Il Sole 24 Ore Giovedì 1 Agosto 2019 25
nòva.tech
OLTREFRONTIERA
CYBERSECURITY
In Italia le violazioni costano
otto miliardi di dollari alle aziende
In Italia il costo medio annuo per azienda delle
violazioni della sicurezza informatica ha
raggiunto gli milioni di dollari ( milioni di
dollari per azienda a livello globale), con un
incremento del % nel (% a livello globale).
È quanto emerge dal nono studio annuale di
Accenture Security sui costi del cybercrime. La
ricerca, che ha coinvolto Paesi per un totale di
. responsabili security e IT intervistati. Il
numero medio annuo di security breach per
azienda è aumentato da a (+% in Italia
contro un +% a livello globale). Gli attacchi subiti
con maggior frequenza dalle aziende italiane,
sono rappresentati dal phishing e dal
ransomware. Si distinguono poi, si legge nel
report, per danni economici provocati anche i
malicious insider e i malicious code, che fanno
registrare rispettivamente perdite annue per
. dollari (+%) e . dollari (+%) per
azienda.
—L.Tre.
LOTTA AL CLIMATE CHANGE
La Bei pronta a tagliare i fondi
ai combustibili fossili
Lo scorso anno la Banca europea degli investimenti ha
finanziato qualcosa come , miliardi di euro di
progetti legati a combustibili fossili, siano essi
petrolio, gas o carbone. Sotto la pressione
dell’opinione pubblica - a giugno c’è stato un appello
di associazione e università - e della politica, alla luce
del rinnovato impegno alla sostenibilità della nuova
Commissione di Bruxelles, il braccio finanziario di
Bruxelles si starebbe preparando a tagliare i
finanziamenti alle fonti fossili. Stando a un
documento citato dal quotidiano britannico Guardian,
la Bei ha stilato un progetto per tagliare i
finanziamenti oltre la soglia del . Allo stesso
tempo l’organismo propone di istituire un fondo di
transizione energetica a supporto dei progetti dei
membri Ue mirati alla transizione verso un’economia
sostenibile. Tra i progetti finanziati dalla Bei c’è anche
il gasdotto Transadriatico. Sul banco degli imputati è
finita anche l’agenzia inglese Export Finance, accusata
di aver più che decuplicato i fondi a sostegno delle
fonti fossili, riducendo di concerto i finanziamenti a
favore delle rinnovabili. La Bei ha sottolineato che il
suo focus sugli investimenti a lungo termine comporta
un allineamento con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi
di riduzione delle emissioni.
—P.Sol.
Siri, Alexa & Co. Gli smart speaker sono ormai entrati nel % delle case, per il momento usate per applicazioni
semplici. Il futuro punta verso la verbalizzazione delle attività del cervello. E non siamo molto lontani
L’assistente darà parola al pensiero
Gianni Rusconi
U
na fotografia inedita,
unica o quasi nel suo
genere in Italia, sulla
diffusione degli
smart speaker. La ri-
cerca realizzata da
Celi, società di proprietà al % di
H-Farm (dal ) e attiva da diver-
si anni sul fronte delle tecnologie di
riconoscimento vocale per il mon-
do automotive, in collaborazione
con l’istituto di ricerca Kkienn, ci
dice in altre parole come e quanto
sia sviluppato il rapporto fra gli ita-
liani e i dispositivi intelligenti che
sanno riconoscere i comandi vocali
impartiti dall’utente e agire di con-
seguenza. Il dato forse più impor-
tante che emerge dall’indagine,
svolta nella seconda metà di giu-
gno, è che il % del panel online di
consumatori preso a campione
ha in casa uno smart speaker. Una
penetrazione già significativa, di-
cono gli autori dello studio, sullo
stesso livello dei gadget indossabili
e superiore a quello delle bici elet-
triche, per quanto ancora molto
lontana dalle percentuali di ado-
zione di smartphone e personal
computer (rispettivamente al %
e all’%) e di altri prodotti smart
come le tv (%) o cuffie wireless
(%). Ben delineato è il profilo del-
l’utente medio di questi prodotti, e
quindi persone fra e anni, be-
nestanti, in molti casi con in tasca
una laurea e dipendenti full time
presso aziende medio grandi. Le
applicazioni sono “basic”
Chi possiede un dispositivo
“parlante” lo utilizza una o più volte
al giorno nel % dei casi ed è anche
diffuso in modo rilevante l’uso
cross-device degli assistenti vocali,
con il % del campione che intera-
gisce con essi direttamente tramite
smartphone. Per il momento, ed è
una tendenza nota, le applicazioni
appoggiate ai maggiordomi virtuali
sono però molto semplici: in testa
alle richieste impartite a Siri, Alexa
o Google Assistant svettano la ri-
produzione di brani musicali (nel
% dei casi) e le previsioni meteo
(%) e sono altrettanto gettonate
l’ascolto delle Internet radio e la
notifica dei promemoria. Il control-
lo degli altri dispositivi connessi
presenti in casa è invece una prero-
gativa solo del % degli utenti
mentre solo il % del campione si
affida agli assistenti vocali per fare
acquisti online.
Ciò che emerge dall’indagine è in
definitiva un quadro in cui si evi-
denzia grande curiosità per questa
tecnologia, la certezza di ripeterne
l’acquisto (lo conferma un terzo de-
gli utenti), un livello di soddisfazio-
ne buono e la consapevolezza di
una qualità dello strumento che
può migliorare ulteriormente.
«Oggi siamo su un crinale, pronti
ad attraversare una frontiera: da
una parte abbiamo i sistemi per la
navigazione a menu con la voce,
dall’altra la tecnologia in grado di
soddisfare un bisogno. A fare da
ponte fra questi due mondi ci sono
strumenti, ormai consolidati e fun-
zionanti, di text-to-speech e speech-
to-text. La sfida da vincere è nota:
arrivare a soluzioni con compo-
nenti di semantica integrata in gra-
do di comprendere i comandi, con-
testualizzarli e interpretarne il si-
gnificato per poter rispondere al-
l’esigenza che esprimono».
L’analisi di Vittorio Di Tomaso,
presidente e Ceo di Celi, in sede di
presentazione della ricerca, traccia
una direzione ben precisa sui futuri
sviluppi delle interazioni uomo-
macchina attraverso la voce. Se le
prime tracce di applicazione della
tecnologia text-to-speech su un
computer risalgono al , con
l’Apple Macintosh, l’accelerazione
è arrivata in tempi più recenti, nel
, con i servizi di voice search sui
device mobili, nel con Google,
è proseguita con i comandi vocali di
Siri per iPhone e iPad (nel ) per
arrivare alle interazioni con gli ap-
parecchi connessi introdotte nel
da Amazon, con Alexa.
La verbalizzazione del pensiero
rapresenta il prossimo traguardo.
Lo scenario di riferimento per ana-
lizzare l’impatto potenziale dell’in-
telligenza artificiale applicata agli
assistenti virtuali, secondo Di To-
maso, è rappresentato da tre uni-
versi: i due miliardi di smartphone
oggi dotati di tecnologie vocali (di
questi circa un miliardo hanno a
bordo Google Assistant, e quindi
tutta la galassia di terminali An-
droid, e milioni Siri), le auto
connesse (l’automobile è, dopo il
telefono, l’ambiente dove i consu-
matori usano più spesso interfacce
vocali) e i circa milioni di smart
speaker installati nelle case di tutto
il mondo. Se l’industria automotive
è partita prima nel fare proprie que-
ste tecnologie, è emblematico come
- a detta del manager di Celi – le
grandi aziende tech abbiano pro-
gressivamente accelerato per farne
un punto di forza delle rispettive
strategie di sviluppo.
«Language is the new interface»,
ebbe a dire nel il numero uno
di Microsoft, Satya Nadella, una di-
chiarazione di intenti che si riflette
nelle parole pronunciate dal noto
futurista Ray Kurzweil in occasione
della Ted Conference , secondo
cui il linguaggio naturale è il “Santo
Graal” dell’intelligenza artificiale.
Gli sforzi delle aziende che operano
in questo settore convergono non a
caso nel costruire sistemi di voice
recognition che possano rendere
l’interazione vocale riconoscibile e
personalizzabile. L’orizzonte di
questa tecnologia, come conferma
Di Tomaso, è insomma quello di af-
fidare alla macchina la verbalizza-
zione del pensiero, e per questo si
tenderà a sviluppare e realizzare di-
spositivi in grado di equivalere in
tutto e per tutto (o quasi) il compor-
tamento del cervello umano.
A quando questo ulteriore strap-
po nel processo di rivoluzione se-
gnato dall’AI? Non troppo lontano.
Nel , secondo le ultime predi-
zioni della società di ricerca Idc, il
% delle imprese di classe enter-
prise su scala mondiale utilizzerà
tecnologie vocali conversazionali
per attività di customer engagement.
Ed è una percentuale destinata a
crescere in maniera esponenziale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Assistenti virtuali
La «guerra della voce» si gioca
sulla piattaforma (da riempire)
Mauro Del Rio
È
in atto una “voice war”. A
combatterla i due giganti del
settore assistenti vocali, Ama-
zon e Google, con le loro piat-
taforme Alexa e Google Assistant e i
rispettivi device, Amazon Echo e Go-
ogle Home. Il campo di battaglia sono
le nostre case, ma presto si sposterà
anche nelle automobili, nelle camere
d’albergo, per strada: ovunque ci sia
una copertura Wi-fi, in pratica. Ama-
zon, che è la prima a essere scesa in
campo (Echo è uscito nel novembre
), ha più di mila dipendenti
dedicati allo sviluppo e al marketing
di Alexa e a oggi ha venduto un nu-
mero stimato in milioni di unità
del proprio device. Google è legger-
mente in ritardo (la prima versione di
Google Assistant è del maggio ),
ma sta velocemente recuperando,
anche forte del fatto di avere il sof-
tware installato di default su ogni te-
lefonino Android (circa un miliardo
su tutto il pianeta).
Nel prossimo futuro, altri giocato-
ri sono destinati ad aggiungersi alla
partita. Di sicuro Samsung, che ha
iniziato la sperimentazione con il
proprio assistente virtuale “Bixby”
nell’aprile ; probabilmente Bai-
du e Huawei (già attivi sul mercato
domestico cinese), poi Microsoft
(Cortana è operativo dall’aprile ).
Oltre naturalmente all’incognita Ap-
ple, che potrebbe decidere di riporta-
re in carreggiata Siri: la vera Cene-
rentola dei voice assistant, quella che
pur avendo battuto tutti sul tempo –
la prima release è del – non ha
mai fatto il decisivo salto in avanti.
In questa fase la sfida è in gran
parte tecnologica, ma riguarda anche
il marketing: per Amazon e Google
ogni ricorrenza sul calendario, vera
(Natale) o creata ad hoc (Black Fri-
day, Prime Day), è buona per ribassa-
re i prezzi dei propri device, già nor-
malmente venduti praticamente a
prezzo di costo, e presidiare così
un’altra stanza nelle nostre case.
Senza risparmiarsi nemmeno l’occa-
sionale gesto eclatante: a maggio, ad
esempio, Google ha regalato un Goo-
gle Mini a ciascuno dei . spetta-
tori presenti all’Oracle Arena di Oak-
land, per la finale della Nba di basket.
Ma cosa rende questa guerra così
importante? Il fatto che la somma di
una serie di evoluzioni e perfeziona-
menti nel campo dell’intelligenza ar-
tificiale e del machine learning – dal
“voice recognition” alla sintesi text-to-
speech (testo scritto trasformato au-
tomaticamente in parlato) – hanno
reso possibile una nuova interfaccia
utente basata unicamente sulla voce,
che a sua volta si è sviluppata diven-
tando una nuova piattaforma. Que-
sta piattaforma, con i suoi molti svi-
luppatori e i suoi (potenzialmente)
moltissimi utenti, è la vera ragione
della “voice war”. Lo scenario, se vo-
gliamo, è simile a quello cui ci si è tro-
vati di fronte negli anni ’ con Inter-
net e nei primi con gli smar-
tphone. Con la sostanziale differenza
che lì l’interazione era mediata dal
click del mouse o dal touch del dito,
mentre qui è una pura invocazione:
quindi incredibilmente più naturale,
immediata e ubiqua.
La voce è ubiqua come ubiqua è la
copertura Wi-fi, ovvero tutto ciò che
serve ai voice assistant per funziona-
re. E come saranno ubiqui, nel pros-
simo futuro, i punti di accesso: smart
speaker in casa, in ufficio e in hotel,
cellulari, cruscotto dell’auto, passan-
do poi per tv, cuffiette intelligenti,
consolle di gaming, elettrodomesti-
ci... Ma per vincere la “voice war” non
basta dotarsi di un’interfaccia utente:
bisogna “essere piattaforma”. Ovve-
ro, aprirsi alla terze parti, integrare
applicazioni (le skill di Alexa e le ac-
tion di Google) prodotte da altri, che
popolino il proprio universo. Questo
punto spiega sia l’arretratezza di Siri
(totalmente chiusa alle terze parti),
sia il successo di Alexa, in cui Amazon
ha visto anche l’occasione di poter in-
staurare, per la prima volta, un rap-
porto con i consumatori non mediato
dai megarivali di sempre, Google, Fa-
cebook ed Apple. Per i quali, e in par-
ticolare per Google, la battaglia è in-
vece tutta focalizzata sul non perdere
la propria posizione dominante di
controllo. In questo senso, è corretto
dire che Amazon sta giocando in at-
tacco, e Google in difesa. Un primo
risultato, intanto, questa guerra l’ha
già prodotto: a oggi, un terzo delle
famiglie Usa ha un device/assistente
vocale in casa.
C’è infine un altro aspetto che ren-
de l’attuale scenario simile al web del
: il fatto che, lato utente, i voice
assistant siano ancora un po’ nerd e
“legnosi”, proprio come certi basici e
ingenui siti internet delle origini. E,
soprattutto, la constatazione che, al
momento, “lì dentro” non ci sia mol-
to da fare. Esaurito il repertorio delle
interazioni base («Alexa, raccontami
una barzelletta»), quello che rimane
sono “repurpose” di altri media (ad
esempio l‘audio del telegiornale) e
tristi colate di text-to-speech grezzo e
molto poco sexy. Siamo, insomma, di
fronte a una nuova media platform
dalle enormi potenzialità, che però al
momento è semi-disabitata. Il che
vuol dire che aspetta soltanto di esse-
re riempita di contenuti adatti, speci-
fici, attuali.
Founder di Solo
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Come l’Internet
delle origini
e gli smartphone:
bisogna aprirsi a
terzi per i contenuti
Valori in %, risposte plurime su un campione di 710 persone
Mettere la musica
Chiedere le previsioni
Chiedere l’ora
Mettere la sveglia
Ascoltare la radio
Chiedere notizie di attualità
Ricevere promemoria
Timer e cronometro
Chidere informazioni di varia natura
Mandare messaggi o chiamare qualcuno
Chiedere ricette di cucina
Controllare dispositivi smart connessi
Fare la lista della spesa
Aiutarmi a fare i calcoli
Riprodurre suoni della natura
Giocare
Informazioni su tragitti e spostamenti
Leggere libri o storie
Chiedere l’oroscopo
Fare acquisti
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16
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12
12
Fonte: Celi-H-Farm, Kkienn
Funzionalità di base (per ora)
Scrivere con gli
occhi. Facebook
sta lavorando su
smart glasses per
permettere alle
persone di
scrivere
traducendo i
segnali del
cervello. Dopo
due anni di
sperimentazioni
il social media ha
detto che
l’obiettivo
fantascientifico
potrebbe essere a
portata di mano