L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1
10%

Prima Pagina

SPACCIO
Per il 10 per cento delle
famiglie di San Basilio
l’indotto della droga è
una specie di “reddito di
cittadinanza”

Sembra tramontato il mito della residenza individuale.
Anche i villini suburbani delle gated communities romane
pagano la crisi: quartieri come Torre Gaia e Olgiata hanno
subito gli stessi deprezzamenti delle zone popolari più
periferiche.
La domanda, favorita da tassi d’interesse bassi, è
orientata ai beni esistenti: secondo l’Istat nel 2019 solo
il 16,6% delle compravendite in Italia ha interessato le
nuove costruzioni (era quasi il 35% nel 2010). Il calo
dei prezzi delle abitazioni in Italia (-17,2% dal 2010),
l’unico paese che non ha agganciato la ripresa dei valori
in Europa, è imputabile esclusivamente alle abitazioni
esistenti i cui prezzi sono scesi del 23,7% dal 2010. Per
le nuove costruzioni la risalita c’è, ma è debole, e le case
invecchiando trascinano in basso il mercato.


Dal 2008 la ricchezza in abitazioni nel Lazio, che
rappresenta il 90% della ricchezza delle famiglie, si è
ridotta di 10 punti percentuali, rispetto alla media italiana
del -2,4%, secondo la Banca d’Italia. Se la casa è da
sempre un bene-investimento, a Roma la svalutazione
incide come divaricatore sociale nella dinamica centro-
periferia: «chi ha comprato in periferia sta subendo un
deprezzamento importante che non sembra arrestarsi» dice
Puccini. È proprio la periferia ad avere la massa maggiore
di alloggi dove abitano i due terzi dei residenti romani. Le
zone più svalutate sono le periferie ovest ed est di Roma,
quest’ultima la più popolosa e con il maggior numero di
alloggi di edilizia residenziale pubblica. «Considerando le
aree interne al raccordo, il differenziale delle quotazioni
2018 mappate dall’Omi mostrano un asse di crescita nord-
sud, più che una dinamica per cerchi concentrici» osserva
Puccini.
Se la proprietà è un salvagente, Roma sembra avviata
verso il baratro: l’invecchiamento della popolazione oltre
che delle case, la contrazione della capacità di risparmio


delle famiglie, la precarizzazione del lavoro, l’immissione
sul mercato di case ereditate, di case degli enti e di alloggi
pubblici dismessi, sono elementi che sembrerebbero
indicare una potenziale riduzione della domanda a fronte
di un aumento dell’offerta, quindi prezzi ancora giù. Ma,
nonostante la disponibilità di alloggi e il calo molto marcato
dei canoni di afitto, l’emergenza abitativa non diminuisce.
«Il calo degli afitti, con punte del -40% nell’ultimo
decennio, non incide sulla fascia bassa della domanda,
quella che non può pagare 800 euro di afitto», sostiene
Puccini, «L’assenza di un’offerta intermedia fra i canoni di
mercato e gli alloggi popolari per famiglie a basso reddito e
nuclei unipersonali resta un problema».
«Bisogna ripartire dalle periferie», prosegue, «perché la
periferia sta cedendo, da un punto di vista sociale ed
economico. Se il centro ha resistito al deprezzamento
delle proprietà private, il valore immobiliare complessivo
a Roma risulta negativo “per colpa” delle periferie. I
valori sono crollati nei quartieri con le quote maggiori di
proprietà pubblica e in quelli limitroi, interessati dai piani
di zona. I quartieri di case popolari, anche a causa del
deicit di manutenzione e per la loro composizione sociale,
diventano i punti più complessi della città e rischiano
di generare spirali involutive in interi comparti. Bisogna
tornare a investire sulla periferia». «La legge regionale
sulla rigenerazione urbana consente premi di cubatura
indifferenziati slegati dalla rendita del luogo», prosegue
Puccini, «Così le operazioni di rigenerazione avvengono
dove ce n’è meno bisogno, dove la svalutazione è minore
e il ritorno di investimento più sicuro: in centro. Ma è
in periferia che bisogna intervenire, con una strategia
pluriennale condivisa con la città che guidi l’intervento
pubblico nei prossimi anni, che purtroppo oggi manca.
Eppure proprio il fatto che molta della proprietà qui è
pubblica renderebbe l’intervento molto più agevole». Una
vera rinascita, insomma, potrà partire solo dalle periferie. Q

mo visitato ospita, nel contempo, dai bar-
boni agli sgomberati di Carlo Felice e Torre
Maura, e oltre 30 bambini provenienti da
Primavalle».
A San Basilio a inizio luglio sequestrano
una partita di cocaina dentro una casa
dell’Ater che era diventato un centro di spac-
cio. Di questo genere di retate lì ne avviene
ormai almeno una al mese. A cicli di ore le
volanti arrivano con i lampeggianti a via Co-
rinaldo, le vedette urlano agli spacciatori di
far sparire le sostanze. La piazza di San Basi-
lio è conosciuta come quella di Tor Bella Mo-
naca; anche su Google, si possono contare
gli articoli che si rimbalzano il nomignolo, A
San Basilio come Scampia, a Tor Bella Mo-


naca come Secondigliano, un ghetto vale l’al-
tro. Senza negozi aperti, il primo bar a quasi
un chilometro, un solo camioncino che d’e-
state arriva con i gelati, ci sono soltanto i pu-
sher che fanno servizio anche la notte, sedu-
ti agli angoli delle strade come vecchi di pae-
se, domenica e festivi compresi, diversiica-
no la merce con prodotti a prezzo variabile
(grandi ordinazioni, ma anche minidosi da
20 o 50 euro); somigliano - lo sanno - più a
dei travet che a dei criminali da rispettare.
Per un numero consistente (il dieci per cen-
to almeno) delle famiglie di San Basilio l’in-
dotto della droga costituisce una specie di
reddito di cittadinanza, un welfare sociale
che arriva ino a paradossali pratiche di
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