la Repubblica - 03.08.2019

(Brent) #1
Hanno scritto:
Gianrico
Carofiglio
(13 luglio),
Eraldo Affinati
(14 luglio),
Stefania Auci
(16 luglio),
Antonio
Pennacchi
(18 luglio),
Massimo
Recalcati
(24 luglio),
Alberto Asor
Rosa (25 luglio),
Tonino
Ceravolo
(27 luglio),
Melania
Mazzucco
(30 luglio)
di Giovanni Pacchiano

l’analfabetismo di ritorno

Vecchia scuola


come eri bella


C’era una volta un luogo emotivo fatto di presidi-custodi


e lezioni di vita. Con lavagne non multimediali


er diversi anni ho
tenuto su un setti-
manale una rubri-
ca sulla scuola: in-
tervistavo inse-
gnanti delle pri-
marie, delle me-
die e delle superiori e chiedevo che
mi parlassero di qualche loro espe-
rienza con le classi. Ho incontrato fi-
no al 2017 più di 200 persone, e la
sensazione prevalente ricavata è
che, nonostante i loro sforzi, l’ele-
mento preponderante fosse la fatica
di reggere di fronte al dilagare della
burocrazia ministeriale, con la sua
retorica del cambiamento, ispirata
dal “pedagoghese” imperante, volta
a negare il passato in blocco come
momento immobile in nome di
un’assurda presentificazione totale,
testimoniata, ad esempio, dalla ridu-
zione delle ore di Storia e dal mi-
schione con le ore di Geografia. In-
sieme alla trasformazione del vec-
chio modello di scuola come luogo
dell’epistemofilia, del desiderio di
conoscenza che si fa concreto
nell’apprendimento quotidiano, luo-
go che contribuisce alla formazione
della persona, sostituito dalla for-
mula quanto inappropriata del “sa-
per fare” legato al disinteresse per i
contenuti. Come se i ragazzi doves-
sero frequentare solo in vista di un
lavoro futuro; e sintomo dell’utilita-
rismo che ha modificato il sentimen-
to generale della società.
L’orientamento alla vita, insom-
ma, sostituito dall’orientamento al
lavoro. Pur con i suoi limiti, la vec-
chia scuola, dove troppo spesso dila-
gava l’autoritarismo, da non confon-
dersi con l’autorevolezza degli inse-
gnanti (il mio professore di greco
del liceo restituiva i compiti in clas-
se partendo dal voto più basso, un
uno, provocando panico), era di fat-
to un luogo emotivo complementa-
re alla famiglia, fortemente vissuto,
anche se con emozioni spesso con-
trastanti, dagli studenti.
Mi raccontava anni fa una inse-
gnante, nipote di un preside di istitu-
to tecnico, che il nonno aveva, per di-
sposizione ministeriale, la sua abita-
zione privata all’interno dell’istituto
stesso e che tale modalità non rap-
presentava un caso isolato. Una solu-
zione pratica che aveva però un valo-
re simbolico: il preside come custo-
de di un’istituzione. Tornando ai do-
centi, alcuni fra gli intervistati, ma
non molti, esaltavano l’importanza
della tecnologia, vissuta non come
dovrebbe essere, cioè puro strumen-
to in diversi casi di buona utilità, ma
come una sorta di nuova religione.
La Lim (Lavagna interattiva multi-
mediale) idolatrata come feticcio in-
dispensabile alla lezione. Ma i più
questa religione criticavano, come
spinta alla spersonalizzazione dei
rapporti all’interno della scuola, al-

la decadenza della parola orale, as-
sieme al cumulo di leggi e ordinan-
ze ministeriali dove gli acronimi e
l’inglese prevaricano la lingua italia-
na. Così tocca leggere team building,
design thinking, pitch day e pitch
deck, open innovation, business mo-
del canvas e cento altri, invece degli
equivalenti italiani. Così si procede
a colpi di Bes (Bisogni educativi spe-
ciali), di Dsa (Disturbi specifici di ap-
prendimento), di Pep (Piano educati-
vo personalizzato), di Pei (Piano edu-
cativo individualizzato), di Pai (Pia-
no annuale per l’inclusività). E il
Miur, che non è la razza di tori miu-
ra (inevitabile l’associazione), ma
nientemeno che il ministero dell’I-
struzione dell’università e della ri-
cerca. Mentre il Ds è il dirigente sco-
lastico e non più il caro vecchio “pre-
side”, il Cdc è il Consiglio di classe, il
CdI il Consiglio di Istituto, il CdV il
Comitato di Valutazione. Ma non fi-
nisce qui perché il Cia (da non con-
fondersi con la ben più autorevole
americana Cia) è il Compenso indivi-
duale accessorio, gli Osa sono gli

Gli interventi
pubblicati

Il dibattito
Dopo i test
Invalsi

Il dibattito
sulle difficoltà di
apprendimento
degli studenti
italiani è stato
aperto
con un articolo
di Silvia
Ronchey,
“Perché siamo
tornati
analfabeti” su
Repubblica
del 12 luglio

P


RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA

pagina. (^38) Cultura Sabato, 3 agosto 2019

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