L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1
1989-2019, la caduta del Muro

una società che si basava su milioni
di morti». Sì, suo padre, lo storico
Wolfgang, riuscirà a scrivere dei suoi
anni negli Urali, ma solo dopo il crol-
lo del Muro (in un libro edito da suo
iglio Eugen). E anche oggi, a 30 anni
di distanza, quando ripensa alla vita
nella Ddr a Ruge non viene in mente
che una parola: “die Verlogenheit“,
la menzogna, l’ipocrisia in una so-
cietà asittica e pseudo-comunista,
dove la doppiezza è sparsa ovunque,
non solo in politica. «Nei nostri li-
bri di scuola», ricorda, «c’era una
sistematica deformazione della sto-
ria, non solo della Ddr e dell’Urss».
In una società in cui la Stasi aveva,
fra uiciali e collaboratori, il triplo
di spioni della Gestapo, non esiste-
va un grammo di iducia negli altri.
Per Eugen essere il iglio di un per-
seguitato fu un amaro “privilegio”:
«la Stasi non mi ha mai contatta-
to», dice Ruge, «a 14 anni mio padre
mi disse: “se qualcuno della Stasi ti

Una donna di fronte al valico tra le due Berlino su Heinirich Heine strasse il 5 dicembre del 1961


“vallo antifascista” nel gergo del
partito - anche nella Ddr l’atmosfera
cambia. «Quando è stato costruito
il Muro avevo sei anni», ricorda Ru-
ge, «ma per me il Muro era il recinto
della mia scuola che si trovava in un
quartiere di Berlino-est coninante
con l’ovest. Anche senza Muro sape-
vo che Berlino-ovest era la parte più
luminosa della città, dove vivevano i
capitalisti». Certo, il nonno e la non-
na del piccolo Eugen rimasero fedeli
sino alla ine al partito. «Mio padre
invece non entrò mai nel partito e in
famiglia praticavamo un certo socia-
lismo democratico. Tra noi si discu-
teva di tutto, era fuori che bisognava
tacere». È questo ultimo tabù, l’im-
possibilità di criticare apertamente
il partito e l’Unione sovietica che, se-
condo Ruge, ha portato al crollo del
Muro. «Sin da ragazzo sapevo che
mio padre era inito in un gulag, ma
di questo non si poteva parlare per-
ché eravamo una società stalinista,


cerca digli di rivolgersi a tuo padre,
lui sì che ne ha fatta di esperienza
in Unione sovietica!”». Ironia della
storia, il giovane Eugen, che nel 1988
fuggirà all’ovest, il servizio militare
lo fece nei battaglioni che sorveglia-
vano il Muro. «Ero già a Krefeld, in
Germania ovest, la sera del 9 novem-
bre in cui le Tv davano la notizia che
il Muro era caduto. Ma per me era
inimmaginabile che il Muro cades-
se, visto che era entrato nella mia
vita dai primi giorni di scuola». A
dar retta a Marx i tedeschi non sono
buoni a fare le rivoluzioni: quelle le
fanno i francesi; i tedeschi obbedi-
scono a norme e imperativi catego-
rici. Ma il 9 novembre dell’89 fu non
solo un evento inaudito e imprevedi-
bile, ma “eine friedliche Revolution”,
una rivoluzione paciica in terra
tedesca. Merito dei tedeschi? «La
storia della Ddr», spiega Ruge, «non
si può pensare senza l’Unione sovie-
tica, anche il crollo del Muro è im-
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