La Stampa - 05.08.2019

(Barré) #1

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STEFANO TOTARO
MODENA

D

enuncia calci, pu-
gni, percosse con
mazze da baseball,
persino sigarette
spente sul suo corpo. È una
“vittima di contorno” della
banda modenese dello
spray - accusata di aver pro-
vocato morti e famiglie di-
strutte - ma, come emerge
dalle indagini, ha pagato un
prezzo carissimo. Paolo Atti-

li, 65 anni, nell’arco di un an-
no, è stato picchiato, ferito,
sfruttato e minacciato. Alla fi-
ne ha chiuso con Castelfran-
co, dove viveva, e si è trasferi-
to all’estero, pur di non avere
più nulla a che fare con quei
ragazzi.
Come risulta dalle indagi-
ni dei carabinieri, Attili era fi-
nito nella rete della gang a
partire dal settembre del
2017 e vi era rimasto intrap-
polato sino a luglio del 2018.
Si trattava, fanno sapere le
forze dell’ordine, di una per-
sona facilmente “malleabile”

e assoggettabile. Pane per i
denti di questi ragazzi che,
in pratica, lo avevano nomi-
nato loro autista di comodo.
Il “nonno”, che era anche in-
testatario della scheda tele-
fonica in uso a Moez, era sta-
to costretto ad accompagna-
re lo stesso Moez, Cavallari e
un altro giovane per ora non
indagato in diverse discote-
che del Nord Italia in occasio-
ne di concerti con parecchio
pubblico.
Costretto con modi molto
espliciti: oltre alle ripetute
minacce erano volati i calci, i

pugni e le botte con mazze
da baseball. E persino le bru-
ciature con i mozziconi di si-
garette. Il “nonno”, alla gui-
da della propria utilitaria,
serviva a dare una copertura
ai ragazzi, una parvenza di
legalità alla loro presenza in
strada in caso di controlli del-
le forze dell’ordine. Perché
una volta nei locali di desti-
nazione, la gang si scatena-
va in scippi di collanine, a
volte con l’utilizzo anche di
spray urticante. Lui, “il non-
no”, poteva sembrare un pa-
rente. Ma il suo ruolo non è

stato solo quello del condu-
cente: qualche volta ha do-
vuto anche effettuare le con-
segne dei preziosi al ricetta-
tore di Castelfranco. Ormai il
65enne aveva capito tutto,
gli stessi ragazzi gli avevano
raccontato ogni cosa: non ap-
pena fece capire di non voler
più essere tirato in mezzo in
questi giri venne picchiato
selvaggiamente con una maz-
za da baseball. Troppo anche
per lui, facilmente assogget-
tabile. Cosicché, nel settem-
bre del 2018, il “nonno” deci-
se di darci un taglio netto var-
cando la soglia della caser-
ma dei carabinieri di Creval-
core. Qui denunciò tutto,
raccontò delle violenze e dei
traffici. E poi se ne andò via,
lasciando tutto, e trasferen-
dosi all’estero. In base alla
denuncia è tuttora aperto
un procedimento penale. —
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GIANLUCA PEDRAZZI
MODENA
Un vocabolario e un codice
d’onore da rispettare. Anche
quando ci si trova faccia a fac-
cia dentro il locale dove si
vuole colpire. Tra di loro si
chiamano “Fra”, “Vecchio”,
“Zio”. Lo ripetono all’infinito
nelle pagine e pagine di inter-
cettazioni dei carabinieri che
gli piazzano le cimici nelle au-
to. Un disco. Come quello dei
trapper. Dei loro idoli che, in-
consapevolmente, gli dava-
no il calendario delle serate
dove colpire. In tutto il cen-
tro Nord.
C’è la banda dello spray
dei Modenesi e ci sono quelle

dei Genovesi e dei Torinesi.
Chissà se ne salteranno fuori
altre di bande in questa sto-
ria che apre un drammatico
squarcio sulla doppia vita di
tanti ragazzi di provincia.
Tutti, modenesi, genovesi,
torinesi, tra loro si rispettava-
no. Si “marcavano” a vicen-
da attraverso i social net-
work. E proprio attraverso
questi canali, e in particolare
grazie alle foto, i video e i
commenti pubblicati in rete,
riuscivano a controllare i lo-
cali frequentati dagli altri e,
in alcuni casi, anche le azioni
delittuose commesse.
Come in tutte le organizza-
zioni malavitose - anche se

con la carta d’identità fresca
dei diciotto anni o poco più,
con i tatuaggi, i Rolex, la mu-
sica a palla dei trapper nelle
auto durante i viaggi di lavo-
ro - anche nella banda mode-
nese c’erano anche le “don-
ne dei boss” Che qui, però,
sono ragazzine. A una basta-
no cinquanta euro per fare
da taxi e portare il gruppo
sul posto dove mettere a se-
gno il colpo. «Non me li
dai?». Lei non ci pensa un at-
timo a passare nella banda
dei Genovesi per altre spedi-
zioni e fare bottino nelle di-
scoteche. Complici di delin-
quenti per un pugno di euro.
E pure informatrici dei movi-

menti dei rivali fino ad arri-
vare a dare indicazioni preci-
se sugli spostamenti per scip-
pare il bottino al gruppo tra-
dito o che non aveva rispetta-
to i patti sconfinando.

Gli inquirenti parlano di
“competenza territoriale”
con un’operatività criminale
in concorrenza con analoghe
organizzazioni. Ecco perché

se una gang invade l’altro ter-
ritorio, se sconfina, il codice
d’onore viene stracciato. E la
ritorsione, la vendetta è im-
mediata. «Rispetto per chi ri-
spetta... loro non si mettono
in mezzo e ti lasciamo fare
quello che vuoi... Infatti ab-
biamo fatto bene a quello
che passava a lasciargliela, a
fargliela fare. Loro han visto
che stavamo dietro e siamo
rimasti fermi. È così la cosa
bella tra squadre. Rispetto.
Senza fare i bambocci, sen-
za rubarsi», le parole di un
componente della banda
dei sette arrestati. Come
quella sera di aprile alla di-
scoteca Mojito di Città di Ca-

stello, nel Perugino, quando
Modenesi e Genovesi si ritro-
vano di fronte.
Quelli della Lanterna anti-
cipano i rivali negli scippi di
collanine d’oro. «Fra non do-
vevate farlo!» è la reazione di
uno del gruppo che poi pen-
sa alla ritorsione. Ma i rivali
sono in otto e allora... «Li bus-
siamo la prossima volta. Tan-
to quello lo ribecchiamo!». O
del litigio avuto sempre con i
Genovesi nella discoteca
“Nord Est” di Coldogno. È il 7
marzo scorso. I liguri rivendi-
cano il furto di una collana
da parte dell’altra gang. Ed è
scontro. —
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RETROSCENA

ASSOCIATED PRESS

le indagini

Gli interrogatori


dei sei arrestati


“Altri complici”


LA TRAGEDIA DI CORINALDO

Le gang di Modenesi, Genovesi, Torinesi

La guerra e i legami tra bande dello spray

Codice d’onore e ritorsioni contro chi sgarra. Grazie ai social controllavano i locali frequentati dagli altri

Gli investigatori
parlano
di “competenza
territoriale”

Paolo Attili, 65 anni, ha denunciato la banda un anno fa ed è scappato all’estero

Percosse e bruciature di sigarette

L’autista costretto a fare il corriere

Iniziano oggi gli interrogato-
ri di garanzia dei 6 arrestati
per la tragedia nella discote-
ca di Corinaldo. Sono accusa-
ti di omicidio preterintenzio-
nale per la morte di sei perso-
ne. Il settimo indagato (arre-
stato), invece, è il titolare di
un compro oro di Castelfran-
co Emilia, accusato di ricetta-
zione per aver comprato e ri-
venduto il bottino della
gang. Le indagini dovranno
mettere a fuoco le diverse re-
sponsabilità degli arrestati vi-
sto che non tutti hanno avuto
lo stesso ruolo. Secondo gli
inquirenti a organizzare i col-
pi e a tenere i contatti con il
commerciante a cui vendeva-
no le collane dovrebbero es-
sere stati Ugo e il «Cava», due
piccoli boss della banda mo-
denese. Il primo è figlio di
una persona vicina al clan
dei Casalesi.
Le indagini dovranno accer-
tare da un lato il ruolo di altri
giovani amici dei sei arrestati,
non direttamente coinvolti
nella vicenda di Corinaldo,
ma presenti in almeno una
parte degli oltre sessanta col-
pi messi a punto dalla banda
in discoteche e locali; e dall’al-
tro i rapporti con altre bande
del Nord Italia che utilizzavo
le stesse modalità di azione.
Paolo Curi marito di Eleonora
morta per aver accompagna-
to la figlia al concerto attacca:
«Sono contento se la verità
viene a galla ma non voglio
che questi ragazzi diventino
uno scudo. Devono emergere
le responsabilità degli adulti,
la vicenda è molto più ampia
degli arresti di questi delin-
quentelli. Loro hanno grandi
responsabilità ma hanno fat-
to lo stesso in altre discoteche
e non è morto nessuno. La
mia rabbia è contro i gestori,
contro chi ha dato alla discote-
ca i permessi».FLA.AMA. —
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