la Repubblica - 06.08.2019

(Rick Simeone) #1
Da qualche tempo i riferimenti al “buon
padre” di famiglia e a quali comportamenti
ci dovremmo attendere da questo ruolo
sembrano moltiplicarsi.
Colpiscono in particolare i riferimenti al
fatto che certe marachelle fatte nel nome
dei figli (quando non sono addirittura veri
e propri abusi) sarebbero meno gravi se
giustificati con l’amore di babbo.
Il “buon padre” insomma sbaglia, ma cosa
si può dire ad un papà che combina guai
per amore del figlio? Magari, quando
troppo assente, tenta goffamente di
riconquistarne l’affetto abbandonandosi a
qualche smargiassata?
Quando parla dei figli, siano essi due, tre o
sessanta milioni, ne parla poi come di
persone che passivamente accettano l’esito
delle proprie decisioni, quasi non avessero
una propria autonomia e capacità di
discernimento indipendente.
I riferimenti si sprecano anche quando si
parla del ruolo del padre come protettore
del “sacro” nume famigliare.
In quel caso il “buon padre” si fa arcigno,
prepara lo sguardo cattivo e come per
esorcizzare la propria codardia, tuona con
la bava alla bocca che tutti stiano lontani
dal proprio giardino di casa, che nessuno si
azzardi neppure ad avvicinarsi. E se al
giardino di casa si avvicinano persone in

difficoltà, intima loro di andare da qualche
altra parte o di starsene piuttosto a casa
propria!
Ecco, io a quei papà vorrei dire che non
sono proprio d’accordo. Fare il papà è
incredibilmente difficile. A volte si avverte
il senso di colpa per le troppe assenze,
l’inadeguatezza delle proprie risposte,
l’incapacità di fornire l’esempio altissimo
che si vorrebbe, però il buon padre prova a
dare il meglio di sé, facendo i conti con le
proprie debolezze. Per questo un bravo
papà chiede scusa se ha fatto una
stupidaggine (e di certo se ne fanno
continuamente) e lo fa anzitutto perché è
un buon insegnamento per i propri figli.
Interagisce con i figli con rispetto e si fa
mettere in discussione dalle loro domande.
E soprattutto, quando trova persone in
difficoltà, proprio davanti al proprio
cortile, non si trincera dentro casa,
impaurito e con le tapparelle abbassate,
ma si rimbocca le maniche e prova come
può a dare una mano, perché un buon
padre di famiglia sa che formare i propri
figli significa anzitutto insegnar loro ad
amare.
Chiedo perciò a coloro che si dicono “buoni
padri” di parlare per sé stessi. Io ce la sto
mettendo tutta per non essere come loro.
Daniele Panzeri, un papà

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La sanità funziona


e io mi stupisco


Tina Lepri
Roma

Per un dolore acuto e
improvviso raggiungo il
pronto soccorso più vicino, il
presidio ospedaliero
Casentino, a Bibbiena,
provincia di Arezzo. Poca
attesa, personale gentile e
professionale in un ambiente
pulito. Breve colloquio, poi
una batteria di esami con
diversi specialisti. Quindi:
prelievo del sangue, poi
elettrocardiogramma,
radiografia dettagliata di
buona parte del corpo,
accurata ecografia .Un vero
check up. Vengo dimessa con
cartella clinica completa e,
sorpresa, è tutto gratis.
Dunque si può far funzionare
il sistema sanitario. Qui non
costa niente ma forse sarebbe
meglio far pagare qualcosa
per mantenere questa
eccellenza in tutto il Paese
dove spesso i pronto soccorso
sono al collasso.

Se Marilyn Monroe


siamo noi


Romolo Ricapito
Bari

In tv ho visto ricordare
Marilyn Monroe: sono passati
57 anni dalla morte. Della diva
si è detto «incapacità di stare

al mondo». È certo che questa
star si è affermata ed è ancora
ricordata per la sua unicità:
bella e con una personalità,
che non è stata ben capita. La
drammatica fine di Marilyn
ha consegnato quest’attrice
all’eternità perché il suo
andare via precocemente ha
aperto una finestra su un
mondo dorato spesso
sopravvalutato per la troppa
importanza data al denaro e
all’immagine pubblica. Non si
considera l’essere umano nelle
sue debolezze, che a volte sono
proprio le caratteristiche atte
a rendere un artista degno di
questo nome con il riprodurre
sentimenti e malinconie che
appartengono a tutti.

Quei contratti


mai chiesti


Giorgio Avalle

Trovo sul mio vecchio
cellulare (Tim) un messaggio
che mi informa che mi è stato
attribuito unilateralmente un
“contratto” per la fornitura
del programma Kangaroo al
costo settimanale di 4,99 euro.
Inutile dire che questo
contratto non è stato da me
richiesto. Bontà loro, mi è
stato lasciato un numero
telefonico per disdire nel caso
non fossi stato d’accordo.
Come è possibile che un
fornitore decida
unilaterlmente di affibbiarti
un servizio telefonico?
L’autorità garante conosce

questi incredibili abusi? E se li
conosce, perchè li permette?

Lo spopolamento


negli uffici pubblici


Riccardo Fornengo

È partito l’allarme per lo
spopolamento degli uffici
pubblici dovuto a quota 100 a
cui molti lavoratori hanno
deciso di aderire. Trovo però
sbagliato indicare quota 100
come la causa di questo
spopolamento, semmai è
l’effetto. È l’effetto di una
insignificante volontà messa
in atto dai politici per dar
seguito in modo incosciente
alle richieste che da almeno
quarant’anni i cosiddetti
poteri forti hanno portato
avanti per demolire lo Stato
sociale in tutte le sue forme. La
richiesta più pressante e
ripetuta era la diminuzione
dei dipendenti della Pubblica
Amministrazione indicando
nel loro numero la causa dei
deficit amministrativi che
assillavano i conti pubblici.
Nel fare questo, però,
innanzitutto ci si dimenticava
che lo Stato sociale andava
avanti grazie all’impegno
della maggior parte dei
lavoratori di questo
comparto. Ora si lanciano
allarmi su allarmi, e si chiede
a chi ne ha diritto di
procrastinare o di rinunciare
ad un diritto anteponendo
«l’interesse nazionale» agli
interessi personali.

CAPOREDATTORI CENTRALE:
Valentina Desalvo (responsabile)
Stefania Aloia (vicario)
Alessio Balbi, Andrea Iannuzzi,
Laura Pertici
GEDI
Gruppo Editoriale S.p.A.
PRESIDENTE ONORARIO:
Carlo De Benedetti

CONSIGLIO
DI AMMINISTRAZIONE
PRESIDENTE:
Marco De Benedetti
VICE PRESIDENTI: John Elkann,
Monica Mondardini
AMMINISTRATORE DELEGATO:
Laura Cioli
CONSIGLIERI: Agar Brugiavini,
Giacaranda Maria Caracciolo di
Melito Falck, Elena Ciallie,
Alberto Clò,

Rodolfo De Benedetti, Francesco
Dini, Silvia Merlo, Elisabetta
Oliveri, Luca Paravicini Crespi,
Carlo Perrone, Michael Zaoui
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PRODUZIONE
E SISTEMI INFORMATICI:
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RELAZIONI ESTERNE:
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La tiratura de “la Repubblica”
di lunedì 5 agosto 2019
è stata di 227.150 copie
Codice ISSN online 2499-0817

«S


ono un insegnante di
lettere presso la scuola
media “Carducci-Trezza” di
Cava de’ Tirreni. Qualche mese
fa, la preside, Filomena Adinolfi,
mi ha fatto leggere una mail
arrivata a scuola. Un mio ex
alunno cercava, dopo 26 anni, un
contatto con me. Sono rimasto
sorpreso. In effetti in quegli anni
insegnavo a Torre del Greco,
nella scuola media “Domenico
Morelli”, ed ero un giovane prof,
pieno di passione e belle
speranze. Dello studente,
Salvatore, ricordavo poco, se
non che fosse un ragazzino
timido e volenteroso. Mi sono
messo in contatto con lui e gli ho
chiesto di ravvivarmi la
memoria, di dirmi ad esempio
chi fossero gli altri insegnanti e
cosa ricordasse di me e delle mie
lezioni. Mi è giunta una mail
sorprendente. “Eravamo nel
plesso Nautico, sezione A,
capisco che non si ricordi. Io la
ricordo con affetto e, ci creda o
no, se amo leggere e mi diletto a
scrivere poesie e storie è perché
lei mi ha mostrato come
ascoltare la musa. Aveva davanti
un ragazzino volenteroso che
poi ha scoperto di essere
dislessico, che veniva da un
ambiente familiare dove la
madrelingua era il dialetto
torrese, facevo del mio meglio
con le possibilità che avevo, ma
in lei ho trovato qualcuno che mi
apprezzasse oltre le mie lacune.

Oggi sono uno psicologo, mi sto
laureando in Scienze della
formazione primaria, sono
sposato e ho un figlio di tre anni.
Sono assistente educativo
culturale a Roma e seguo ragazzi
disabili alle elementari e alle
medie. Volevo dirle grazie, se
non l’avessi incontrata a
quest’ora sarei un marittimo non
felice della sua vita”. Volevo
condividerla, non per vanità, ma
perché essa è la dimostrazione
che i ragazzi, con l’impegno, la
curiosità e il desiderio inesausto
di conoscere, possono
raggiungere traguardi notevoli e
importanti. Ed è anche la prova
che noi insegnanti, col nostro
lavoro, bellissimo, complesso e
sottovalutato da una classe
politica che attribuisce sempre
meno importanza all’istruzione,
riusciamo a volte, e per vie
misteriose, a toccare il cuore di
qualche allievo, facendo
emergere in lui un mondo
nuovo, più intenso e più
profondo. Con quei ragazzi
realizzammo anche un libro di
poesie che ho ritrovato cercando
la foto della classe di Salvatore».

Voi che vi dite “buoni padri”


non parlate a nome mio


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di Concita De Gregorio

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. Martedì, 6 agosto 2019 Commenti pagina^29

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