Il Fatto Quotidiano - 31.07.2019

(sharon) #1

16 »Il Fatto Economico |IL FATTOQUOTIDIANO |Mercoledì 31 Luglio 2019


P

»GIANNI BARBACETTO

ersonaggi da romanzo, da
grande intrigo internaziona-
le, quelli che sfilano al proces-
so milanese Eni-Nigeria. O da
film con George Clooney, che
sarebbe perfetto per inter-
pretare Ednan Agaev, diplo-
matico russo, uomo dei servi-
zi segreti, poi intermediario
con il governo nigeriano per
conto di Shell, alleata di Eni
nell’affare in cui –se c o n d o
l’accusa –è stata pagata una
super-tangente da 1,092 mi-
liardi di dollari su complessivi
1,3 miliardi versati nel 2011 da
Eni e Shell per ottenere la li-
cenza per l’es p l or a z io n e
dell’immenso campo petroli-
fero Opl 245.

QUALE ATTOREpotrebbe in-
vece rivestire i panni di Vin-
cenzo Armanna? Èil perso-
naggio più enigmatico di que-
sto plotinternazionale che ve-
de all’opera ministri, presi-
denti, spie, manager, affaristi,
intermediari, portaborse, fac-
cendieri. Dirigente infedele
cacciato dall’Eni perché face-
va la cresta sulle note spese.
Uomo d’azienda (“Da Eni non
si esce mai”) che si oppone alla
violazione delle regole della
compagnia nell’affare nigeria-
no. Imputato per aver intasca-
to una parte della super-tan-
gente. Uomo con buoni con-
tatti con i servizi segreti italia-
ni, israeliani e americani. Giu-
stiziere che nel 2014 denuncia
per corruzione i verticiEni ai
magistrati di Milano, e poi nel
2016 ritratta. Chi è davvero l’e-
nigma Vincenzo Armanna? È
comparso come testimo-
ne-imputato al processodi
Milano il 17, 22, 23 e 24 luglio.
Ne è uscito a pezzi, secondo E-
ni (e molti giornali al seguito),
smentendosi e contraddicen-
dosi. Ma è davvero andata co-
sì? Proviamo a raccontare Ar-
manna secondo Armanna, co-
me esce dalle quattro udienze
in cui ha risposto alle doman-
de di pm, giudici, avvocati.
Nel 2010, quando questo
intrigo nasce, Vincenzo Ar-
manna è un manager Eni che
vive in Nigeria. Risponde di-
rettamente al capo della com-
pagnia petrolifera nel Paese a-
fricano, Roberto Casula. Ha,
sopra di lui, l’allora capo E-
splorazioni, Claudio Descalzi,
e l’amministratore delegato,
Paolo Scaroni. “In Nigeria ero
u n’antenna per Eni, siamo
quattro o cinque al mondo a fa-
re questo lavoro”. Vede con i
suoi occhi le lunghe trattative
perOpl 245, un campo d’e-
splorazione che vale almeno 2
miliardi di dollari. Vede anche
che nelle trattative s’infila su-
bito un intermediario nigeria-
no, Emeka Obi, che pretende
200 milioni di dollaridi com-
missione. Rappresenta il go-
verno della Nigeria? No. Rap-
presenta l’ex ministro del pe-
trolio Dan Etete, il vero padro-
ne di Opl 245, che aveva con-
cesso il giacimento alla società
Malabu, cioè a se stesso? Nep-
pure. Prima sorpresa: Obi rap-
presenta gli italiani. Dan Etete

L’ACC USA

Un miliardo finito ai vertici

del governo africano,

a dirigenti Eni e mediatori

Poi è partito il “c o m p l o t to”

per far saltare l’inchiest a

Processo Opl 245L’ex manager Armanna ha confermato le accuse sulle mazzette dietro l’a ffa re

del giacimento nigeriano. Il colosso italiano lo considera un testimone screditato. Ecco tutta la storia

fa addirittura una scenata, a u-
na riunione, perché lui non ha
dato alcun mandato a Obi.
“Descalzi mi disse che Obi rap-
presentava Scaroni”, racconta
Armanna. Ed era stato scelto
da un grande amico di Scaroni,
Luigi Bisignani, ex P2 edex
tante altre cose. Forse Descal-
zi avrebbe fatto volentieri a
meno di Obi, ma non poteva e-
scluderlo dalla partita: perché
Scaroni era il capo; perché “a-
veva paura delle campagne di
stampa di Bisignani”; e perché
“temeva che poi Bisignani lo o-
stacolasse nella nomina a nu-
mero uno di Eni”(Descalzi di-
venta in effetti amministrato-
re delegato nel maggio 2014).
Armanna non infierisce su
Bisignani: “amico da molti an-
ni”. Ma ribadisce che Obi chie-
de 200 milioni “per gli italiani”
e che rappresenta Scaroni e
Descalzi. Poi non è chiaro su
comedovessero essere divisi
quei soldi. La mediazione di O-
bi poteva valere 5 o 10 milioni,
eppure Armanna dice che i

200 dovevano essere “tutti per
Obi, salvo una quota irrisoria
sui 20 milioni per Bisignani e
Di Nardo”, l’altro mediatore i-
taliano. Racconta che Bisigna-
ni gli ha chiesto di mandare u-
na nota su Obi a Scaroni. Fino-
ra aveva detto di non aver
scritto anche la cifra dei 200
milioni. In aula si corregge:
“Scrissi la cifra, ma a mano, in
matita, così poi Scaroni poteva
cancellarla”. Un modo per far
arrivare un’informazione de-
licata solo al capo.

DOPO MESI,la mediazione Obi
salta. Era davvero improponi-
bile dare 200 milioni a un in-
termediario che non aveva al-
cun mandato dal venditore (né
quello formale, Malabu, né
quello reale, Obi). Cambia lo
schema. Nuovo mediatore di-
venta Gianfranco Falcioni,
imprenditore italiano in affari
con Eni in Nigeria. E l’opera -
zione, prima apertamente in-
decente, diventa “safe sex”fat -
to “con il condom”, scrive l’E-
conomist già nel 2012: Eni nel
2011 paga 1,092 miliardi di dol-
lari su un escrow accountdi Jp-
Morgan a Londra su cui opera
il governo della Nigeria, che
poi provvede a distribuirliai
conti nigeriani di Malabu per
farli arrivare –secondo il pm
Fabio De Pasquale –a Dan E-
tete, al presidentedella Re-
pubblica Goodluck Jonathan,
ad altri politici nigeriani. Una

parte, conferma Armanna,
torna agli italiani di Eni. Glielo
racconta Victor, il potente ca-
po della sicurezza della villa
del presidente, il Quirinale ni-
geriano: 50 milioni in banco-
note da 100 dollari sono stipati
in due trolley e portati a casa di
Roberto Casula. Eni aveva
cantato vittoria quando, sei
mesi fa, fu interrogato in aula
Victor Nwafor, che disse di
non saperne niente e di non a-
ver mai visto né trolley, né Ar-
manna. Ma era il Victor sba-
gliato: era soltanto“un bo-
dyguard”. Il Victor giusto e le
sue rivelazioni, spiega Arman-
na, possono essere confermati
da un testimone, “un colonnel-
lo del Mossad”, e da Salvatore
Castilletti, un agente dell’Aise,
il servizio segreto italiano
dell’estero con cui Armanna a-
veva rapporti, per il suo lavoro
in Nigeria che aveva a che fare
anche con la sicurezza dei ma-
nager italiani e perché “m io
padre aveva contatti con l’al -
lora direttoredell’Aise Alber-
to Manenti”. Dai servizi italia-
ni, dice, “hoanche ricevuto
l’indicazione di quale dirigen-
te di una banca estera sarebbe
potuto essere sensibile alla ri-
cezione di lettere anonime”.
Sì, perché Armanna ne scrive
una al capo dellac omplia nce
della Bsi in Svizzera, a cui sta
per arrivare il malloppo da
Londra. Bsi blocca il maxibo-
nifico per sospetto riciclaggio

I mput at i
L’ad di Eni
Claudio De-
scalzi (sopra).
Qui, il prede-
cessore Paolo
S caroniLa Pre ss e

E nigate, così il grande accusatore

ha ricostruito la mega tangente

La storia
NIGERIA
CO N N ECT I O N
L’ad di Eni
Cl a u d i o
Descalzi e il
p re d e ce ss o re
Paolo Scaroni,
insieme
a diversi fra
attuali ed ex
manager del
gruppo, sono
a processo a
Milano per la
presunta maxi
t a n ge n te
da 1 miliardo
pagata dal
gruppo per
il giacimento
n i ge r i a n o
Opl 245


I voltiDa l l’al-
to: Armanna,
Granata, A-
mara, Casula
e Bisignani


Mercoledì 31 Luglio 2019 |IL FATTO QUOTIDIANO |Il Fatto Economico» 17

I dubbi degli espertiNel 1999 la compagnia aerea fu costretta a vendere Aeroporti di Roma per evitare intrecci

proibiti da una direttiva comunitaria. Che ora si ripetono con l’ingresso dei Benetton, padroni degli scali capitolini

At l a nt i a-A l it a l i a , il conflitto d’intere ssi

riesumato in barba alle norme Ue

»DANIELE MARTINI

F

u un divorzio imposto dall’E u r o-
pa e per buon senso. Venti anni fa
Alitalia fu costretta a vendere di
malavoglia la società Aeroporti
diRoma (AdR) alla famiglia Ro-
miti. Dopo un lungo giro si torna
al punto di partenza e le due a-
ziende vengono rimesse insieme
con una manovra che lascia di sa-
le gli esperti del trasporto aereo.
I quali sanno bene che essa cozza
in modo palese contro le regole
comunitarie risalenti al 1996 e
recepite dall’Italia nel 1999 che
proibiscono intrecci tra aziende
aeroportuali e compagnie aeree
per evidenti motivi di conflitto di
interessi. Basta riflettere su un
solo interrogativo per capire
quanto quelle disposizioni siano
giuste: può una società che si tro-
va a gestire uno
scalo e una com-
pagnia aerea
trattare tutte le
altre compagnie
come quella di
sua proprietà?
Il matrimonio
ora è a parti in-
vertite perché A-

litalia che alla fine del secolo pas-
sato era una florida azienda pub-
blica (proprietà Iri) è ora invece
con il cappello in mano a pietire
l’elemosina di AdR che nel frat-
tempo si è arricchitaparecchio.
Per due motivi. Primo: dai Romi-
ti è passata al gruppo Atlantia dei
Benetton, diventata una potenza

grazie alle concessioni ottenute
dallo Stato, i 3 mila e passa chi-
lometri di autostrade più la stes-
sa AdR (aeroporti di Ciampino e
Fiumicino). Secondo motivo: a
Natale 2012 il governo Monti
permise a Fiumicino di aumen-
tare di più del 10% le tariffe ae-
roportuali (pagate dai viaggiato-

ri con i biglietti aerei). Da quel
momento la società di gestione
dello scalo romano macina utili e
dà dividendi stellari ai soci, quasi
per intero i Benetton: 835 milioni
circa in 5 anni. È anche con questi
soldi che ora Atlantia, strattona-
ta dal governo nonostante il crol-
lo del ponte Morandi di Genova
di un anno fa, entra da protago-
nista nel capitale Alitalia insie-
me alla compagnia Usa Delta, al-
le Fs e al Tesoro. Gli ultimi due
dovrebbero avere la maggioran-
za, ma è escluso che possano sob-
barcarsi la gestione di Alitalia.
Che spetterà alla parte privata, i
Benetton. A fine corsa, quindi, è
probabile che AdR comandi su
Alitalia.

“T U T TO ciò che riguarda Alitalia
da un decennio è sconcertante”,
spiega Domenico Cempella,
l’amministratore di Alitalia che
vent’anni fa fu costretto a cedere
Aeroportidi Roma. Anche Ales-
sio Quaranta, riconfermato da
poco direttore dell’Enac (Ente
de ll ’aviazione civile), non na-
sconde che il problema ci sia an-
che se ritiene possa essere supe-
rabile con un incremento diat-

tenzione da parte delle istituzio-
ni di controllo, la stessa Enac e
l’Art (l’Autorità dei trasporti). U-
go Arrigo, l’economista consi-
gliere del ministro dei Trasporti,
Danilo Toninelli, avverte:“Non
credo che l’Europa non avrà nulla
da ridire”. Poispiega:“Qu andò
nel 1999 il governo D’Alema pri-
vatizzò Adr si premurò di vietare
alle compagnie aeree di acquisire
il controllo degli aeroporti e vi-
ceversa. Ora facciamofinta che
quelle regole non esistano più?”.
Arrigo si riferisce aldecreto
del 25 febbraio 1999 che vieta in-
trecci tra vettori e società aero-
portuali. Fu emanato dopo che il
15 ottobre di tre anni prima l’Eu -
ropa era intervenuta con una Di-
rettiva (numero 67) in cui vietava
alle compagnie aeree di control-
lare le società di handling(attività
aeroportuali a terra). La norma è
stata applicata a tutto campo per
impedire commistioni tra com-
pagnie e aeroporti. LaDirettiva
Ue fu recepita dall’Italia con un
decreto legislativo il 13 gennaio


  1. Tra i grandi aeroporti eu-
    ropei solo a Francoforte Lufthan-
    sa ha una piccola partecipazione
    dell’8,44%.


Da l l’Iri a oggi
Nel salvatag-
gio di Alitalia,
At l a nt i a
a f f i a nche rà
Delta, le Fs
e il Tesoro
Questi ultimi
due avranno
la maggioran-
za La Pre ss e

e rimanda indietro i soldi, poi
respinti anche da una banca li-
banese e infine girati in gran
parte (800 milioni) da JpMor-
gan su conti Malabu in Nige-
ria. Qualcosa arriva anche ad
Armanna: 1,2 milioni di dolla-
ri. Da lui spiegati prima come
“l’eredità del padre”, poi come
proventi di altri affari. In aula
ammette: “È vero, dichiarai u-
na cosa parzialmente vera”.

L’ARIA AL PROCESSOsi surri-
scalda quando l’accusa depo-
sita atti che vengono da un al-
tro procedimento(quello sul
cosiddetto complotto che l’av -
vocato esterno dell’Eni Piero
Amara avrebbe ordito insieme
ad Armanna, giocando di
sponda tra le Procure di Trani
e Siracusa, per depotenziare le
indagini dei magistrati mila-
nesi su Eni in Nigeria e in Al-
geria). Amara, arrestato nel
febbraio 2018 per corruzione,
cambiafronte e parla. In una
memoria sostiene che il nume-
ro due di Eni, Claudio Granata,
avrebbe fatto pressioni su Ar-
manna nel 2016 per fargli ri-
trattare le accuse di corruzio-
ne che aveva mosso a Descalzi
quando nel 2014 era andato al-
la Procura di Milano a raccon-
tare delle tangenti nigeriane.
Le difese s’indignano. Ma Ar-
manna conferma l’esis ten za
del “patto della Rinascente”
stretto nel 2016 dopo un paio
d’incontri con Granata nei
pressi del grande magazzino
milanese: “Granata, per conto
di Descalzi, mi hachiesto se
potevo fare una memoria in
cui eliminavo la corruzione in
relazione a Descalzi stesso.
Granata mi ha dato un foglio di
carta con su scritti alcuni punti
della memoria. E io li ho copia-
ti. Quindi la memoria in parte
l’ho scritta io e in parte, in par-

ticolare ai punti F1, F2 e F3, l’ho
trascritta. Questa memoria
l’ho depositata in Procura a
Milano il 26 maggio 2016. In
cambio, mi fu offerto il rientro
in Eni”. Armanna accetta il
patto.Cambia difensore, la-
sciando l’avvocato Luca Santa
Maria. Escrive la sua nuova
versione per laProcura, dopo
aver ricevuto indicazioni sui
tre punti da inserire attraverso
la app Wickr, i cui messaggi si

autodistruggono, da Gierre
(Granata) e Zorro69b (Ama-
ra). Obiettivo: “Minare i ver-
bali su Descalzi nei passi sulla
corruzione”.“Ne ho parlato in
due incontri anche con l’avvo -
cato Michele Bianco”, il capo
staff processi di Eni. Bianco è
presente in aula: “Ma cosa di-
ci?”, urla paonazzo, “Ma quan-
do? Ma dove?”. Eni smentisce
e querela: Armanna per diffa-
mazione e Amara per calun-
nia. La compagnia ripete di a-
ver versato i soldi per Opl 245
su un conto del governo nige-
riano e di non essere respon-
sabile dei successivi passaggi
del denaro. Poi, allaterza u-
dienza dell’interrogatorio di
Armanna, il 23 luglio, Eni sfo-
dera la sua “arma fine di mon-
do”: il difensore di Casula,
Giuseppe Fornari, dice di aver
rintracciato una annotazione

della polizia giudiziaria di To-
rino che contiene stralci della
registrazione di uncolloquio
del 26 luglio 2014 fra Armanna
e altre tre persone che, secon-
do le difese, proverebbe che le
dichiarazioni dell’ex manager
non sono genuine.

L’AVVOCATO DI ENI,N e ri o
Diodà, si unisce alla richiesta
di Fornari di metterea dispo-
sizione quella intercettazione.
Nel processo entra così una re-
gistrazione audio e video ac-
quisita agli atti dell’altro pro-
cedimento, quello sul cosid-
detto complotto: nel video, Ar-
manna(registrato a sua insa-
puta, probabilmente proprio
per usare quel video contro di
lui), riferendosi ad alcuni ma-
nager Eni dice ad Amara che:
“È meglio se li tolgono... per-
ché sono stati pesantemente
coinvolti nella (Opl) 245 e non
escluderei che arrivi un avviso
di garanzia... mi adopero per-
ché gli arrivi”. E ancora: su Eni
sta per arrivare “una valanga
di merda”. In realtà Eni già co-
nosceva quel video almeno dal
febbraio 2018 (quando la Pro-
cura di Milano depositò la tra-
scrizione per affrontare il rie-
same di Massimo Mantovani,
ex capo del settore legale di E-
ni indagato nelprocedimento
sul “complotto”). Ma solo ora

le difese –con mossa piùme-
diatica che processuale –sco -
prono che è la prova di un altro
complotto, ordito contro la
compagnia e i suoi manager,
che toglie ogni credibilità ad
Armanna. Il giorno dopo, 24
luglio, l’udienza è dedicata al
controinterrogatorio: è il mo-
mento in cui le difese potreb-
bero far entrare nel processo la
non attendibilità di Armanna.
Ma, a sorpresa, rinunciano a
fargli domande (con stupore
dei colleghi avvocati america-
ni di Shell). La mossa potrebbe
essere processualmente suici-
da, ma è mediaticamente effi-
cace: i giornali si concentrano
sul video e nonsul fatto che
l’altalenante Armanna infine
conferma le sue accuse: è il so-
lo pm Sergio Spadaro a“con -
trointerrogare”Armanna, do-
po la rinuncia indignatadelle
difese. E Armanna conferma e
spiega. Ammette di aver sba-
gliato, in “un momento di e-
motività”, la data del suo pri-
mo incontro con Amara. Spie-
ga che l’incontro intercettato
faceva parte della trattativa
cheAmara stava conducendo
con lui per fargli ritrattare le
sue accuse a Eni. Spiega che la
“valanga di merda”era riferita
alle informazioni sull’af fa re
nigerianoche in quel periodo
stava passando ad alcuni gior-
nalisti. Così Armanna conclu-
de la sua deposizione. Atten-
dibile? La sua credibilità è già
stata accertata in una sentenza
dalla giudice milanese Giusy
Barbara: è la “attendibilità fra-
z i o n at a ”dei pentiti di mafia,
per esempio, che possono aver
fatto le peggio cose ma sono
credibili quando le loro di-
chiarazioni sono confermate
da altri elementi di prova. Il
processo continua.
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LA LINEA DI DIFESA

Il gruppo non ha voluto

interrogare l’ex dirigente:

dice che un video (già

noto) prova che le sue

parole non sono genuine

8 ,4%

La quotadi Lufthansa

nell’Hub di Francoforte

L’unico caso in Europa

A f fa r i
m i l i a rd a r i
Il giacimento
Eni Xerox in
Nigeria e l’ex
m i n i st ro
del petrolio
Dan Etete
Ansa
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