la Repubblica - 03.08.2019

(Brent) #1
di Mauro Mariotti e Paolo Siani

ILLUSTRAZIONE DI GUIDO SCARABOTTOLO

L


a prima donna sulla Luna del calcio si chiama
Stéphanie Frappart, e alla vigilia di Ferragosto
raggiungerà il pianeta proibito arbitrando la finale di
Supercoppa tra Liverpool e Chelsea, grande sfida tra
maschietti, non c’è bisogno di dirlo. Mai successo. Si
tratta, com’è evidente, di un momento assai al di là
dello sport, e persino oltre machismo e femminismo:
questa è una stazione della ferrovia dell’uguaglianza e
ci ha pensato lo sport a farci arrivare il treno, lo sport
che spesso anticipa, perfeziona e racconta l’evidenza
del merito, non del sesso, non della religione o
dell’etnia, quando si tratta di fare qualcosa provando a
farla bene.
Dopo il clamoroso successo dei Mondiali di calcio
femminili (la finale l’ha naturalmente diretta Stéphanie
Frappart) che hanno cancellato per sempre un
pregiudizio d’inferiorità fisica, tecnica ma soprattutto
culturale nell’accostare piedi femminili a un pallone,
anche il sommo tribunale dell’arbitraggio prende atto
del suffragio universale: le donne nel calcio hanno
dunque diritto di voto, di veto e di Var. Ad assistere
Stéphanie, 36 anni e tanta esperienza nella Ligue1
maschile, ci sarà pure un’italiana, Manuela Nicolosi,
che vive e arbitra in Francia ma è solo un dettaglio.
Avrà la bandierina in mano e il suo occhio sarà legge, il
suo gesto sarà sentenza. Sullo sfondo, il turco Cakir
sarà il cosiddetto “quarto uomo”, definizione che ormai
va rivista: uomo sì ma quarto di chi, di cosa?
L’Uefa non solo ha coraggio, ma occhi bene aperti sul
mondo che cambia. Complimenti. Cadono in un istante
i sarcasmi, le ironie, le sciocche goliardate su donne e
pallone. Non ci sarà più bisogno di allineare sulla
tovaglia saliera, pepiera e bicchieri per spiegare cosa
sia il misterioso fuorigioco, è chiaro che ormai le donne
sanno tutto anche perché abituate da secoli a guardare
meglio, a vedere di più e più alla svelta. Forse si sta
addirittura avvicinando il giorno benedetto in cui una
donna che arbitra o che gioca a calcio non farà proprio
più notizia, e nessuno dirà vabbé, chissà i giocatori in
campo quante battutine, quante licenze, chissà dalle
gradinate quali irripetibili cori. Perché l’arbitro è per
definizione nemico, è il demiurgo dello scontento, il

capro di ogni espiazione: e se è donna non dovrà
esserci differenza. Solo, si spera, un po’ più di
educazione e cavalleria. La strada è lunga e ci si
arriverà, bisogna solo pazientare un poco.
Però, la clamorosa Odissea nello spazio del football
dovrà prima o poi attraversare anche i nostri cieli,
sotto i quali non poco tempo fa un giocatore ragazzino
si è calato pantaloncini e mutande per mostrare il
sedere a un’arbitra tra l’ilarità di qualche spettatore.
Ecco, adesso basta. Tutto sta a capire se siamo pronti,
o fra quanto lo saremo. Il calcio resta un luogo di forte
maschilismo e omofobia (ascoltate cos’ha da dire lo
svedese Ekdal della Sampdoria, che ha affidato ai
social un messaggio di profonda civiltà), le differenze
di genere ancora scatenano idiozie, provocazioni e
violenze. La scelta dell’Uefa, se non resterà un
contentino o una specie di rapido smacchiatore di
coscienze per diventare invece realtà consolidata, può
servire tanto. E non sarebbe male se Federcalcio e Lega
andassero nella stessa direzione, mandando le donne
ad arbitrare anche in serie A: non solo in quanto donne,
ma perché brave.
Ora però bisogna essere pronti a giudicare solo
tecnicamente l’arbitra, proprio come l’arbitro, e non
perché un calciatore le ha involontariamente sfiorato
il seno (è successo alla tedesca Bibiana Steinhaus, e
l’arbitra ha sorriso), non perché lei ha tirato fuori dalla
tasca una cosa che sembrava un cartellino e invece era
un fazzoletto, e meno che mai perché la direttrice di
gara è carina, tipo appunto la
brasiliana Fernanda Colombo,
quella del fazzoletto. Altrimenti è
solo folclore e non si avanza mai.
Le rivoluzioni, proprio come i
viaggi verso la Luna, hanno invece
bisogno di tecnica, meccanica,
concretezza e asessuata umanità.
Il resto lo fa una piccola, enorme
vocale: arbitro, arbitra. Ma in
quella vocale c’è dentro un mondo
e un bel po’ di futuro.

di Michele Serra

C


aro direttore, che cosa è successo a Bibbiano e
soprattutto che cosa succede in ogni casa famiglia o
famiglia affidataria o residenza che sia? In un sistema
complesso come quello dell’adozione e dell’affido è
naturale che ci siano eccellenze ed errori. La eccellenza si
trova in quei luoghi in cui l’operatore ha diritto ad una
costante supervisione e la famiglia è ascoltata
costantemente. La mostruosità si trova dove gli operatori
agiscono per proprio interesse personale, dove i bambini
vengono tolti a genitori che crescono i figli senza essere
fonte di pericolo reale per loro.
Dal 2000 il figlicidio ha coinvolto 447 vittime (fonte
Eures). Ma i dati dell’infanzia sono più rilevanti. Il 3% dei
minori di 18 anni ha un handicap grave. Il 7% dei bambini
ha problemi psichiatrici di varia natura. Il 10% dei bambini
ha problemi di sviluppo neuropsicologico che si
manifestano con disturbi nell’apprendimento e
conseguenze nella socializzazione. Almeno un altro 10%
ha problemi sociali.
Un tempo in Italia per loro c’erano istituzioni totalizzanti
con migliaia di bambini. A metà degli Anni 70 una vera
riforma superò queste istituzioni per ridare alle famiglie il
compito educativo che era stato loro tolto. Così siamo
arrivati ad oggi con l’integrazione e l’inserimento dei
bambini nella scuola di tutti proprio grazie ad
affidamento familiare, case famiglia, centri cura. Queste
istituzioni oggi seguono regole ben precise dettate dalla
legge 149 del 2001. All’articolo 1 la legge afferma: il minore
ha il diritto di crescere, essere educato nell’ambito della
propria famiglia. Prima di allontanare si deve supportare
la famiglia; provvedere a brevi periodi di affidamento che
prevedano il reingresso in famiglia; se non si può, inserire
il minore in una comunità familiare; se non si trovano
famiglie o comunità disponibili, si deve usare un istituto
vicino casa (vietato comunque per i minori di 6 anni).
L’affido può avere durata massima di 24 mesi ed è
prorogabile solo su giudizio del Tribunale dei Minori.
Soltanto in caso di non documentata recuperabilità della

famiglia e di abbandono del minore, si procede alla
adottabilità. La procedura per l’adozione prevede
l’obbligo di avvisare la famiglia di origine ed il suo diritto a
nominare un difensore di fiducia e richiedere una
consulenza tecnica d’ufficio. Oggi sappiamo che fuori
dalla famiglia di origine vivono 26.420 minori, quasi uno
su mille minori (Quaderni della ricerca sociale n.40. A
cura del Ministro del lavoro. 2014), di cui 14.020 in
affidamento familiare, 12.400 in servizi residenziali.
Da queste premesse risulta come il problema sia vasto e di
sistema. Provvedere ai bisogni di migliaia di minori che si
ritrovano a crescere fuori famiglia per almeno un periodo
di tempo è cosa molto complessa. Ad occuparsene ci sono
gli operatori sociali e sanitari dell’infanzia, dotati di
risorse economiche e di personale sempre più ridotti e
abbandonati dalla politica che si ricorda di loro solo ad
ogni odore di scandalo, pronta a condannare prima che si
celebrino i processi e rapida ad assolvere se stessa.
I professionisti dell’infanzia accolgono di buon grado una
commissione di inchiesta che miri ad eliminare
mostruosità e promuovere le eccellenze sul campo. Se
invece il compito è negare il problema dell’infanzia e
tornare al Medio Evo e alle istituzioni totali che il lavoro di
tanti anni ha permesso di cancellare; se lo scopo è rinviare
una legge per l’infanzia che tuteli i bambini e aiuti le
famiglie, che sviluppi seri programmi di prevenzione e di
cura anche sul maltrattamento e sull’abuso, che doti i
servizi dissanguati delle risorse necessarie ai bambini; se
così fosse allora i professionisti dell’infanzia sono contrari
alla solita commissione fatta per affossare i problemi e
continueranno a denunciare sui giornali lo stato di
abbandono in cui i bambini e la loro cura sono lasciati
ogni giorno.
Paolo Siani è pediatra e parlamentare; Mauro Mariotti è
neuropsichiatra infantile e direttore scuola psicoterapia
Modena-Cesena. L’elenco completo degli oltre cento
firmatari della lettera è consultabile su http://www.repubblica.it

L’amaca


Più interessanti


gli alberi


A pagina 43
I servizi dedicati
a Stéphanie
Frappart,
la prima donna
ad arbitrare
la finale
di Supercoppa
tra Liverpool
e Chelsea
©RIPRODUZIONE RISERVATA

l vero problema è avere
perduto il coraggio, o la
fantasia, o l’incoscienza
(segnate con una crocetta
la parola giusta) di parlare
d’altro. Accadde già ai tempi del
Berlusca. Un ossesso del quale fummo
preda per anni: ossessionati, appunto.
La cosa minaccia di ripetersi, a un
livello perfino più basso, con questo
tanghero di poche parole, e quelle
poche brutte.
Faccio un esempio. Leggo la storia di
Abiy Ahmed, 42 anni, premier etiope,
che vuole piantare un miliardo di
alberi, con una gigantesca
mobilitazione popolare, per
riforestare il suo paese e arginare la
siccità. Ha già cominciato a farlo. Lo ha
intervistato su Repubblica Raffaella
Scuderi. È una storia entusiasmante.
Precaria, forse velleitaria, ma
entusiasmante. Non ne sapevo nulla.
Aveva fatto capolino sui nostri
giornali, mesi fa, la notizia (storica) che
l’Etiopia è il primo Stato africano ad
avere eletto presidente una donna: ma
aveva conquistato circa un centesimo
dello spazio occupato da Toninelli.
Non so voi, ma a me la riforestazione di
un territorio riarso interessa cento
volte più di Toninelli. Vorrei che Abiy
Ahmed fosse l’apertura dei
telegiornali e il primo titolo dei
giornali. Eppure sono irresistibilmente
attratto da ogni rigo che riguarda le
nostre cosette domestiche, così
attratto, così risucchiato nel gorgo
malefico del cortiletto stizzito e
piccino al quale ci affacciamo ogni
giorno, che so tutto di Toninelli e non
sapevo niente dell’Etiopia. È tutta
colpa nostra, solo colpa nostra: di noi
che leggiamo, di noi che scriviamo. Ci
hanno rubato l’agenda, ormai molti
anni fa. O proviamo a riscriverne
un’altra, da zero, con parole nostre, o
un miliardo di alberi avranno meno
spazio, nei nostri pensieri e nei nostri
sogni, di Toninelli e Salvinelli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

di Maurizio Crosetti

Arbitrerà per la prima volta la finale di Supercoppa inglese


La donna sulla Luna del calcio


La lettera


Dove sta il bene dei bimbi


©RIPRODUZIONE RISERVATA

I


pagina. (^34) Commenti Sabato, 3 agosto 2019

Free download pdf