
Lega come nel Pd a livello di
militanti non tutti sono
favorevoli alla Tav, non tanto
per i costi ma perché la Tav
deturpa il paesaggio. Chi è
contrario alla Tav sa che non
può impedirla ma può
controllare che i danni siano
contenuti e vigilare per
eventuali frane che treni
potenti possono creare.

La libertà di stampa
mi dà fiducia

Bruno Cosentino

Mi fa piacere sapere che ci sia
ancora in giro una stampa che
non si genuflette ai potenti,
soprattutto a quelli
emergenti, e che ci siano
persone come Valerio Lo
Muzio che cercano di

documentare, anche a costo di
subire lo scherno di
un’istituzione e, cosa che
ritengo più grave,
l’indifferenza di alcuni
colleghi nell’ambito della
conferenza stampa al Papeete
Beach. Io, nel mio piccolo di
cittadino disilluso, non ho
molta fiducia nell’Italia e negli
italiani, ma sarò comunque
meno sfiduciato se continuate
a opporvi a chi tenta di
nuocere alla libertà di stampa
e, per riflesso, alla
Costituzione che la prevede.

Quella sofferenza
chiamata povertà

Lucio Garofalo

La povertà non è solo una
condizione di grave afflizione
materiale, ma di sofferenza
interiore. È motivo di
vergogna ed imbarazzo, per
cui si fa di tutto per negare e
celare tale situazione
deprecabile in una società
capitalistica e consumistica,
che esalta l’ideologia del
benessere e del mercato, il
potere e il prestigio derivanti
dal denaro. Non a caso, la
percentuale dei “poveri

invisibili” è in costante
aumento. Gente sprofondata
bruscamente in uno stato
miserevole di ristrettezze. Le
ragioni strutturali sono insite
nella logica feroce che regola
il mercato capitalistico
globale. Le cause delle crisi
ricorrenti sono da ricercare in
perversi meccanismi di
rapina ed estorsione che
redistribuiscono in modo
diseguale le ricchezze sociali.
Ingranaggi crudeli e disumani
nella loro irrazionalità.

Se un centenario
può essere utile

Mauro Chiostri

Cento anni fa nasceva a
Torino Primo Levi, uno dei
massimi intellettuali del ’900.
Questo centenario può essere
uno stimolo per far conoscere
alle nuove generazioni la sua
grandezza. Sarebbe utile
introdurre il suo ultimo
scritto,“I sommersi e i salvati”,
come testo scolastico
obbligatorio affinché le nuove
generazioni vengano a
conoscenza di ciò che è il
testamento spirituale di un
gigante di umanità.

CAPOREDATTORI CENTRALE: Valentina Desalvo (responsabile)
Stefania Aloia Alessio Balbi, Andrea Iannuzzi, (vicario)
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Oliveri, Luca Paravicini Crespi, Carlo Perrone, Michael Zaoui
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E SISTEMI INFORMATICI:Pierangelo Calegari
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del 18-12-2018

La tiratura de “la Repubblica”
di venerdì 2 agosto 2019è stata di 341.084 copie
Codice ISSN online 2499-0817

«H


o fatto un bellissimo
viaggio in Giordania e
Israele, con una mia piccola
avventura personale. Durante una
escursione nel deserto di Wadi
Rum, in Giordania, ci siamo fermati
in un posto magico. Con il mio
cellulare, ho fatto delle foto e delle
riprese ben conscia che non sarei
stata capace di cogliere la magia
del luogo. Risaliti sui fuoristrada,
dopo un bel tragitto, mi sono
accorta di non avere più il mio
telefonino in tasca; non potevo far
tornare indietro tutto il gruppo a
causa della mia sbadataggine e
comunque non avrei saputo dove
cercarlo. A malincuore mi sono
subito rassegnata all’aver perduto
per sempre il mio telefono;
ovviamente ero abbastanza
dispiaciuta per il valore affettivo di
contatti, foto etc. Arrivata in
albergo stavo per telefonare a mio
figlio in Italia per chiedergli di
bloccare la mia sim ma lui mi ha
preceduto di pochi minuti per
dirmi che era stato contattato dalla
polizia giordana. In un primo
momento mio figlio si era
preoccupato vedendosi chiamare,
con il mio numero, dalla polizia, ma
un agente molto gentile lo aveva
subito tranquillizzato, gli aveva
spiegato che avevo solo perduto il
telefono nel deserto e che ora lo
aveva lui; gli ha lasciato il suo
numero pregandolo che io lo
contattassi per trovare il modo di
restituirmelo. Con il mio inglese
“sgarrupato”, dall’albergo, chiamo

il poliziotto, gli spiego che ormai
sono sul Mar Morto e che
l’indomani mattina presto
partiremo per Israele perciò non
vedo il modo di riavere il telefono;
lo ringrazio e gli chiedo di
distruggere per favore la sim. Il
poliziotto non si dà per vinto e,
appreso da me con quale gruppo
stessi viaggiando, rintraccia la
guida giordana che ci accompagna.
Insomma, per farla breve al mio
secondo colloquio con l’agente,
con la traduzione in arabo della
guida, lo informo che io tornerò in
Giordania, all’aeroporto di Amman
ma mi fermerò solo un’ora in attesa
del volo per Roma. Il poliziotto
allora mi dice che mi farà trovare il
telefono all’aeroporto presso la
polizia turistica. E così è stato.
Quando ho riavuto il telefono ho
scoperto che il poliziotto aveva
contattato tutti i numeri in rubrica
prima di arrivare alla lettera M del
nome di mio figlio. Questa storia mi
aiuta ad avere ancora fiducia
nell’umanità e a vedere una luce in
fondo al tunnel di tutto il
“cattivismo dilagante”. La gente mi
chiede come sarebbe andata in
Italia; io non so cosa rispondere».

L’educazione civica


e le nozze con i fichi secchi


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di Concita De Gregorio

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. Sabato, 3 agosto 2019 Commenti pagina^33

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