La Stampa - 05.08.2019

(Barré) #1
.

7N

LA GIORNATA

IN SETTE NOTIZIE

PALERMO

ITALIA

Traghetto torna


a prendere


25 passeggeri


La furia dei turisti


U


rla, spintoni, l’addetta al-
la reception che deve
fronteggiare quasi da so-
la, gridando a sua volta, i
passeggeri inferociti:
nel video postato su Youtube da un
passeggero si vede un marinaio dire
con tono sostenuto «si calmi, si cal-
mi», ma la gente che di calmarsi non
ne voleva proprio sapere. Poco c’è
mancato che finisse a botte, sabato se-
ra, sul traghetto Ariadne, in naviga-

zione tra Cagliari e Palermo e arriva-
to ieri mattina nel porto siciliano, con
oltre quattro ore di ritardo. Un errore
degli accompagnatori di una comiti-
va di ragazzini francesi, unito a un ec-
cesso di pignoleria e a una serie di esa-
gerazioni burocratiche, hanno ri-
schiato di creare un incidente diplo-
matico – l’ennesimo – con la Francia,
ma soprattutto di scatenare la rissa a
bordo della nave della Tirrenia. Per-
ché, tre ore dopo essere partita dal ca-
poluogo sardo, la motonave ha inver-
tito la rotta ed è tornata indietro.

Dopo tre ore di navigazione
Il motivo, 25 minorenni transalpini da
recuperare: erano stati lasciati a terra
perché arrivati in ritardo, dato che
non erano stati fatti entrare nell’area
portuale, in quanto privi di documen-
ti. Documenti che erano sul pullman,
già imbarcato, mentre loro erano an-
dati in giro per Cagliari, in attesa della
partenza. Insomma, il classico cane
che si morde la coda e per risolvere
l’impasse, visto il ritardo che si andava
accumulando, il comandante aveva
ordinato di salpare comunque, senza
aspettare nessuno. Lì si è scatenato il

primo putiferio, suscitato da due degli
accompagnatori del gruppo francese,
rimasti a bordo e pronti a protestare in
maniera vibrante, probabilmente non
solo con il vertice dell’equipaggio, an-
che se la Tirrenia ha smentito di avere
subito «un intervento consolare o
dell’ambasciata francese».
Di fronte alle prime discussioni, il
comandante della Ariadne ha chia-
mato la Compagnia, c’è stato un giro
di consultazioni e poi gli è stato ordi-
nato di tornare indietro. La soluzione
alternativa sarebbe stata infatti quel-
la di far partire i ragazzi in aereo: ma
come, visto che non avevano docu-
menti? E anche in albergo, in attesa
di un volo disponibile, come sarebbe-
ro andati, dato che non avevano docu-
menti? La soluzione più indolore è
sembrata così il rientro. E qui si è sca-
tenato l’inferno a bordo. Inutili le pro-
teste, però. I ragazzi sono stati fatti sa-
lire in fretta e furia, quasi protetti dal-
la polizia, mentre è stato sbarcato un
passeggero in dialisi, che si era senti-
to male anche a causa della confusio-
ne. Ritardi su ritardi. E c’è chi pensa a
fare causa alla Tirrenia. —
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ROMA

ITALIA

Omicidio Rega,

il padre di Elder:

“Coltello usato

per difendersi”

PIOMBINO

ITALIA

Il giallo

della 76enne

trovata morta

in un fosso

L

a Cambogia a metà Anni
70 ha vissuto il periodo
più buio della sua storia,
quando i Khmer rossi pre-
sero il potere dopo il ritiro
degli americani: in modo sistemati-
co il regime ha sterminato più di un
quarto della popolazione. Il risulta-
to surreale fu che ogni famiglia al
suo interno poteva contare almeno
una vittima, ma anche un aguzzino.
Però ieri a Phnom Penh si è chiuso il
sipario su uno degli ultimi boia cam-
bogiani. È morto a 93 anni Noun
Chea, ideologo dei Khmer Rossi: sot-
to la sua regia il regime comunista di
Pol Pot in nome di una utopia trasfor-
mò il Paese asiatico in un grande
campo di lavoro dove solo i contadi-
ni avevano diritto di sopravvivere.
Nato nel 1926 da una ricca fami-
glia cinese-khmer nel nord-ovest
della Cambogia, Nuon Chea studiò
legge a Bangkok e si unì al Partito Co-
munista della Thailandia nel 1950 e
in seguito sposò la causa dell'insurre-
zione in Cambogia, che instaurò
una dittatura nell'aprile del 1975. A
quel punto divenne il «Fratello nu-
mero 2», braccio destro del leader
Pol Pot alla guida dei Khmer Rossi.
Nei loro piani c’era la nascita di una
società marxista completamente
agricola, ma gli esiti furono disastro-
si: in 4 anni morirono circa 1,7 milio-
ni di persone, più di un quarto della
popolazione. Per fame e malattie, a
causa dell'estrema povertà dell'eco-
nomia, ma anche perché piegati dal-
lo sfibrante lavoro nei campi.

La pianificazione del genocidio
Nuon Chea, concepì una vera e pro-
pria macchina di morte con esecu-
zioni, torture e purghe per i presunti
«intellettuali» (spesso bastava che
portassero gli occhiali per definirli
così) che non avevano diritto a fare
parte della nuova Cambogia. Il «Fra-
tello numero 2» era stato arrestato
nel 2007 insieme ad altri leader del
regime sopravvissuti. Giudicato col-
pevole di crimini contro l'umanità, e
successivamente per genocidio, dai
tribunali dell'Onu era stato condan-
nato all’ergastolo.
Alla sbarra, il vecchio leader si era
difeso affermando che il regime
non era responsabile di alcuna atro-
cità. E che nelle fosse comuni rinve-
nute dopo la caduta del regime, nel
'79, c'erano i corpi delle persone uc-
cise dai vietnamiti.
Quindi, aveva invitato le «nuove
generazioni a non fraintendere la
storia, perché non eravamo cattivi
né criminali». Peccato che Noun
Chea, seduto a un tavolo nella sua
modesta casa di legno, era stato im-
mortalato mentre spiegava con cal-
ma che i Khmer Rossi avevano ucci-
so i traditori se non potevano esse-
re «rieducati» o «corretti». «Se li
avessimo lasciati vivere, la linea
del partito sarebbe stata deviata.
Erano nemici del popolo», era stata
la sua giustificazione. —
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PHNOM PENH

CAMBOGIA

Muore Noun Chea


spietato teorico


degli orrori


dei Khmer rossi


S


entono che una condanna
sia stata emessa ancor pri-
ma di iniziare il processo:
«Ingiustamente e troppo in
fretta», dicono i genitori e i
legali di Finnegan Lee Elder. Viste da
San Francisco, le indagini sull’omici-
dio del vicebrigadiere Mario Cerciello
Rega appaiono ricche di passaggi po-
co chiari e pure con troppi dubbi. E per
questo i parenti e i difensori del venten-
ne accusato di aver accoltellato il cara-

biniere nel centro di Roma hanno deci-
so di presentarsi davanti alle telecame-
re. Ma negli Stati Uniti, sotto casa, mo-
strando agli obiettivi anche il dolore di
due genitori che si ritrovano con un fi-
glio chiuso in carcere e con la pesantis-
sima accusa di omicidio.

«Non sapeva che fosse carabiniere»
Quando era arrivato a Roma, Ethan
Elder aveva preferito non parlare,
una volta tornato negli Stati Uniti ha
deciso di convocare i giornalisti. Affi-
dando a un legale il compito di rac-
contare il dramma della famiglia, di
esternare il dispiacere per la morte
del vicebrigadiere, ma anche di far ar-
rivare lontano l’auspicio che Finne-
gan Lee possa tornare presto a casa e
di sparare qualche frecciata contro le
indagini svolte dalla procura di Ro-
ma. «Finnegan ci ha raccontato di
aver temuto che quell’uomo trovato
in strada potesse strangolarlo. E per
questo ha estratto il coltello, solo per
difendersi. Non sapeva che Cerciello
fosse un carabiniere». Le 11 coltella-
te inferte al vicebrigadiere, secondo
gli avvocati americani e la famiglia El-
der, possono essere in qualche modo

giustificate. Ma su quello che accadu-
to, dicono gli avvocati e la famiglia du-
rante la conferenza, ci sono troppi
dubbi: «Non escludiamo che, aldilà
delle persone direttamente coinvol-
te, possano esserci anche altri testi-
moni che possano aiutare a chiarire
la vicenda». E dall’Italia, l’avvocato
Roberto Capra aggiunge: «Ci auguria-
mo che la Procura riesca ad acquisire
tutte le immagini della videosorve-
glianza in strada, affinché venga fat-
ta piena luce sul caso». Riferimento
non troppo velato all’assenza di im-
magini per ben 24 minuti.
Papà Ethan, che assiste alla confe-
renza stampa abbracciato con la mo-
glie e la figlia, affida all’avvocato
Craig Peters le sue impressioni dopo
la visita fatta nei giorni scorsi a Ro-
ma. «È spiacevole, anche se compren-
sibile, che si sia giunti velocemente a
una valutazione di questo caso. La po-
litica e i media sono divisi. Invece noi
percepiamo la tragedia della morte
di Rega ma anche il fatto che Finne-
gan sia stato condannato ingiusta-
mente», ha detto l’avvocato davanti
alla casa degli Elder. —
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O

ccultamento di cadave-
re. Al momento, nel fa-
scicolo aperto da Ezia
Mancusi, sostituto pro-
curatore di Livorno, non
si parla di omicidio e non ci sono inda-
gati. Così la morte di Maria Simonetta
Gaggioli, 76 anni, per ora resta un gial-
lo. I carabinieri ammettono di non ave-
re dubbi sul fatto che la donna non sia
morta lì, in quel fosso lungo la vecchia
Aurelia, tra Riotorto e Follonica, dove

è stata ritrovata sabato mattina avvol-
ta in una coperta. «Dobbiamo aspetta-
re l’autopsia – dice il colonnello Ar-
mando Ago, comandante del reparto
operativo di Livorno -. Dall’esame
esterno non risultano tracce di violen-
za, per cui tendiamo a escludere l’omi-
cidio, almeno in base a quel che abbia-
mo in mano finora».
Oggi dovrebbe esserci il conferi-
mento dell’incarico al medico legale.
Sono in corso gli accertamenti sul te-
lefonino della donna, dal quale vener-
dì pomeriggio era partita una chiama-
ta a un’amica, che poi aveva provato
a richiamare senza ottenere risposta.
Sicuramente Maria Gaggioli in quel
momento era già morta, consideran-
do l’avanzato stato di decomposizio-
ne in cui è stata ritrovata l’indomani.

La sparizione sabato 27 luglio
La donna era scomparsa da sabato 27
luglio. Abitava a Riotorto insieme al
figlio Filippo Andreani, alla nuora
Adriana Rocha e ai tre nipotini. Si era
trasferita lì da poco, da Follonica. Il fi-
glio ne aveva denunciato la scompar-
sa venerdì 2 agosto, sei giorni dopo.
Ai carabinieri, ha spiegato che la ma-

dre si assentava spesso perché anda-
va a trovare la sorella, i parenti o gli
amici. Da Follonica e da Grosseto
giungono informazioni diverse: si di-
ce che i familiari avessero già messo
in preallarme le forze dell’ordine per-
ché la donna non rispondeva più al te-
lefono e loro erano preoccupati.
In ogni caso, la sera di venerdì 2 ago-
sto il figlio, insieme ai carabinieri, do-
po la denuncia si è recato al Bar Sport
di Riotorto per chiedere informazio-
ni. In quello stesso bar sabato matti-
na, subito dopo aver scoperto il cada-
vere, i carabinieri sono andati a cerca-
re Andreani per parlare con lui, men-
tre i finanzieri si sono occupati della
moglie e dei figli. La macchina di lui,
una Punto, è stata sequestrata ed è tut-
tora in custodia in attesa di eventuali
accertamenti. Intanto, spunta la testi-
monianza di un meccanico che lunedì
scorso, due giorni dopo la scomparsa,
aveva soccorso un’automobilista ri-
masta in panne vicino al luogo del ri-
trovamento del cadavere. Una donna
che poi, una volta rimessa in moto l’au-
to (mancava la benzina) era scappata
senza pagare. —
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FRANCESCO RADICIONI

BAGHDAD

IRAQ

Milizie sciite

colpite in Iraq

dall’aviazione

di Gerusalemme

7N

LA GIORNATA

IN SETTE NOTIZIE

LONDRA

GRAN BRETAGNA

Choc alla Tate,

1 7 enne getta

un bambino

dal decimo piano

L


a stampa israeliana si
chiede da giorni se si sia
aperto un nuovo fronte
del confronto tra Israele
e l’Iran. Giornali irania-
ni, arabi internazionali hanno ri-
portato a luglio raid aerei contro
due basi di milizie sciite in Iraq le-
gate a Teheran. E, nonostante il si-
lenzio di Israele, la sua aviazione
è stata ritenuta all’origine degli at-
tacchi. Il 19 luglio, aerei da guer-

ra hanno colpito obiettivi dell’Or-
ganizzazione Badr, ex Brigata Ba-
dr, nella provincia di Salah
al-Din, a Nord di Baghdad. Tre
giorni dopo, è stata bombardata
una ex base americana, oggi con-
trollata dalle stesse milizie:
Camp Ashraf. Secondo la stampa
degli Emirati arabi, il raid avreb-
be causato circa 40 vittime tra per-
sonale locale e iraniano.

Le indiscrezioni
Il «Wall Street Journal» fa notare
come, a parte Israele, l’unico atto-
re interessato a colpire quei grup-
pi potrebbe essere lo Stato islami-
co, cui manca però la capacità di
un’azione simile. Israele è rimasto
in silenzio. Negli anni passati so-
no stati attribuiti alla sua aviazio-
ne attacchi a milizie sciite legate
all’Iran in Siria, per impedire, se-
condo gli esperti, passaggi di armi
all’alleato libanese Hezbollah,
che minaccia Israele oltre il confi-
ne Nord con il Libano. Bombarda-
re milizie sciite in una Siria deva-
stata da una guerra per procura è
però diverso dal colpirle in una na-

zione come l’Iraq. Come fa notare
Zvi Bar’el sul quotidiano israelia-
no Haaretz, però, il governo di Ba-
ghdad è rimasto stranamente in si-
lenzio, senza denunciare l’ipoteti-
ca e pesante violazione. Una parte
della divisa e settaria politica ira-
chena è stufa della presenza di mi-
lizie agli ordini di Teheran, diven-
tate sempre più potenti per il loro
cruciale ruolo nella sconfitta dello
Stato islamico nel Paese.
Secondo un recente rapporto
dell’intelligence israeliana, dopo
aver in parte fallito a insediarsi mi-
litarmente in Siria, Teheran cerca
di utilizzare l’Iraq per espandere la
propria egemonia regionale, e
avrebbe trasferito missili come gli
Zolfaqar, capaci di colpire le città
israeliane, nel Paese. Da qui, i mi-
steriosi raid. Restano però questio-
ni aperte sul presunto attacco:
Israele avrebbe utilizzato jet F-
in modalità stealth, quindi invisibi-
li ai radar, ma il tragitto è di oltre
mille chilometri e prevederebbe ri-
fornimento in volo, quindi il coin-
volgimento di alleati. —
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P

recipita dal roof garden del-
la Tate Modern Gallery di
Londra, dopo essere stato
spinto. E’ l’episodio choc
che ha sconvolto la capitale
londinese ieri, quando un bimbo di ap-
pena sei anni è caduto nel vuoto per
un’altezza di cinque piani, dal decimo
al quinto, nel più noto e visitato museo
della Gran Bretagna. «E’ mio figlio! E'
mio figlio!». Così i testimoni racconta-
no scioccati le urla della madre. E alla

paura si è aggiunto l'orrore: il piccolo è
stato gettato nel vuoto. La polizia ha ar-
restato un ragazzo di 17 anni con l'ac-
cusa di tentato omicidio, anche se il
buio è ancora totale sulle ragioni del ge-
sto. Secondo le prime indagini il ragaz-
zo non conosceva neppure il piccolo,
ora ricoverato in gravi condizioni. «Ho
sentito un tonfo, poi una donna che ur-
lava, e ho visto il corpo del bimbo sul
tetto del quinto piano», ha raccontato
uno dei visitatori del museo che si tro-
vava proprio lì e si è visto precipitare il
bambino davanti agli occhi. E che, in-
sieme ai tanti turisti e londinesi che sta-
vano passando una domenica al mu-
seo, è stato incanalato in una grande sa-
la dalle forze dell'ordine, che hanno po-
sto la Tate in lockdown impedendo a
dipendenti e visitatori di uscire. Tra lo-
ro anche un giornalista della Bbc, Jon-
ny Dymond. «C'erano molte famiglie
con bambini e le guardie di sicurezza ci
hanno detto che non potevamo andar-
cene», ha raccontato.

«E’ in gravi condizioni»
Aggiungendo che, nel frattempo,
all’esterno del museo erano arrivati
«due camion dei pompieri, 10 volan-

ti della polizia e un’unità di controllo
degli incidenti e l'area è stata delimi-
tata e isolata». La polizia ha parlato
con tutti i visitatori che si trovavano
sul tetto al momento del dramma.
«Tutti i testimoni - hanno assicurato
gli investigatori - stanno collaboran-
do». Il bambino è stato soccorso da
un’eliambulanza, l'unico modo possi-
bile per arrivare sul roof garden del
quinto piano nel quale è precipitato,
ed è stato portato d'urgenza in ospe-
dale. Non ci sono dettagli sulle sue
condizioni, se non che sono giudica-
te «critiche». Il dramma ha immedia-
tamente raggiunto i social, i testimo-
ni hanno postato i video dell'elicotte-
ro che cerca di raggiungere il piccolo
e dei momenti di panico all'interno
della Tate. Non tutti hanno capito co-
sa stesse accadendo. Alcuni hanno
postato le foto dell’elicottero che at-
terrava commentando: «A nessuno è
stato permesso di entrare o uscire dal-
la Tate negli ultimi 20 minuti. Non è
chiaro cosa sia successo». Dopo l'arre-
sto del ragazzo i visitatori sono stati
fatti uscire, ma il museo è rimasto
chiuso tutto il giorno. —
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Ai più la parola rider potrebbe ricordare un film.
Correva l’anno 1969, esattamente 50 anni fa,
e nelle sale usciva “Easy Rider” per la regia di
Dennis Hopper con Peter Fonda e Jack Nichol-
son. Un viaggio in totale libertà attraverso gli
Stati Uniti a bordo di due motociclette. Ecco il

“rider” in inglese è proprio colui che va a caval-
lo, in bicicletta o, appunto, in moto. Negli ultimi
anni il termine ha assunto un significato più
specifico, adattandosi alla Gig economy, la co-
siddetta «economia dei lavoretti», una delle
nuove forme di organizzazione dell’economia
digitale. I rider sono così diventati i fattorini, dei

lavoratori freelance organizzati dalle piattafor-
me digitali (come Glovo, JustEat e Deliveroo)
per la consegna di prodotti - soprattutto cibo
ma non solo - a domicilio. In Italia i rider sareb-
bero 10-20 mila e, secondo la ricerca Coldiret-
ti-Censis, circa 19 milioni di italiani avrebbero
usufruito delle piattaforme di food delivery.

Uomini e bambini si riuniscono per vede-
re la cerimonia in cui un cavallo sacrifica-
le viene calato da un tetto con una gru,
nell’ambito del festival Eid al-Adha a Ka-
rachi (in arabo la «festa del sacrificio»),
in Pakistan, prima di essere uccioso. Eid
Al Adha è una delle due festività dell’I-
slam ed è celebrato dai musulmani il 10°
giorno di Dhu Al Hijja. Il sacrificio rituale
che si pratica nel corso della festività ri-
corda il sacrificio sostitutivo effettuato
con un montone da Abramo/Ibrāhīm, del
tutto obbediente al disposto divino di sa-
crificare il figlio a Dio prima di venire fer-
mato dall’angelo. Il Pakistan ha annuncia-
to le vacanze di Eid Al Adha dal 12 al 15
agosto. Anche se le festività, alla fine, du-
reranno sei giorni, perché il 10 e l'11 ago-
sto sono giorni di riposo settimanali. Tra
gli altri animali sacrifici, oltre ai cavalli, ci
sono anche capre, mucche e cammelli.

DAVIDE LESSI

RICCARDO ARENA

ROLLA SCOLARI

La parola del giorno

rider

I fattorini del cibo ai quali Di Maio promette più tutele

NICOLA PINNA LETIZIA TORTELLO

ISLAMABAD

PAKISTAN

Un cavallo

sospeso

per la festa

del sacrificio

ALESSANDRO DE GREGORIO

16 LASTAMPALUNEDÌ 5 AGOSTO 2019

7N
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