L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1

La guerra c’è già, procede a sin-
ghiozzo, a bassa intensità: è asimme-
trica perché il confronto è soprattutto
tra eserciti tradizionali e guerriglie,
ed è ritmato da incidenti periodici e
limitati. Riesumando l’espressione con
la quale si deinì l’ambigua situazione
di quiete e d’attesa, all’inizio del Se-
condo conlitto mondiale, si potrebbe
dire che si tratta, sia pur in una di-
mensione assai ridotta, di una “drôle
de guerre”, di una “strana guerra”, pre-
ambolo a una guerra vera. Oggi i pro-
tagonisti, gli avversari, il presidente
americano Donald Trump e la Gui-
da suprema iraniana Ali Khamenei,
non sembrano tuttavia inclini a sca-
tenare un ampio conflitto. Entram-
bi restano acquattati in una “strana
guerra”. Il passaggio a uno scontro
aperto avrebbe imprevedibili conse-
guenze.


Il primo, Trump, non vuole impe-
gnarsi in un’impresa che potrebbe
assumere dimensioni incontrollabili
e dissuadere gli elettori americani
dall’aidargli un nuovo mandato. Il
secondo, Khamenei, è consapevole
della fragilità iraniana di fronte alla
superpotenza yankee. L’Europa assi-
ste, quasi passiva, con una buona do-
se di incoscienza, alla crisi in corso
ai conini, che investe seriamente i
suoi interessi e che può minacciare la
sua sicurezza. La situazione potreb-
be sfuggire di mano tenendo conto
dell’indisciplina, della temerarietà,
dei regimi implicati. Non mancano
gli alleati di Trump che esortano a
intensiicare il conlitto già comin-


ciato, come testimoniano gli inci-
denti nel Golfo, lo scontro tra sau-
diti appoggiati dagli americani e gli
insorti protetti da Teheran (Huthi)
nello Yemen, e i puntuali interventi
dell’aviazione israeliana e di quella
americana contro le milizie irania-
ne presenti in Siria. Israele, alleato
degli Stati Uniti, lo è di fatto, se non
formalmente, anche dell’Arabia Sau-
dita nel fronte anti iraniano.

Alle origini della nuova vampata
bellica in Medio Oriente c’è il riti-
ro degli Stati Uniti dal trattato sul
nucleare iraniano sottoscritto nel
luglio 2015, dopo anni di logoranti
negoziati. Un accordo confermato
in due risoluzioni del Consiglio di Si-
curezza delle Nazioni Unite. Donald
Trump non si è limitato a dissociar-
si dal trattato che il predecessore
Barack Obama aveva sottoscritto:
ha adottato una serie di sanzioni
più severe di quelle in vigore prima
del 2015, poiché riguardano tutte le
imprese, comprese quelle non ame-
ricane, impegnate in Iran. E impedi-
scono a Teheran di vendere il suo pe-
trolio e i suoi prodotti petrolchimici.
Il motivo dichiarato per giustificare
le sanzioni è stato all’inizio che gli
ayatollah, nonostante l’impegno del
2015, continuavano nella loro attivi-
tà nucleare con l’obiettivo di produr-
re armi atomiche. Gli enti interna-
zionali incaricati della sorveglianza
sulle attività nucleari hanno giudi-
cato infondate le accuse di Donald
Trump. Lui non ha tenuto conto del
giudizio degli esperti neutrali.

Adeguandosi alle ingiunzioni ame-
ricane molte aziende europee hanno
lasciato via via l’Iran. Alla ine d’a-
prile sono stati annullati i permessi,
ancora concessi a qualche paese, di
comperare petrolio iraniano. La mor-
sa delle sanzioni si è stretta. Una set-
timana prima era stata decisa l’iscri-
zione delle Guardie della Rivoluzione
sulla lista americana delle organizza-
zioni terroristiche straniere. Un mese
dopo sono initi sulla stessa lista la
Guida della Rivoluzione e tutti i re-
sponsabili politici e militari che ha
nominato. È poi arrivata la proibizio-
ne di esportare l’uranio arricchito e
l’acqua pesante prodotti in ecceden-
za rispetto ai limiti issati dall’accor-
do del 2015. Non è mancato inine il
divieto di esportare il ferro, l’acciaio,
l’alluminio e il rame.

Trump conta ovviamente sulle san-
zioni per piegare la teocrazia irania-
na. Ma le sanzioni non hanno mai
rovesciato un regime. Spesso hanno
favorito una resistenza. Il presidente
americano ha fatto tante dichiara-
zioni minacciose. Alla Nbc ha detto:
«Non voglio una guerra, ma se doves-
se accadere la distruzione sarebbe
totale». Vale a dire che il presidente
americano pensa a bombardamenti
intensi su obiettivi militari e strategi-
ci iraniani. Trump ha tuttavia parlato
molto, smentendosi puntualmente,
al punto che è diicile dar peso alle
sue parole. Non si vede, per ora, come
la crisi possa spegnersi. Ma il cappio
al collo dell’Iran non può essere stret-
to a lungo. Q

È un conlitto a bassa intensità, fatto di incidenti, provocazioni, sanzioni.


Nessuno sembra pronto ad andare oltre, ma la situazione può degenerare


La strana guerra fra

Trump e gli ayatollah

Illustrazione: Ivan Canu


Bernardo Valli Dentro e fuori

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