Il Fatto Quotidiano - 31.07.2019

(sharon) #1

24 »ULTIMA PAGINA |IL FATTO QUOTIDIANO |Mercoledì 31 Luglio 2019


Dalla Prima

»MARCO TRAVAGLIO


C


osì come per i No alle depe-
nalizzazioni del peculato
per salvare quelli di Rimborso-
poli e dell’abuso d’ufficio per
salvare Fontana&C.. Il guaio è
che ne avrebbero dovuti dire di
più, di No. Per esempio: sul sal-
vataggio di Salvini dal processo
per sequestro di persona sulla
nave Diciotti, hanno pronun-
ciato un Sì che tradiva dieci anni
di battaglieper la legge uguale
per tutti. E i tradimenti si paga-
no, mentre le sconfitte politiche
anche cocenti –come quella, or-
mai probabile, sul Tav Tori-
no-Lione e quelle certe sul Tap
e sull’Ilva - si possono alla lunga
perdonare. Intendiamoci: non
tutti i No sono popolari solo per-
chè sacrosanti,anzi moltiNo
sacrosanti fanno perdere un
sacco di voti. Soprattutto in un
Paese senza memoria che non
pensa mai a come starebbe me-
glio se qualcuno, a suo tempo,
avesse detto No alla privatizza-
zione delle autostrade, al Mose,
ai mondiali di calcio di Italia 90,
alle Olimpiadi invernali di To-
rino 2006, ai Mondiali di Nuoto
di Roma 2009, all’Expo di Mi-
lano 2015 e a decine di grandi o-
pere e grandi eventi inutili e co-
stosi che hanno svuotato l’era -
rio e indebitato le metropoli
senza produrre un euro di va-
lore aggiunto. Infatti, se si faces-
se un sondaggio sugli illuminati
No di Monti e della Raggi alle
Olimpiadi di Roma 2020 e 2024,
la maggioranza sarebbe contra-
ria: la maggioranza, non da oggi,
vuole panem et circenses, salvo
poi strillare quando arrivail
conto delle tasse per ripagarli.
Ora Salvini, forte dei voti in-
cassati il 26 maggio, continua a
menarla col Partito dei Sì (la
Lega) contro il Partito dei No (il
M5S). E molti si bevono questa
favoletta per gonzi secondo cui
dire Sì beatamente e beota-
mente a tutto sarebbe un van-
taggio per i cittadini. Senza mai
domandarsi a che cosa si debba
dire Sì. Sì all’autonomia diffe-
renziata in versione secessio-
ne? Per carità. Sì a una flat tax
che taglia le tasseai ricchi, da
sempre mantenuti dai lavora-
tori dipendenti e pensionati del
fu ceto medio? Dio ce ne scam-
pi. A ben vedere, qualche Sì
conveniente per la collettività
ci sarebbe: il Sì definitivo alla
legge costituzionale che riduce
di un terzo i parlamentari (si
spera accompagnata da un ri-
tocco dei collegi del Rosatel-
lum, per evitare gli effetti iper-
maggioritari del combinato di-
sposto), il Sì alla norma che ta-
glia gli stipendi degli eletti più
pagati d’Europa, il Sì alla legge
contro la privatizzazione dei
servizi idrici e deglialtri beni
comuni, il Sì al salario minimo
(su cui ci scavalca persino da
frau Von der Leyen), il Sì a una
riforma della Rai che elimini
non il canone ma i partiti, il Sì a
una riforma che cacci la politica
dalle Asl e dagli ospedali. E –a g-
giungiamo noi - il Sì al carcere
per gli evasori con l’au mento
delle pene e la sparizione delle
vergognose soglie di non puni-
bilità per chi deruba il fisco. So-
notutte norme previste dal
Contratto di governo, a cui il se-
dicente Partito del Sì ha finore
detto No o Ni. Ma sono anche
norme di puro buonsenso ed e-
quità che dovrebbero campeg-
giare nei programmi di un cen-
trosinistra degno di questo no-
me. Che, se nei suoi 11 anni di
governo sugli ultimi 20, avesse
pronunciato i Sì e i No giusti,
non sarebbe scomparso dai ra-
dar.


C’


è qualcosa nella sconfitta che
parla a tutti, forse per la banale
ragione che perdere tocca a
chiunque, vinceresolo a qualcuno. E
allora, Jeremy Lin è un giocatore di ba-
sket americano di origini cinesi, ha
quasi 31 anni, una laurea ad Harvard e
calca i parquet Nba da un decennio.
Non è mai stato una star, eppure il suo
2012 ai non eccelsi New York Knicks fu
spettacolare precipitando la Grande
Mela per un paio di mesi nella “Linsa -
nity”, follia che ne ha fatto un giocatore
ben pagato (65 milioni in 10 anni) e

molto famoso. Daallora, anche
per via degli infortuni, la sua car-
riera è precipitata: gli ultimi sei me-
si li ha passati ai Toronto Raptors -
dunque, tecnicamente, ha vinto il titolo
Nba - ma giocando poco o nulla. Ora è in
giro in Asia per un tour promozionale,
ma il suo contratto è scaduto e nessuno
lo vuole. Qualche giorno fa a Taiwan,
davanti alle telecamere, Lin è scoppia-
to a piangere:“Dovevo essere pronto,
ma questo viaggio in Asia era l’ultima
cosa che volevo fare. Sapevo che avrei
dovuto piazzarmi un sorriso in faccia

per 6 settimane e parlare di una vit-
toria che non sento di aver gua-
dagnato. E poi avrei dovuto par-
lare del mio futuro, ma non so se l’a-
vrò. C’è un detto che dice ‘quando toc-
chi il fondo, puoi soltanto risalire’, ma
per me il fondo sembra non finire mai”.
Qual è la morale? Forse, à la Cioran, che
la sconfittaci fornisce una visione più
precisa di noi stessi? Che i calci in culo
fanno male ancheai ricchi e famosi?
Più probabilmente non c’è alcuna mo-
rale: è solo che nella sconfitta di chiun-
que percepiamo la nostra che arriva.

R I M AS U G L I


Breve apologo

sulla sconfitta:

il crollo asiatico

di Jeremy Lin

»MARCO PALOMBI

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