la Repubblica - 06.08.2019

(Rick Simeone) #1
«Ci sono sogni destinati a essere realizzati “in solitaria”, nella vita così
come nell’alpinismo». Voleva vincere nella vita, nello sport e
soprattutto contro se stessa Valentina Mora, 28 anni di San Maurizio
D’Opaglio, nel Novarese, precipitata sabato scorso sulle Alpi
Pennine. E a chi la invitava a stare attenta, solo due settimane fa
rispondeva sui social: «La vita va vissuta al 100% senza risparmiarsi. Se
in futuro mi si presenterà il conto sarò comunque felice di aver fatto
tutto ciò che desideravo. Senza rimpianti». Amava la montagna,
quella passione tramandata da papà Edoardo. Ma voleva viverla da
sola, così un mese fa era partita per «accarezzare con lo sguardo il
Monte Rosa» e aveva festeggiato con il suo grande sorriso, e in
solitaria sabato era partita per il pizzo Andolla, in Val d’Ossola. Aveva
chiesto alla sua famiglia di non allarmarsi, almeno fino a domenica
sera. Sabato i genitori sono partiti lo stesso per raggiungerla e hanno
ritrovato l’auto nel parcheggio. Lei non c’era: il corpo è stato
ritrovato all’alba dai tecnici del soccorso alpino e della guardia di
finanza. cristina palazzo

La scienza per


arrestare il


cambiamento


climatico c’è, ora


studiamo la


tecnologia per


catturare la CO


La 28enne morta sulle Alpi


Il testamento di Valentina su Facebook: “La vita va vissuta al 100%”


l’esperto
Peter
Wadhams, 71
anni

f


di Luca Fraioli

«Ho visto cose che voi non vedrete
più». Peter Wadhams sembra para-
frasare l’androide di Blade Runner.
Non ha viaggiato tra galassie e co-
stellazioni, eppure è testimone di
un altro mondo, con i poli ricoperti
di un ghiaccio che sembrava peren-
ne. Un pianeta Terra che solo qua-
rant’anni fa appariva molto diver-
so da quello di questa calda estate
del 2019. «Sono tornato l’altro ieri
dalla Groenlandia: è impressionan-
te. Il ghiaccio si scioglie così veloce-
mente da generare fiumi che scava-
no canyon e danno vita a cascate
come quelle del Niagara».
Wadhams è tra i massimi esperti
di ghiacci artici. Professore di fisi-
ca oceanica all’Università di Cam-
bridge, ha partecipato a oltre 40
spedizioni al Polo Nord. Ha naviga-
to sotto la calotta artica a bordo di
sommergibili militari, raccoglien-
do dati che già negli anni Ottanta
dimostravano un consistente assot-
tigliamento dello strato di ghiaccio
che ricopre l’Artico. Poi la crisi cli-
matica è precipitata e nel 2016 ne
ha raccontato gli effetti in Addio ai
ghiacci (Bollati Boringhieri). Nei
giorni scorsi si è congedato anche
dalla coltre bianca che ricopriva la
Groenlandia.
Professore cosa ha visto?
«Sono stato sulla calotta di ghiaccio
e ho potuto constatare che le
condizioni sono davvero molto
diverse rispetto a quelle che avevo
osservato l’ultima volta che c’ero
stato, nel 2014. Lo scioglimento ha
subito una brusca accelerazione. La
settimana scorsa misurazioni da
satellite hanno rivelato che si sta
sciogliendo il 57% della calotta, una
percentuale impressionante. E
quello che ho visto sul terreno
conferma quei dati: fiumi impetuosi
e grandi distese di ghiaccio nero. Ci
ho camminato sopra: è lo sporco
che si è depositato per secoli, fiocco
di neve dopo fiocco di neve. Ora con
lo scioglimento dei ghiacci lo sporco
diventa più concentrato e rischia di
peggiorare la situazione, perché il
ghiaccio nero assorbe ancora più
calore».
Quante volte è stato in
Groenlandia nella sua carriera di
scienziato?
«Sei. E in ogni occasione ho visto

cambiamenti dovuti al
riscaldamento globale. Ma quello a
cui assistito pochi giorni fa è senza
precedenti. Ormai è un continuo
susseguirsi di record: nei giorni in
cui ero lì ci sono state temperature
di 21 gradi, una cosa incredibile. E
nel solo mese di luglio si sono sciolte
in mare 200 miliardi di tonnellate di
ghiaccio».
Perché dobbiamo temere un
Groenlandia verde, come
l’avevano immaginata i primi
coloni vichinghi?
«Perché dallo scioglimento dei suoi
ghiacci dipenderà l’innalzamento
dei mari di tutto il Pianeta. Ormai i
ghiacciai delle grandi montagne
sono molto ridotti e il loro definitivo
scioglimento non darà un grande
contributo all’innalzamento dei
mari. La Groenlandia, invece, è
ancora una grande serbatoio di
ghiaccio e sarà la principale causa di
innalzamento dei mari, con grandi

problemi per le città costiere, a
cominciare da Venezia».
Stiamo assistendo a un processo
inarrestabile?
«No, penso si possa fare qualcosa.
Per esempio studiare e sviluppare
tecniche per eliminare la CO
dall’atmosfera. Credo che sia un
grande errore concentrare tutti gli
sforzi nella riduzione delle
emissioni di anidride carbonica.
Certo, aiuterà a rallentare il
riscaldamento globale, ma non lo
fermerà. Perché la CO2 che
abbiamo emesso negli ultimi 200
anni resta lì e continuerà a
produrre l’innalzamento delle
temperature. Dunque continuerà
lo scioglimento dei ghiacci,
l’innalzamento dei mari,
l’alterazione delle correnti
oceaniche. L’unico modo che
abbiamo per fermare tutto questo
è catturare l’anidride carbonica e
toglierla dall’atmosfera. Molti

scienziati stanno studiando
soluzioni di questo tipo. Io stesso
sto partendo alla volta della
California per prendere parte ai
lavori della Climate Restoration
Foundation, che ha proprio questo
obiettivo. Che è poi è lo stesso del
Center for Climate Repair che sta
sorgendo a Cambridge».
Ma come si fa a eliminare la CO
dall’atmosfera?
«Ci sono molti modi. Quello che
sembra funzionare meglio è usare
sostanze chimiche che reagiscono
con la CO2, la catturano e la
trasformano in qualcos’altro, per
esempio sabbia da usare
nell’edilizia o combustibili. In
America un gruppo di ricercatori
usa l’energia solare per ricavare
l’idrogeno dall’acqua. Poi fanno
reagire l’idrogeno con la CO
catturata dall’atmosfera e
ottengono un combustibile che
potrebbe sostituire quelli fossili,
evitando così l’emissione di nuova
anidride carbonica. Ci sono
impianti di questo tipo anche in
Canada e Islanda. Insomma, le basi
scientifiche ci sono, ora bisogna
sviluppare la tecnologia in modo
che sia conveniente dal punto di
vista economico. Questa è la vera
sfida oggi: se la vinciamo possiamo
risolvere il problema del
riscaldamento globale».
È un risultato alla portata di
questa generazione?
«Penso proprio di sì. Si pensi
all’energia solare: pochi anni fa era
poco più di un gioco, tuttalpiù ci si
alimentavano le calcolatrici
tascabili. Oggi è una voce
fondamentale nella produzione
energetica mondiale».
Da settembre a dicembre terrà
un corso al Politecnico di Torino.
Nelle sue lezioni parlerà anche dei
ghiacci della Groenlandia?
«Certo, sarà un capitolo importante
del mio corso. E l’anno prossimo mi
piacerebbe portare i miei studenti
italiani sulla calotta glaciale perché
possano constatare con i loro occhi
quello che sta succedendo».
Nessuno di loro, però, potrà
vedere il Polo Nord come lo ha
conosciuto lei all’inizio della sua
carriera.
«Già, ormai è un mondo
completamente diverso rispetto a
quello che ho visto io quarant’anni
fa».

L’intervista


Wadhams “Ho visto


ghiacciai diventare cascate


Salviamo la Groenlandia”


g


CASPAR HAARLOEV/ AP

kLa scalata
Valentina Mora, 28 anni, durante
una scalata

Artico
L’acqua che si
genera dallo
scioglimento
del ghiacciaio
nel fiordo vicino
a Kangerlussaq
(Groenlandia
occidentale)

. Martedì, 6 agosto 2019 Cronaca pagina^17

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