L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1
Democrazie in crisi

litico su scala planetaria dai tempi della moneta unica euro-
pea. Un progetto culturale ed economico, dunque paciico (al
netto di una certa aggressività tecnologica e forme di neocolo-
nialismo in certe aree del mondo).
Xi, Putin e Modi: tre leader globali, solidi, tenaci. Hanno
senz’altro il tempo dalla loro parte: Xi non deve preoccuparsi
di partecipare a libere elezioni; Putin vince a man bassa ele-
zioni non libere; Modi si è conquistato un nuovo mandato in
un paese in cui le garanzie liberali, almeno per come le inten-
diamo noi, sono ai minimi termini. E il tempo è il più rilevante
alleato per un leader coraggioso e visionario. Ma al di là del
tempo, hanno anche una cultura politica più solida dei loro
colleghi occidentali.
Nella mia vecchia vita, da capo staf del presidente del Con-
siglio Paolo Gentiloni, ho avuto modo di incontrarli tutti, talo-
ra in più occasioni. Le diferenze che li dividono sono tante,
caratteriali e politiche. Tuttavia ognuno di loro mi ha sempre
dato l’idea di sapere da che parte gira il mondo e come la pro-
pria nazione possa vivere da protagonista la direzione di mar-
cia globale. D’altra parte il ritiro unilaterale americano dai
fronti euroasiatico, mediorientale e africano, realizzato da Ba-
rack Obama, ha lasciato ai leader non-liberali uno spazio di
azione eccezionale. E nessuno di loro (Modi apparentemente
un po’ meno, ma mica tanto: vedi alla voce Ilva di Taranto...) s’è
lasciato sfuggire l’occasione di sfruttare la ritirata americana.
I leader occidentali arrancano. La leadership di Angela Mer-
kel, a cui pure tutti noi convinti sostenitori dell’idea liberale ci
aggrappiamo, è contraddistinta dalla nota categoria della ri-
luttanza. In buona sostanza: se il progetto europeo non è nau-
fragato, lo dobbiamo a lei; se però, com’è evidente, è spiaggia-
to, la responsabilità politica non si può non accollare, ancora
una volta, a lei. Anche considerando che è stata
l’unica leader occidentale a restare in carica per un
tempo paragonabile a quello dei leader orientali
non-liberali.
Oltre Merkel, il buio. Dietro la Brexit, i britannici
sono diventati la parodia di loro stessi. Gli italiani
toccano ormai poche palle. Alcuni si stringono a
Macron. Scelta obbligata quando si tratta di ferma-
re il fascismo di Marie Le Pen. Eppure non c’è scelta
politica di Macron che non sia in perfetta continui-

ine giugno, in un’intervista al direttore del Fi-
nancial Times Lionel Barber, Vladimir Putin
ha sferrato un attacco al mondo occidentale.
Da anni, in verità, Putin si sente ingaggiato
nella globale battaglia delle idee, innescata
dopo la ine dell’antagonismo ideologico tra
Washington e Mosca. «he liberal idea - ha
detto l’ex direttore dei servizi segreti russi -
has become obsolete». Pochi chiacchiere e sintesi schietta: il
liberalismo è obsoleto, come il videoregistratore o le pagine
gialle, ed ormai «has come into conlict with the interests of
the overwhelming majority of the population».
Sul piano empirico, è diicile dargli torto. La globalizzazio-
ne ha fatto sì uscire dalla povertà un miliardo e più di esseri
umani, ma tutto ciò è avvenuto nella parte di mondo dove il
liberalismo non ha cittadinanza. All’opposto di quanto acca-
duto tra la ine della seconda guerra mondiale e l’avvento della
globalizzazione, in Occidente l’incrocio tra il rispetto espansi-
vo delle libertà fondamentali e l’economia di mercato si è mo-
strato meno capace di allargare gli spazi interni di democra-
zia, benessere e concordia sociale. Il conlitto tra l’idea liberale
e la grande maggioranza della popolazione, insomma, c’è: non
se l’è inventato Putin.
Insieme al presidente russo, seppur diversamente da lui, al-
tri leader orientali a-liberali o illiberali, hanno avuto occasio-
ne più volte, con parole più morbide, di spiegare che i loro
modelli politici e sociali funzionano meglio di quelli occiden-
tali. Non c’è occasione che Narendra Modi, primo ministro
dell’India, non utilizzi per spiegare che la democratura india-
na consegue importanti risultati economici e sociali - aver ri-
vinto le elezioni in maggio gli dà ragione, anche se si fatica ad
avere indici indiani attendibili per veriicare la ve-
ridicità di tutte le sue afermazioni).
Con ancora più forza, Xi Jinping, da sette anni
indiscusso leader cinese, sottolinea i progressi del-
la sua Cina comunista. Contrariamente a Modi e
più sensatamente di Putin, Xi mostra di avere una
sua ricetta per l’equilibrio globale, issata a est del-
la Cina sul complesso patto del Paciico con gli Sta-
ti Uniti d’America; a ovest, sulla strategia della nuo-
va via della seta: il più recente programma geopo-

IL LEADER È FORTE

SOLO SE È ASIATICO

DI ANTONIO FUNICIELLO

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