la Repubblica - 30.07.2019

(ff) #1

L


a tregua estiva per adesso è più
illusoria che reale. A meno che
non s’intenda per tregua la presa
d’atto che le elezioni sono di là da
venire: se ne parlerà non prima
dell’inizio del 2020. Il che peraltro era
già chiaro da qualche settimana. In
cosa consisterebbe allora la tregua? La
guerriglia verbale tra i due soci della
coalizione continua velenosa più o
meno come prima. La differenza è che
gli ultimi avvenimenti hanno reso
ancora più evidente la subordinazione
dei Cinque Stelle alla Lega in nome
dell’assoluta priorità che ispira la
politica dei “grillini”: evitare fin
quando sarà possibile l’interruzione
della legislatura. In fondo Di Maio e i
suoi hanno avuto varie opportunità
per troncare il rapporto con Salvini -
dalla Tav fino all’opaca vicenda
Savoini-Metropol -, ma si sono ben
guardati dal compiere il passo
decisivo.
Così, al netto delle contumelie
mediatiche, la realtà descrive un M5S
che accetta quasi tutto dal partner di
governo. Persino di essere schernito,
come è appena successo sulla
questione della Torino-Lione («Si farà
e se loro non sono contenti, che se ne
vadano dal governo»). È un copione
già visto e poco sorprendente. Né
basta a salvare l’anima dei 5S il
mancato voto alla Camera, sul decreto
sicurezza-bis, di un gruppetto di loro
guidato dal presidente
dell’assemblea, Fico. Anche perché
questa dimostrazione di
indipendenza - che in altri tempi
avrebbe prodotto reprimende e
qualche espulsione - è avvenuta
quando il “sì” alla legge salviniana era
ormai certo.
Rimane il passaggio al Senato dello
stesso decreto. Lì in effetti i numeri
sono assai più esigui e quindi in teoria
ci sarebbe margine per l’ultimo
agguato al ministro dell’Interno prima
di Ferragosto. Eppure per un motivo o
per l’altro quasi nessuno ci crede. La
ragione è sempre la stessa: il M5S
appare privo di una bussola politica
coerente. In Italia è succube dei
“sovranisti”, in Europa si mette sotto
l’ala dell’asse Macron-Merkel-von der
Leyen e al tempo stesso sorride con
l’ambasciatore americano. Sono
lontani i tempi in cui Di Maio cercava
alleati fra i “gilet gialli” che mettevano
a soqquadro Parigi. Ora il M5S
appoggia chiunque gli garantisca di
condividere un po’ di potere. Sotto
questo aspetto, essere seviziati
politicamente da Salvini non è
condizione sufficiente per spezzare
un legame ormai privo di senso. E
tuttavia, se un domani, magari nella
prossima legislatura, si aprisse
un’ipotesi di centrosinistra con il Pd, si
può star certi che i Cinque Stelle, per
quanto li riguarda, cambierebbero
pelle con sollievo.
Ecco allora che un inciampo del
governo, anzi della Lega, sul tema
della sicurezza è possibile ma non
probabile. Anche perché Salvini è in
grado di allargare il perimetro “legge e
ordine”. Giorgia Meloni, è ovvio, cerca
spazio ponendosi più a destra dello
stesso vice-premier, ma su certi temi
ha tutto l’interesse ad accodarsi non
tanto alla maggioranza di oggi, quanto
a quella di domani. Il clima nel Paese,
del resto, è quello che si registra ogni
giorno: esasperato. E i funerali ieri del
povero vice-brigadiere, sullo sfondo
dei risvolti oscuri dell’inchiesta,
hanno confermato gli stati d’animo di
un Paese lacerato.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

I


l mese di luglio è stato segnato da condizioni
climatiche estreme che hanno investito l’Europa, con
pochi precedenti. Gli oltre 42 gradi di Parigi hanno fatto
notizia, le maggiori città del continente sono state
colpite da questa ondata di caldo africano. Proprio ieri a
Cambridge è stata registrata la temperatura di 38,7
gradi, record per il Regno Unito. Gli allarmi sono stati
lanciati da tempo, ora c’è una consapevolezza più
diffusa, che nasce anche dalla nostra esperienza
quotidiana. Come è successo nel weekend, si passa in
poche ore dai 40 gradi alle trombe d’aria e alle
inondazioni, con vittime e gravi danni. Dalla stazione
spaziale, l’astronauta Luca Parmitano ha parlato del
riscaldamento globale come emergenza numero 1 del
Pianeta. Nel suo primo collegamento dallo spazio ha
parlato di deserti che avanzano e ghiacciai che si
sciolgono. Recenti studi pubblicati su Nature ci dicono
che mai negli ultimi duemila anni il clima è cambiato
così velocemente su scala globale.
Grazie a Greta Thunberg, milioni di giovani in tutto il
mondo che hanno manifestato in questi mesi, hanno
chiesto azioni concrete in nome del loro futuro. Questo
movimento internazionale – malgrado la stoltezza di
Trump clamorosamente sconfitto in California – ora
sembra contare più di prima: né ha una connotazione
che possa essere classificata di destra o di sinistra, o in
ragione dei dati anagrafici. Federico Rampini
(Repubblica per il clima, sul nostro giornale il 27/7) ha
riferito analiticamente quanto intende fare il progetto
Covering Climate Now che coinvolge larghi settori della
stampa più qualificata del mondo tra cui il nostro
giornale. Una spinta altamente positiva a cui bisogna
aggiungere talune prese di posizione di valore molto
rilevante che partono dall’Europa, non quale
espressione geografica ma quale organizzazione
politica.
Ursula von der Leyen, nel corso del suo intervento di
insediamento a Strasburgo, ha detto: «Presenterò un
accordo verde per l’Europa nei primi cento giorni del
mio mandato». Designata dai 28 Paesi membri alla
presidenza della Commissione europea, la signora ha
precisato: «Una delle sfide pressanti è mantenere il
pianeta sano. È la più grande responsabilità e
opportunità del nostro tempo». «Voglio che l’Europa
diventi il primo continente climaticamente neutrale
entro il 2050. Per realizzare questo obiettivo – ha
aggiunto – dobbiamo compiere passi coraggiosi
insieme». L’obiettivo di ridurre le emissioni di “Co2 del
40% entro il 2030 non è sufficiente”, è necessario
“andare oltre” puntando a una riduzione delle emissioni
“del 50% se non 55%”. Mai si erano udite parole così

nette e chiare.
Per ottenere risultati concreti e vincere la sfida dei
cambiamenti climatici il primo appuntamento sarà a
dicembre: quando i governanti del mondo si riuniranno
a Parigi per negoziare il prossimo accordo sul clima che
dovrà sostituire il protocollo di Kyoto, ormai obsoleto.
Non sarà certo una partita facile. Ma l’impegno di Ursula
von der Leyen e quanto dichiarato più di recente da
Valdis Dombrowskis (Investimenti Green per salvare il
clima, La Stampa, 27/7) vicepresidente della
Commissione europea, sono un ulteriore segnale che va
nella giusta direzione: rendere l’Europa “la prima
grande economia mondiale a impatto climatico zero”:
entro il 2050 richiederà uno sforzo finanziario per
ristrutturare e trasformare gli impianti industriali degli

Stati dell’UE. Dombrowskis ritiene necessario - entro la
fine di ottobre, cioè prima del summit di Parigi -
giungere ad una lista di progetti ecosostenibili: una
“tassonomia” per indirizzare risorse verso progetti
puliti. Si tratta in effetti di una strategia finanziaria di
lungo respiro che va a sostenere quanto previsto dal
prossimo bilancio settennale, a partire dal 2021, dell’UE
che destina almeno il 25% della spesa all’azione per il
clima.
Ma il tempo stringe e la politica “verde” deve fare i conti
non solo con la messa in moto della strategia finanziaria
sostenibile, ma con l’osservanza degli Stati membri Ue
delle normative a tutela dell’ambiente, le quali non
vengono rispettate in molti stati membri. Antonino
Abrami (Nostro fratello ambiente, La Repubblica, 22/7)
ha ricordato che la direttiva 2008/99/CE non è
sufficiente perché gli Stati membri facciano rispettare
la tutela ambientale con norme adeguate di carattere
penale. La direttiva del 2008 è certo importante, ma non
garantisce il rispetto del diritto comunitario in materia
d’ambiente. Una gestione giuridica intricata, in cui il
nostro Paese non brilla per efficacia.
Confortano talune luci, ma molte le ombre all’orizzonte.

di Stefano Folli

Il punto


La falsa tregua


di Ferragosto


L’analisi


Clima, qualcosa si muove


g


di Cesare de Seta

f


Gli allarmi dei testimonial


le promesse della Commissione:


ora ci vuole un impegno chiaro


degli Stati membri della Ue


Bucchi


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. Martedì, 30 luglio 2019 Commenti pagina^27

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