L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1
Economia

sco tutto basato sull’export, e per di più
molto concentrato sul settore auto che da
solo vale il 12% del Pil. Ora di auto nel mon-
do se ne vendono poche e l’export tedesco
nel settore è crollato del 18,3% nel secon-
do trimestre dell’anno sullo stesso periodo
dell’anno scorso, del 14,3% su base seme-
strale e del 15,3% su base annua. Solo in giu-
gno l’export è crollato del 25,4%». Nel pri-
mo semestre le fabbriche tedesche hanno
prodotto 350mila auto in meno dello stesso
periodo del 2018, ovvero 4,7 milioni di cui
3,7 milioni esportate. Non è inita, ricorda
l’economista francese cresciuto nel gruppo
Eluer Hermes recentemente conluito in
Allianz:«L’industria tedesca sofre ancora
le conseguenze del dieselgate, lo scandalo
di tre anni fa che dette un colpo durissimo a
Volkswagen, Bmw e Daimler-Mercedes. Dal
quel momento, le aziende tedesche hanno
avviato ingenti investimenti nell’auto eco-
logica, ibrida o elettrica, che però realistica-
mente diventeranno proittevoli non prima
di diversi anni. Per ora, aprono voragini i-
nanziarie nei bilanci».
Il problema è che la Germania è l’econo-
mia-guida dell’Europa, e se ha il iato corto
è l’intero continente ad arrancare. Proprio
nel settore auto c’è la dimostrazione: ad es-
sere colpiti sono tutti i subfornitori, molti
dei quali italiani. Una simulazione della
stessa Allianz indica le perdite per ogni mi-
lione di fatturato in meno dell’industria
dell’auto tedesca: i produttori di lamiere
metalliche italiani perdono 150mila euro,
140mila gli esportatori di equipaggiamenti
meccanici, 100mila quelli di parti in plasti-
ca. Un rapporto diretto che si rilette nel fat-
to che Berlino è il primo mercato per il Ma-
de in Italy con 58 miliardi di export nel 2018
(è aumentato del 30% negli ultimi tre anni
mentre l’import è salito solo dell’11%). La
Germania vale il 12,6% delle vendite totali
all’estero con punte del 20% per il settore
dei prodotti in metallo, per l’auto e altro. «Il
detonatore è Donald Trump, il cui nonno
veniva dal Palatinato Renano, che ha di-
chiarato guerra all’industria tedesca», spie-
ga Brunello Rosa, economista della London
School of Economics. «Adducendo fanto-
matiche di sicurezza nazionale, come se in
un’auto potesse annidarsi chissà quale ra-
diospia, ha annunciato contingentamenti e
dazi sulle macchine europee, quindi soprat-
tutto tedesche, in grado di iaccare qualsia-


si resistenza». Ora la partita commerciale
con l’America è sospesa ino a novembre,
nell’attesa di vedere come inirà la contro-
versia parallela con la Cina, «ma è suicien-
te a spiazzare il settore-guida su cui la Ger-
mania ha costruito tutto il suo modello di
sviluppo», aggiunge Rosa. «È una partita
talmente dura che c’è chi ci vede lo scopo di
disarticolare non solo la potenza economi-
ca tedesca, guida dell’Europa, ma la stessa
unità europea. Non a caso Angela Merkel si
è battuta pur di avere con Ursula von der
Leyen la presidenza della commissione Ue:
per poter gestire direttamente le prossime
fasi della cruciale trattativa».
Non c’è solo l’industria motoristica a far
suonare il campanello d’allarme che ha fat-
to sì che il settimanale Der Spiegel procla-
masse domenica scorsa la Germania “ma-
lata d’Europa” evocando una celebre co-
pertina dell’Economist del 2002. La Deut-
sche Bank ha annunciato a metà luglio il
taglio di 18mila dipendenti (su 91mila)
entro il 2022, la Basf ne licenzierà 6mila
entro il 2021, la Bayer 4500 (parte di un
programma di riduzione mondiale di
12mila pari al 10% del totale), la Sap 3mila,
la Siemens 10mila. Tutte con conseguenze
a catena sulle rispettive iliere internazio-
nali. «La Germania - spiega il presidente
della Sace, Beniamino Quintieri, economi-
sta internazionale di Tor Vergata - è un ve-
ro e proprio “hub” della produzione euro-
pea, capace di importare dagli altri Paesi
semilavorati e prodotti intermedi, trasfor-
marli e successivamente esportarli. All’in-
terno degli ingenti lussi di esportazioni
tedesche è incorporata una parte di valore
aggiunto prodotta in Italia e altrove molto
importante per tutti». Ma il contagio va ol-
tre le catene del valore industriale. Riguar-
da le transazioni inanziarie, le forniture in

PRIMA IL DIESELGATE, ORA

I DAZI DI TRUMP. IL SETTORE

AUTOMOBLISTICO SOFFRE.

E DI CONSEGUENZA TUTTA

L’INDUSTRIA CONTINENTALE
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