La Repubblica - 05.08.2019

(nextflipdebug5) #1
di Giuliano Foschini

La strage di Corinaldo non è accadu-
ta per caso. I ragazzi della banda
hanno spruzzato spray al peperonci-
no, in quantità maggiore rispetto a
quanto erano abituati a fare nei loro
colpi seriali, perché erano stati sco-
perti da uno delle persone che ave-
vano derubato. E avevano bisogno
di scappare. A raccontare cosa è ac-
caduto è Alessandro, un giovanissi-
mo ragazzo che quella sera era alla
Lanterna Azzurra. «A mezzanotte e
venti dell’8 dicembre — mette a ver-
bale — sono entrato in discoteca.
Con i miei amici ci siamo diretti ver-
so il bar. Aspettavo che i miei amici
prendessero da bere: a un certo pun-
to ho avvertito che qualcuno appog-
giava, proprio a contatto, la sua
schiena contro la mia. Poi avvertivo
che dalle spalle qualcuno aveva pre-
so la catenina in oro che avevo al col-
lo e con un tiro unico riusciva a
strapparmela di dosso».
Alessandro vuole recuperarla.
«Ho girato per la discoteca per capi-
re chi fosse stato e, nella parte oppo-
sta, vedevo quattro ragazzi che face-
vano “comunella” e parlavano tra di
loro. Non so perché il loro atteggia-
mento mi insospettiva tanto che mi
avvicinavo chiedendogli perché mi
avessero rubato la collana e di farmi
vedere all’interno delle loro tasche
(...) Uno mi diceva che non aveva bi-
sogna di rubare la mia perché ne
aveva già una», circostanza questa
da manuale: i ragazzi indossavano
sempre gioielli proprio per poter
usare questo tipo di argomento di di-
fesa, se fermati da poliziotti o securi-
ty interna delle discoteche. «L’altro
mentre parlavo camminava avanti e
dietro nello spazio di circa un metro
sempre vicino a me con le mani te-
nute verso il basso». Poi, il disastro:
«A un certo punto mentre parlavo

con loro, ho avvertito in maniera for-
tissima un forte fastidio alla gola, al
naso e agli occhi, tanto da non riusci-
re più a respirare. Frastornato, mi
rendevo conto che la folla presente
in sala stava scappando verso la por-
ta di sicurezza posteriore dove an-
che io mi sono diretto e sono stato
uno dei primi ad uscire senza troppi
problemi. Per fortuna...».
Cosa era successo? La banda —
che secondo gli investigatori era
composta da una dozzina di perso-
ne, oltre ai sei arrestati ci sono altret-
tanti indagati — aveva scaricato una

bomboletta intera di “Laura”, come
chiamavano lo spray, “spruzzando
dai piedi”, “e poi in bocca, in faccia,
bisogna che lo soffochi fra”, come
consigliava sempre Ugo Di Puorto,
uno degli arrestati, il figlio del pre-
stanome dei casalesi che in queste
prime ore in cella la banda sta già in-
dicando come il capo. Il dna di Ugo è
quello trovato sulla bomboletta sca-
rica nella discoteca di Corinaldo.
E che quel liquido sia stato spruz-
zato in grandissima quantità per
scappare da Alessandro che li aveva
riconosciuti, emerge da una serie di

altre dichiarazioni. Federico ha rac-
contato che «non facevamo in tem-
po a raggiungere Alessandro che co-
minciavo a sentire una fastidio alla
gola come se avessi mangiato un pe-
peroncino intero». Ma è successo
qualcosa di ancora più incredibile.
Quello spruzzo è stato una specie di
segnale. Appena è partito il fuggi
fuggi in più posti del locale sono co-
minciati i furti dei ragazzi della ban-
da, sparsi nei punti nevralgici del lo-
cale. Racconta Davide: «Ero sulle
scale, andavo in direzione del bar
quando ho sentito un forte odore di

peperoncino. Sentivo che qualcuno
mi tirava indietro per il collo, tanto
che si rompeva la catenina che in-
dossavo. In quel momento sentivo
un forte dolore alla gola». Christian
era invece nella calca: «Ho sentito
un’irritazione alla gola, un pizzico
dietro al collo, e poi la folla che anda-
va verso l’uscita di sicurezza gridan-
do “lo spray, lo spray”. Il giorno do-
po quando mi sono svegliato mi so-
no accorto che non avevo più la col-
lana al collo». Giacomo, invece, è sta-
to derubato mentre aiutava «i ragaz-
zi ad alzarsi dalla calca».

Il racconto


Quei ragazzi dall’oratorio al mito dei soldi facili


E l’Emilia scopre di non essere più un’isola felice


di Ilaria Venturi

Castelfranco emilia (MODENA) —
«Giro sul Mercedes nero nella via,
mi dicevo: un giorno ce la farò an-
ch’io», canta Sfera Ebbasta. Raffaele
Mormone il Mercedes ce l’aveva, a
19 anni. Nero. Amava la trap e il trap-
per, i vestiti griffati, a 12 anni si era
tatuato sul bicipite la scritta “Forza
Napoli”, ma così, per farsi notare.
«Hai visto, è Raffa» lo stupore degli
amici d’infanzia che da qualche an-
no lo avevano perso di vista quando
ha cominciato a passare per l’unica
via del paese, Sant’Anna, frazione di
San Cesario sul Panaro. Raffa come
gli altri: il mito del soldo facile in
una terra ricca ma dove devi lavora-
re sodo (e il lavoro non manca, la di-
soccupazione è al 6%) e una vita per
la villetta con giardino e l’auto gros-
sa. Il lusso, la droga come collante.
Tutto facile, tutto subito e non im-

porta come, nemmeno se scavalchi
morti in una discoteca per scappa-
re. Altro che banda dello spray, os-
serva il neoeletto sindaco Pd di Ca-
stelfranco Emilia Giovanni Garga-
no, questa è la «banda del nulla».
Qualcosa di più della noia di paese.
E di ben più grave, un segnale «che
ci allarma, esemplificativo di una
condizione che stanno vivendo, sen-
za generalizzare, i nostri ventenni:
vuoto di valori. Un colpo per tutti».
Qualcosa è sfuggito in questi paesi
di provincia, nelle frazioni che non
superano i mille abitanti. Addio co-
munità, o almeno qualcosa si è rotto
«perché questi avevano la delin-

quenza nella testa e noi abbiamo
scoperto di averli in casa: ci dovre-
mo fare i conti», conclude il sinda-
co.
La chiesa di Sant’Anna non ha più
un parroco fisso, l’oratorio con il bi-
liardino è diventato un bar, le tova-
gliette rosse sui tavolini dove gli an-
ziani alle tre della domenica gioca-
no a carte, dietro il campetto da cal-
cio, accanto l’asilo. Qui giocava Raf-
faele e si vedeva al bar, come tutti,
poi si è perso. Cattive compagnie a
Castelfranco, il Rolex e il cappellino
Gucci ostentati su Facebook, fre-
quentazioni lontane da quelle quat-
tro case sotto l’argine del Panaro do-

ve la sua famiglia, il padre si dice fini-
to nei guai con la legge, vive in una
villetta su due piani, terrazzo am-
pio, un rottweiler nero che scatta in
giardino, le grida: «Via, lasciateci in
pace». Suo cugino, Ugo Di Puorto, vi-
veva 35 chilometri più il là, a San Pro-
spero: il padre era considerato il re-
ferente del clan dei casalesi nella zo-
na di Modena, latitante poi arresta-
to, Ugo che scrive «orgoglioso di te
papà», 20 anni da compiere a dicem-
bre, già due denunce per furto alle
spalle: era il capetto del gruppo con
Mormone ed Eros Amoruso, che a 19
anni si è schiantato in auto, in un gio-
co di sorpassi racconta chi lo cono-

sceva. Dell’altro gruppo il boss era
Andrea Cavallari, ventenne di Bom-
porto, appena diplomato in un isti-
tuto privato. E poi Moez Akari, ope-
raio 22enne, approdato piccolissi-
mo da Tunisi a Castelnuovo, e Sou-
haib Haddada, arrivato dal Maroc-
co, stesso lavoro in tuta blu come il
padre, tre sorelle, famiglia integra-
ta, un appartamento al terzo piano
di una casa ordinata, lo stuoino
“Welcome”, i fiori finti ad ogni ram-
pa di scale, «siamo distrutti, lui non
ha fatto niente». Giovedì scorso si
era presentato al bar, «educato, così
gentile», e aveva fatto spallucce a
un ragazzino che lo aveva apostrofa-

la strage di corinaldo

“Li avevo sorpresi a rubare


e loro iniziarono con lo spray”


I testimoni della notte al “Lanterna azzurra”: il raid era pianificato e lo spruzzo era una sorta di segnale per tutta la banda


“Sentivamo un forte dolore alla gola e contemporaneamente ci tiravano via le catenine”. Si allarga l’inchiesta: altri 6 indagati


kI soccorsi I vigili del fuoco al lavoro per aiutare i feriti dopo il crollo della balaustra


pagina. (^14) Cronaca Lunedì, 5 agosto 2019

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