Il Sole 24 Ore - 07.08.2019

(Dana P.) #1

2 Mercoledì 7 Agosto 2019 Il Sole 24 Ore


Primo Piano


LE IMPRESE


Qualità e nuovi mercati


la ricetta italiana anticrisi


Micaela Cappellini


Il primo assioma del commercio in-


ternazionale è che, dalle guerre com-
merciali, i Paesi esportatori non gua-

dagnano mai. Ecco perché l’escala-


tion tra Usa e Cina danneggia tutti,
anche l’Italia. La Sace lo dice chiaro:

la guerra dei dazi costerà alle espor-


tazioni italiane quasi un punto di
crescita. L’export italiano di beni do-

veva aumentare del ,% quest’anno,


e invece crescerà solo del ,. Come
ci si salva? La ricetta, secondo le no-

stre imprese, è una sola: esportando


specializzazione e qualità. Perché
solo con i prodotti di fascia alta l’au-

mento dei prezzi dovuto ai dazi di-


venta ininfluente. E su questo con-
cordano tutti, dal sistema della moda

alla meccanica strumentale. Dalla


ceramica al comparto alimentare.
«Lo abbiamo già capito l’anno

scorso con i dazi sull’acciaio - sostie-


ne il presidente di Federmeccanica,
Alberto Dal Poz - se le esportazioni

italiane non hanno subito particola-


ri contraccolpi, è perché il made in
Italy si posiziona in una fascia di

prodotto elevata, caratterizzata da
grande specializzazione e tecnolo-

gia». Detto questo, aggiunge Dal


Poz, «è ormai un anno e mezzo che
il tema dei dazi contribuisce a di-

sturbare la stabilità dei mercati, in-


sieme alla lotta ai motori inquinanti,
alle tensioni valutarie in Sudameri-

ca e in Turchia o alla Brexit. Veniamo


da  mesi di calo delle esportazioni,
che nel caso dell’auto hanno rag-

giunto -%: se non avessimo dimi-


nuito anche le importazioni, non
avremmo una crescita del comparto

meccanico dello ,%, avremmo un


andamento negativo».
Gli fa eco il direttore generale di

Sistema Moda Italia, Gianfranco Di
Natale: «È chiaro che una guerra

mondiale dei dazi toccherà inevita-


bilmente anche noi, ma i prodotti
italiani sono ad alto valore aggiunto,

destinati a Paesi maturi e a clienti


con possibilità di reddito che dubito
rinunceranno ad un acquisto Made

in Italy a fronte di un aumento di


prezzo dello stesso». Anche Ivano
Vacondio, presidente di Federali-

mentare, è dell’idea che l’Italia vince


con la qualità: «Persino gli Usa,
mentre affermano di voler imporre

i dazi sui nostri prodotti alimentari,
rappresentano il Paese che più di

tutti produce “Italian sounding”.


Detto questo, credo che questa si-
tuazione possa trasformarsi per

l’Italia nell’opportunità di aprirsi,


attraverso accordi bilaterali, verso
nuovi mercati».

Per Massimo Carboniero, presi-


dente dell’Ucimu, anche la svaluta-
zione del renminbi è un elemento

negativo da non sottovalutare: «Al-


meno nel breve periodo, i macchina-
ri cinesi saranno competitivi mentre

quelli italiani in Cina costeranno di


più. Tutti elementi che si aggiungo-
no al clima generale di incertezza che

c’è sui mercati, e quando c’è incer-


tezza nessuno investe in beni stru-
mentali». Almeno sul fronte dei

cambi, però, la Sace smorza i toni:


«La svalutazione cinese colpisce
perché ha visto il superamento della

soglia psicologica dei  renminbi per


un dollaro, ma di fatto si è trattato
solo di una svalutazione del % - so-

stiene Alessandro Terzulli, capo eco-


nomista della Sace - quella cinese
non è mai stata una moneta flessibi-

le, da parte di Pechino non mi aspet-


to molti di questi colpi di mano. An-
che perché a un certo punto i capitali

fuggirebbero dal Paese».
Sulla crescita delle esportazioni

italiane, invece, lo sguardo di Sace


è meno ottimistico: per il  le
previsioni per l’export italiano si

sono ridotte da una crescita del ,


a una del ,%, «mentre per il 


parliamo del ,% invece che del %



  • aggiunge Terzulli - e questo esclu-
    dendo l’imposizione di dazi ameri-


cani alla Ue».


Nel dettaglio, le esportazioni ita-
liane verso gli Usa quest’anno po-

trebbero crescere del , anziché


del ,% inizialmente previsto,
mentre quelle verso la Cina rischia-

no di crescere del  anziché del 


per cento. L’export italiano verso la
Corea del Sud vedrà le sue prospet-

tive di crescita passare dal , al %,


mentre il Giappone le vedrà scen-
dere dal ,% al .

Nel mezzo di questa guerra com-


merciale globale, però, c’è qualche
Paese che all’Italia offre prospettive

migliori: «L’India è uno di questi -


spiega Terzulli - perché nello scon-
tro Usa-Cina resta ai margini. Op-

pure la Francia, che è un mercato


meno esposto alle congiunture
estere e in questo momento è molto

ricettivo per il Made in Italy. Anche


il Giappone, per le nostre imprese,
è una opportunità: qui il rallenta-

mento causato dalla guerra dei dazi
è più che compensato dall’aumento

delle nostre esportazioni dovute al-


l’accordo di libero scambio entrato
in vigore a febbraio».

Non tutti poi in Italia si fasciano la


testa per la guerra commerciale tra
Usa e Cina. C’è anche chi plaude: «La

ceramica esporta l’% di quanto


produce, il nostro settore non può
essere per principio favorevole ai da-

zi - dice Giovanni Savorani, presi-


dente di Confindustria Ceramica -
trovo però difficile dire che Trump

sbaglia, quando penso a tutti i com-


portamenti scorretti che la Cina at-
tua sui mercati internazionali. Insie-

me alle imprese americane, messica-


ne e spagnole noi stessi abbiamo
chiesto a Washington misure anti

dumping contro le piastrelle cinesi,


proprio come abbiamo chiesto e ot-
tenuto in Europa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Guerra. I dazi di


Trump alla Cina e
la risposta cinese

alle tariffe Usa


stanno
rallentando, ai

limiti della paralisi,
il commercio

internazionale.


Per le imprese
italiane ed

europee è difficile


trovare sbocchi
alternativi.

EPA

Effetti della “guerra commerciale” e di una Brexit “disordinata” sull’export italiano di beni verso paesi selezionati


TOTALE EXPORT GERMANIA FRANCIA SPAGNA REGNO UNITO IRLANDA


2019


20182018201820182018


2020


Fonte: Sace Simest

Exp italiano


di beni verso
il Paese

(mld €)


Peso


sull’export


italiano


Exp italiano


di beni nello


scenario
base

variazione %


Exp italiano
di beni nello

scenario
alternativo

variazione %


3,4 4,


2,7 3,


2019 2020


2,9 3,


2,2 1,


2019 2020


3,5 3,


3,0 2,


2019 2020


3,


2,


3,


2019 2020


1,4 1,


-4,


2019 2020


6,


4,


12,6%10,5%5,2%5,1%0,4%


58,148,424,023,


1,






0

7





0

7

4,


-3,


5,


4,


Lo scenario peggiore


GoPro, Samsung e Dell:


fuga tra Vietnam e Messico


Come evitare i dazi. Molti grandi produttori stranieri hanno già trasferito o pensano


di trasferire fasi produttive in altri Paesi per evitare le tariffe americane contro Pechino


Marco Valsania


NEW YORK


Anno , fuga da Pechino. Non è l’ul-


timo remake Hollywoodiano, ma la


sceneggiatura scritta a Washington


per le aziende prese nel conflitto com-


merciale con la Cina. E se le previsioni


di esodi in massa dal grande mercato


asiatico potrebbero essere eccessive,


come la nozione coltivata dalla Casa


Bianca di facili rimpatri di stabilimenti


e posti dei lavoro negli Stati Uniti, la


spirale dei dazi sta ridisegnando a pas-


so accelerato catene di produzione e di


forniture globali per un crescente nu-


mero di imprese, statunitensi e non.


Una delle conferme più recenti è ar-


rivata dalla società di controllo di qua-


lità e certificazione delle supply-chain


Qima, che ha sede a Hong Kong: i suoi


dati mostrano che la percentuale di bu-


siness orientato a uscite almeno par-


ziali dalla Cina può raggiungere l’%


negli Stati Uniti e il % in Europa. Me-


ta: anzitutto il Sudest asiatico, con la


domanda di ispezioni in Vietnam, In-


donesia e Cambogia cresciuta tra il %


e il  per cento. La domanda di simili


servizi da parte di aziende Usa in Cina


è invece caduta del  per cento.


Simili cifre precedono la minaccia


di continue escalation e gli annunci di


nuovi dazi, che potrebbero intensifi-


care il fenomeno considerando l’im-


patto sull'intero import del Made in


China compresi articoli di largo con-


sumo dai giocattoli agli smartphone.


Sondaggi tra le imprese statunitensi


della stessa US Chamber of Commer-


ce, principale organizzazione confin-


dustriale statunitense, hanno eviden-


ziato che il % di  aziende sentite


ha progettato o sta valutando traslochi


manifatturieri. Questo dopo che, al-


l’ultimo conteggio, oltre una cinquan-


tina di grandi marchi, da Apple a Nin-
tendo, ha già annunciato piani per ri-

configurare le attività potenziando


una presenza fuori dai confini cinesi,
spesso premiando altre nazioni a bas-

so costo che oltre a quelle del Sudest


comprendono il Messico, divenuto ora
primo partner commerciale degli Stati

Uniti. Piani di qualche ritorno di ope-


razioni negli Usa, ad oggi, nonostante
gli appelli di Trump, li ha soltanto il %

delle società interpellate.


I riassetti, avvertono gli esperti, non
significano necessariamente un com-

pleto abbandono di Pechino. Numero-


se aziende continuano a contare per
ora su impianti cinesi difficile da sosti-

tuire, anzitutto in segmenti più sofisti-


cati, e ad avere strategie di produzione
locale per il grande mercato del Paese.

Ma le pressioni per uno sganciamento
aumentano e si consolidano e dovreb-

bero lasciare traccia di sé qualora do-


vessero rientrare gli scontri e ancor più
nel caso di una protratta conflittualità.

Tra le magnifiche  con piani di ridi-


mensionamento in Cina, avanguardia
del “decoupling” tra due economie che

negli ultimi vent’anni avevano al con-


trario conosciuto boom di interscambi
e investimenti reciproci, si contano

protagonisti influenti quali quelli


dell'hi-tech, settore tra i più danneg-
giati nella spirale dei dazi. Apple ha im-

maginato di spostare dal % al %


della sua produzione dalla Cina all’In-
dia, compresa i più recenti modelli di

iPhone. Un’India che secondo le asso-


ciazioni bilaterali di sostegno al busi-
ness oggi attira richieste da più di 

società a stelle e strisce per identificare


località dove far sorgere fabbriche.
Dell, leader nei Pc, guarda a Taiwan,

Vietnam e Filippine per i suoi laptop,


come pure HP, entrambe con l’obietti-
vo di trasferire quasi un terzo della

produzione. GoPro dovrebbe sfornare
le sue telecamere indossabili in Messi-

co. La nuova prudenza cinese contagia


Microsoft e giganti Internet quali Ama-
zon e Google, che guarda a Taiwan. La

coreana Samsung è sua volta attratta
dal Vietnam. E nelle strategiche attività

di server per centri dati, quali Quanta,


Foxconn e Inventec, si sono spostati
vero Taiwan, Messico e anche la Re-

pubblica Ceca.


In movimento sono anche settori
più tradizionali, qui secondo gli anali-

sti frutto, più che di inedite fughe, dello


sviluppo di una tendenza già in corso
legata all’aumento dei costi in Cina.

L’americanissimo marchio Steve Mad-


den ha camminato verso la Cambogia.
E nell’abbigliamento Gap cucirà a spe-

dirà indumenti dall’Indonesia e dal


Bangladesh oltre che dal Vietnam. Nel-
l’industria i giapponesi di Komatsu

hanno scelto Thailandia e Stati Uniti


per le loro pesanti macchine per co-
struzioni e settore minerario. Il Messi-

co è nuova patria per componenti e ac-


cessori auto di un altro gruppo nippo-
nico, Panasonic. L'americanissimo

marchio Steve Madden ha camminato


verso la Cambogia. E nell'abbiglia-
mento Gap cucira' a spedira' indumen-

ti dall'Indonesia e dal Bangladesh oltre


che dal Vietnam. Nell'industria i giap-
ponesi di Komatsu hanno scelto Tai-

landia e Stati Uniti per le loro pesanti
macchine per costruzioni e settore mi-

nerario. Il Messico e' nuova patria per


componenti e accessori auto di un altro
gruppo nipponico, Panasonic. La con-

terranea Kyocera portera' le sue stam-


panti ancora una volta in Vietnam. An-
che aziende cinesi - quali la Lenovo di

Hong Kong - stanno ormai preparan-


do l'uso di stabilimenti fuori dai confini
per evitare i dazi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il fenomeno


di rilocaliz-


zazione


dalla Cina


coinvolge


sia beni


di largo


consumo


sia beni


strumentali


LA GUERRA
Nuova escalation

Trump minaccia


dazi fino al 25%
sui beni

importati


dalla Cina


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L’India è uno degli Stati


che offre prospettive perché


resta ai margini del conflitto

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