Libero - 01.08.2019

(Axel Boer) #1

BRUNA MAGI


■Viviamo immersi nella cultura del ve-
dere e del sentire: la società frenetica del-
le immagini ha privilegiato i sensi che
«mettono in primo piano la distanza an-
ziché la prossimità». Impresse sulla no-
stra retina miliardi di flash, altrettanti i
messaggi registrati nel nostro cervello at-
traverso l’udito. Sono i due sensi privile-
giati fra i cinque di cui godiamo, a segui-
re olfatto, gusto e tatto. La vista, in parti-
colare, ci consentirebbe di esercitare il
dominio sul prossimo, in questa società
dell’apparire e del consumismo che ne
deriva (sempre più belli, sempre più vin-
centi, sempre più furbi), calcolando ad
arte le distanze da prendere nei confron-
ti del prossimo: dove sta scritto tutto que-
sto? In un poderoso saggio divenuto un
classico, frutto dell’intesa fra due grandi
della filosofia francese: Toccare,
Jean-Luc Nancy,diJacques Derrida
(tradotto in italiano da Andrea Calzolari
perMarietti, pag. 408, euro 35). Derrida,
scomparso nel 2004
(mancò per un soffio il
Nobel per la letteratu-
ra) dedicò l’opera al
più giovane collega
Nancy in omaggio al
suo intuito per aver an-
ticipato una teoria che
sembra elementare,
ma oggi appare come
una controrivoluzione
nel nostro continuo
evolverci: per salvare il
futuro dei rapporti
umani, occorre accorciare le distanze
che ci separano, perché l’evoluzione tec-
nologica ha compiuto un autentico disa-
stro in questo senso, dirottandoci in mas-
sa sui social dove tutti vedono tutti, ma
non si toccano mai.
Ecco questa è la teoria elementare ma
rivoluzionaria enunciata da Derrida: bi-
sogna tornare a toccarsi, recuperare la
“prossimità” invece della distanza. Forse
non a caso è un segnale che l’arte della
cucina sia diventata oggi una forma di
comunicazione assai divulgata (nel suo
mixare con abilità la manipolazione del
cibo, il profumo delle vivande, il piacere
dei sapori, cioè tatto, olfatto e gusto)
mentre la letteratura e la musica, impli-
cando vista e udito, restano più “algide”.

COMUNICAZIONE NON VERBALE

Derrida invoca il “toccarsi” come for-
ma di comunicazione lieve, non violenta
(si potrebbe citare ad esempio, in questo
senso, il simulare guerre alla playstation,
molti bambini oggi credono che la realtà

virtuale sia la migliore tra le formule di
vita), ravvicinata e rassicurante, che ci
faccia costantemente ricordare quanto
sia fragile e degna di rispetto la carne
umana. Per arrivare a questo concetto
(che è anche quello della carezza cristia-
na) Derrida ci fa viaggiare nel tempo, par-
tendo dai filosofi greci, attraversa la mito-
logia, sonda l’unione fra lo spirito e il
corpo. Sostiene che colui che tocca è an-
che toccato. Va oltre l’immagine del toc-
carsi nel concetto erotico, e lo fa chia-
mando in causa un’altissima figura di ri-
ferimento, cita il verbo toccare anche a
proposito di Gesù Cristo, rilegge i Vange-
li: «Gli presentarono pure dei bambini,
perché li toccasse. Ma i discepoli, veden-
do ciò, sgridavano quelli che glieli pre-
sentavano. Gesù, però, chiamati a sé i
bambini, disse: “Lasciate che i bambini
vengano a me perché il regno di Dio è
proprio dei bambini”». Quindi Gesù non
è solamente toccante. Colui che tocca, è
anche il Toccato. Le sue teorie sono la
condizione della salvezza, «siccome ne
aveva guariti molti, tutti quelli che aveva-

no qualche male gli si pigiavano d’attor-
no per toccarlo».

GESTO DI FEDE

Eccolo l’invito di Derrida con
Jean-Luc Nancy, il toccare non è solo il
gesto in se stesso, ma diventa fede «signi-
ficata e testimoniata dal gesto stesso. E
tutto il popolo cercava di toccarlo, per-
ché usciva da lui una forza che guariva
tutti. E dappertutto dove Egli giungeva,
nei villaggi, nella campagne o nelle città,
posavano i malati e lo pregavano di la-
sciar toccare almeno il lembo della sua
veste, e tutti quelli che lo toccavano era-
no guariti». Di grandissima forza l’episo-
dio dedicato a Maria Maddalena, quan-
do essa gli bagna i piedi di lacrime, li
asciuga con i capelli, li bacia e li unge di
profumo. E non importa, a Gesù, che lei
sia una peccatrice. Non le negherà la spe-
ranza della salvezza. Ancora più forte
l’invito a Tommaso affinché tocchi l’orri-
da ferita nel costato e prenda atto della
realtà. Trascendendo l’altezza del Vange-
lo, prendiamo atto che nella nostra pic-
cola vita quotidiana, il gesto del toccare,
anche soltanto immaginato, simbolico,
può renderci migliori. Rivoltando la ge-
rarchie dei cinque sensi. Consigliato a
chi ama la filosofia, dai tempi di scuola
in avanti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

SERGIO DE BENEDETTI


■La scrittrice inglese Jennie Rooney è l’autrice
del libro “Red Joan”, in Italia apparso con il titolo
“La ragazza del Kgb”. Con lo stesso titolo inglese,
recentemente è uscito invece il film, diretto da
Trevor Nunn, adattato dallo sceneggiatore Lind-
say Shapero ed interpretato dalla grande attrice
inglese premio Oscar Judi Dench che, nella parte
giovanile, si è avvalsa di Sophie Cookson, 29 an-
ni, attrice anglosassone di buona levatura. Joan
(Giovanna la Rossa) nel film fa di cognome Stan-
ley ma nella realtà il libro e la pellicola si riferisco-
no a Melita Stedman Norwood, nata il 25 marzo
1912 a Bournemouth, nella Contea del Dorset.
Figlia di Alexander e Gertrude Sirnis, entrambi
iscritti al partito comunista britannico, Melita era
una brava studentessa ed ottenne un attestato in
fisica a Cambridge. Nel 1935 sposò Hilary Nus-
sbaum, di origine russa, che l’anno dopo modifi-
cherà il cognome in Norwood. A seguito di un
concorso per segretaria/dattilografa indetto dal-
la British Non-Ferrous Metal Research Associa-
tion, Melita nello stesso 1936 venne assunta. Dal
1937 e fino al 1972, anno
in cui andrà in pensione,
Melita fornirà notizie ri-
servate al NKVD, comita-
to di sicurezza sovietico,
dal 1954 denominato
KGB (Komitet Gosudarst-
vennij Bezopasnosti) ed
assumerà il nome in codi-
ce di “Hola”.
Tra le varie informazio-
ni, libro e film sono con-
cordi nel ritenere che Ho-
la possa aver fornito noti-
zie circa lo studio inglese
sulla bomba atomica de-
nominato genericamente “Tube Alloys” e tutto
questo sia avvenuto senza che i servizi segreti
inglesi avessero il minimo sospetto su di lei. Ma il
23 marzo 1992 la spia sovietica Vassili Nikitic Mi-
trokhin, deluso dall’idea socialista dopo la cadu-
ta del muro di Berlino nel novembre 1989, si pre-
sentò presso l’Ambasciata britannica di Riga, Let-
tonia, pronto a fornire informazioni riservate, ivi
compresa naturalmente la lista dei numerosi
agenti segreti in Occidente a disposizione di Mo-
sca. Il 7 novembre successivo, Mitrokhin, con la
sua famiglia e qualche baule di documenti al se-
guito, toccò il suolo di Londra. E venne fuori an-
che il nome di Melita, da tutti ritenuta una sem-
plice casalinga, vedova dal 1986, pensionata e
dedita costantemente al suo giardino nel Sou-
th-East di Londra.
I Servizi Segreti inglesi non perseguirono Meli-
ta in considerazione dell’età e della mancanza di
obiettivi riscontri ma tuttavia iniziarono a farle
visita con una certa insistenza fin quando l’11
settembre 1999 lei rilasciò la famosa dichiarazio-
ne in giardino nella quale, stupìta, dichiarava di
essere stata una spia per tanti anni a sua insapu-
ta! Nel 2014 tuttavia, a seguito di un minuzioso
controllo della ulteriore documentazione lascia-
ta da Mitrokhin dopo la sua morte avvenuta a
Londra nel 2004, gli Inglesi ebbero la certezza di
una attività illecita di Melita, già deceduta peral-
tro nella sua casa con giardino il 2 giugno 2005.
Non si sostiene dunque l’ipotesi di aver fornito
notizie ai Sovietici solo dopo lo sgancio delle
bombe di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto
1945) per raggiungere una parità di potenza vólta
ad evitare altri conflitti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Pillole di storia


La casalinga Melita


spia a sua insaputa


COME SAN TOMMASO


Il dipinto di Caravaggio
«L’Incredulità di san
Tommaso», (1600-1601).
A fianco il libro di Jacques
Deridda «Toccare, Jean-Luc
Nancy» edito da Marietti

IL SENSO PERDUTO


■Da Giacometti a LaChapelle, da Muna-
ri a Paladino, da Calder a Ontani, da Mc-
Carthy a Venturino Venturi, il burattino di
legno con le gambe e le braccia snodate,
l’abito rosso e il cappellino bianco, ha se-
gnato non solo l’immaginario collettivo
ma anche l’arte a tutto tondo. E proprio a
lui è dedicata «Enigma Pinocchio. Da Gia-
cometti a LaChapelle», la mostra che in au-
tunno verrà ospitata a Villa Bardini a Firen-
ze. Curata da Lucia Fiaschi, da un’idea del-
la stessa Fiaschi e Ambra Nepi, l’esposizio-

ne racconterà le mille sfaccettature
dell’enigmatica creatura di Collodi - anco-
ra una volta più contemporanea - che si
allontana sempre di più dalle sole pagina
dei libri ma che gli artisti, hanno spesso
eletto a protagonista del loro universo im-
maginario.
Protagonista dell’universo immaginario
di grandi artisti del Novecento, la sua figu-
ra, il mito e l’enigma nascosto in una delle
immagini più conosciute al grande pubbli-
co e l’importante ruolo che ha avuto all’in-

terno del panorama artistico del secolo ap-
pena trascorso saranno raccontati dalla
mostra. Pinocchio, le cui avventure e la cui
storia sono tra i racconti più conosciuti e
tradotti al mondo - reso interprete delle
inquietudini della contemporaneità dalle
migliori penne del Novecento - sarà illumi-
nato con l’esposizione a Villa Bardini facen-
do emergere il ruolo che ha avuto di sugge-
stionare l’arte novecentesca.
SUSANNA BARBERINI
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Siamo tutt’occhi e orecchie


E ci siamo scordati del tatto


Ripubblicato il saggio del filosofo Derrida che esorta a recuperare il piacere


di toccarsi per ridurre le distanze fisiche in un’epoca dominata da vista e udito


L’anticipazione


Così Pinocchio


ha rivoluzionato


l’arte del ’900


25
giovedì
1 agosto
2019

CULTURA

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