Il Sole 24 Ore Mercoledì 7 Agosto 2019 3
Primo Piano
Rispetto alle
principali valute
Variazione % del dollaro, a partire dal dicembre del 2017. Gli incrementi indicano l’apprezzamento del dollaro
BROAD DOLLAR
INDEX
Nota: (*) dati fino
a maggio
Fonte: FRB, Haver
Paesi avanzati
Media
Euro
Canada
Regno Unito
Svizzera
Giappone
-5 0 5101520
-5 0 5101520
-5 0 510152025
Paesi emergenti
Media
Singapore
Vietnam
Cina
Taiwan
Corea
India
Brasile
Malesia
Hong Kong
Messico
Tailandia
2018
2019*
IL CONFRONTO
CON LE ECONOMIE
EMERGENTI
2018
2019*
IL CONFRONTO
CON LE ECONOMIE
AVANZATE
2018
2019*
Il dollaro e le valute dei partner commerciali americani
Gli Usa marchiano la Cina:
manipola sui tassi di cambio
Guerre commerciali e valutarie. Il Tesoro americano certifica ufficialmente in un rapporto
che Pechino usa lo yuan come arma di svalutazione competitiva: farà ricorso al Fondo monetario
Marco Valsania
NEW YORK
La scelta dell’amministrazione
Trump di dichiarare formalmente la
Cina paese manipolatore della valuta
ha un immediato valore simbolico
più che di prologo di sicuri interven-
ti. Un simbolo, però, pesante. Non
prescrive necessariamente nuove,
automatiche sanzioni, pur senza
escluderle. Piuttosto inizialmente e
genericamente negoziati, bilaterali
e nell’ambito di un’organizzazione
multilaterale quale il Fondo Moneta-
rio Internazionale. E nel caso di spe-
cifiche azioni, queste appaiono con-
tenute se paragonate ai dazi già en-
trati in vigore. Ma se interpretato in
maniera ampia e aggressiva, come
Donald Trump ha mostrato di fare
con altre normative, offre alla Casa
Bianca un’ulteriore spada di Damocle
da impugnare sulla testa di Pechino
nella guerra commerciale. E diventa
la dimostrazione più drammatica del
brusco deterioramento dei rapporti
tra le due maggior potenze economi-
che al mondo e del pericolo che la crisi
si trascini e aggravi: era del - da
prima che Pechino entrasse nelle or-
ganizzazione mondiali del commer-
cio - che il Tesoro non imponeva il
suo “marchio d’infamia” alla Cina, ul-
tima nazione a esserne accusata.
L’incertezza della partita, econo-
mica e politica, è affiorata nelle ultime
ore. Il Presidente Donald Trump ha
incalzato Pechino: ha detto che nella
sfida commerciale gli Usa «sono in
una posizione forte» e che attirano
«vasti capitali» dalla nazione asiatica.
Da parte sua la Cina, dopo le ultime
rappresaglie valutarie e contro l’im-
port agricolo americano nella escala-
tion dello scontro, ha indicato di voler
mitigare i ribassi della propria divisa
nonostante appaia prepararsi a ten-
sioni di lungo periodo.
Il ricorso concreto a misure - e qua-
li - legate alla manipolazione valutaria
dipenderà dall’evoluzione dello scon-
tro. L’amministrazione Trump aveva
lo scorso febbraio promesso di raffor-
zare e facilitare il “morso” di simili pe-
nali che verrebbero prese, non dal Te-
soro, ma dal Dipartimento del Com-
mercio sulla base di danni alle aziende
americane: anche utilizzando i suoi
nuovi criteri, però, dazi specifici qui
non dovrebbero superare i milioni
di dollari. Più in dettaglio la legge alla
quale l’amministrazione ha fatto ri-
corso per la sua accusa alla Cina risale
originalmente al , proposta da
esponenti democratici e firmata da
Ronald Reagan. È il cosiddetto Omni-
bus Trade and Competitiveness Act,
che in generale invoca contenimenti
del deficit commerciale, e in partico-
lare la sua Sezione ; nel si
aggiunse il Trade Facilitation and
Trade Enforcement Act che prescrive
rapporti semestrali anziché annuale
del Tesoro sulle politiche valutarie dei
partner. Anche un ricorso a questa se-
conda legislazione prevede esplicita-
mente, nella sua Sezione , solo che
gli Usa neghino supporto federale a
investimenti nel Paese accusato, bloc-
chino il suo accesso a contratti pubbli-
ci americani (entrambe misure in-
fluenti per la Cina), chiedano maggior
sorveglianza da parte dell’Fmi e ten-
gano conto del problema in futuri ac-
cordi commerciali. La porta rimane
però aperta per Trump a maggiori in-
terventi qualora l’impatto della mani-
polazione «sia superiore ai vantaggi
delle azioni di rimedio» o danneggi la
«sicurezza nazionale».
La storia mostra che dal gli
Stati Uniti hanno preso di mira come
manipolatori la Corea del Sud e
Taiwan nel primo anno, ancora
Taiwan nel e Pechino dal al
. Sempre però come arma diplo-
matica senza arrivare a sanzioni:
nell’ultimo caso il Presidente Bill
Clinton aveva usato quello strumen-
to per spingere la Cina a trattare e re-
alizzare riforme in vista di un suo in-
gresso nella Wto. La legge ordina al
Tesoro «in consultazione con il Fon-
do Monetario» di analizzare le politi-
che valutarie e «considerare se paesi
manipolino il tasso di cambio con il
dollaro» in particolare per «preveni-
re aggiustamenti nella bilancia dei
pagamenti e guadagnare un vantag-
gio competitivo nel commercio in-
ternazionale». I negoziati dovrebbe-
ro durare un anno.
L’amministrazione Trump, però,
non è nuova a ignorare precedenti e
impugnare aggressivamente nor-
mative vecchie e nuove, tanto più che
tra le righe delle norme esiste flessi-
bilità. Ha già fatto scattare dazi uni-
laterali grazie a una norma in passa-
to interpretata con maggior cautela
quale la Sezione del Trade Act del
sui danni al commercio. E sfo-
derato poteri da Guerra Fredda per
accusare import esteri, comprese le
auto europee, di minacce alla sicu-
rezza nazionale.
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Stabilizzazione.
Ieri il tasso di
cambio tra
renminbi e dollaro
è stato stabile
dopo che lunedì la
valuta cinese ha
toccato i minimi
dal 2008 nei
confronti di
quella americana
REUTERS
Morya Longo
Niente da fare. Neppure dopo la peg-
gior seduta di Wall Street del e
neppure dopo la stabilizzazione dello
yuan, le Borse europee sono riuscite
a rimbalzare e a chiudere in positivo.
Ieri, dopo una giornata in cui sem-
brava tornata un po’ di tranquillità
visto che la valuta cinese ha smesso di
svalutarsi, alla fine tutto è tornato ne-
ro. In Europa i listini hanno chiuso
con il segno meno (Milano -,%,
Francoforte -,%, Londra -,%),
mentre solo a Wall Street gli indici
sono riusciti a rimbalzare davvero.
Pesano però ancora le incertezze sul-
la guerra (che non è solo commercia-
le) tra Stati Uniti e Cina. Pesano le
tante incognite globali, da Brexit allo
scontro Usa-Iran. Pesa la rarefazione
degli scambi tipica del mese di ago-
sto. E alcuni fattori tecnici legati alle
vendite allo scoperto e alle ricopertu-
re. Ma guardando un po’ più dall’alto
- e questo è il punto vero - sembrano
venire al pettine i tanti nodi di un ral-
ly delle Borse globali che nel ha
sempre avuto poca sostanza e tanti
punti interrogativi.
Se si guarda il modo in cui era ma-
turato il semestre record delle Borse
(Wall Street aveva registrato la mi-
gliore metà d’anno dal ), non ci si
può stupire che le rinnovate tensioni
tra Stati Uniti e Cina abbiano creato
un ribasso tanto violento in questo
inizio di agosto. Dal primo del mese le
Borse europee hanno ceduto il ,%
(indice Eurostoxx), Francoforte il
,%, Milano il ,% e Wall Street
circa il %. E ieri, pur in assenza di ul-
teriori notizie negative, la turbolenza
è continuata in Europa. Il motivo va
cercato certamente nell’improvviso
deterioramento dei rapporti tra Stati
Uniti e Cina, ma anche - come detto -
nelle fragilità del rally precedente.
Quel semestre da record mostrava
infatti tante anomalie. Per esempio è
maturato senza afflusso di capitali nei
fondi azionari. Anzi, anche nei mesi
in cui le Borse salivano, i fondi azio-
nari globali registravano pesanti de-
flussi. Per contro i capitali correvano
verso i fondi obbligazionari: secondo
i dati di Epfr nel primo semestre sono
entrati in fondi ed Etf dedicati ai bond
ben miliardi di dollari. Insomma:
le Borse salivano, ma gli investitori
puntavano sui bond e uscivano dai
fondi azionari. Paradosso in parte
spiegabile - almeno a Wall Street -
con i buy-back azionari da parte delle
stesse società quotate. Nel primo tri-
mestre (i dati di Yardeni Resear-
ch si fermano qui) sono ammontati a
miliardi: questo lo rende il se-
condo trimestre più ricco di buy-back
della storia, dopo l’ultimo del .
Insomma: sono state le società Usa a
comprare le loro stesse azioni in Bor-
sa e a gonfiare - almeno in parte - le
loro stesse quotazioni. Meccanismo
che farà anche salire gli indici, ma non
è certo sintomo di salute.
Anomalo anche il confronto tra i
record delle Borse e gli utili delle
aziende. Quest’anno - guardando agli
Stati Uniti - si è infatti registrato un
calo sia delle aspettative sia degli utili
effettivi: secondo i dati di Factset i
profitti sono scesi nel secondo trime-
stre del ,% (rispetto a un anno pri-
ma), ben al di sotto della crescita me-
dia annua del ,% negli ultimi anni.
Altro dato in contrasto con i record
che Wall Street mostrava fino a poco
tempo fa. Ora, come spesso accade ad
agosto, i nodi sembrano venire al pet-
tine. Le tensioni commerciali pesano
molto sull’umore degli investitori e
sulle loro aspettative. E dopo un rally
maturato in maniera così anomala,
non stupisce il ribasso.
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MERCATI
Borse Ue giù, recupera Wall Street
Al pettine i nodi del rally 2019
Pesano le tensioni Usa-Cina,
ma anche le anomalie
di una corsa senza respiro
EUROZONA
Gli straordinari
d’agosto della Bce
Nuovi stimoli in vista
Isabella Bufacchi
Dal nostro corrispondente
FRANCOFORTE
Questo agosto in Bce si lavora a tempo
pieno, in preparazione del Consiglio
direttivo che si riunirà il settembre.
Per quel giorno, tutto dovrà essere
pronto sul tavolo dei sei membri del
Board e i governatori delle banche
centrali dell’Eurosistema per sferrare,
se necessario, il lancio di un nuovo
whatever it takes: formalmente, per
riportare l’inflazione «che all’,%
non piace» verso l’obiettivo a medio
termine del mandato, ma sotto sotto
per contrastare l’impennata di incer-
tezza scatenata dall’escalation del
protezionismo di Donald Trump che
rischia di frenare ancor di più, e com-
promettere seriamente, la già fragile
crescita europea in rallentamento
dallo scorso anno. La Bce si terrà tut-
tavia ben alla larga dalla guerra valu-
taria perché, come ha chiarito il presi-
dente Draghi in risposta agli attacchi
verbali di Donald Trump, la Bce non
persegue un target valutario.
I preparativi nel grattacielo a Son-
nemannstraße dunque fervono que-
sta estate. In occasione della penulti-
ma conferenza stampa di Mario Dra-
ghi in veste di presidente, che si terrà
subito dopo la riunione del consiglio
il settembre, i principali strumenti
di intervento nella cassetta degli at-
trezzi (pacchetto forward guidance,
taglio dei tassi e riapertura QE) avran-
no ricevuto la loro messa a punto, va-
lutati uno ad uno e, come e dove op-
portuno, ricalibrati, ricaricati, poten-
ziati. I comitati pertinenti dell’Eurosi-
stema hanno infatti avuto il mandato
dal Consiglio di luglio di «esaminare
possibili opzioni», fra cui modalità
per rafforzare le indicazioni prospet-
tiche sui tassi di interesse, misure di
attenuazione (sistema a più livelli per
la remunerazione delle riserve), di-
mensioni e composizione di eventuali
nuovi acquisti netti di attività. Tutti gli
strumenti usati finora hanno dato un
contributo positivo, di questo la Bce
ne è certa, ma sono complementari
l’un l’altro, ognuno funziona a modo
suo, influenzandosi reciprocamente
di volta in volta in modo diverso. In
Banca esiste già questa consapevolez-
za: riproporre uno o più di questi stru-
menti in un contesto diverso può sor-
tire effetti differenti rispetto al passa-
to. Un taglio dei tassi, per esempio, si
collocherebbe ora all’interno di un
contesto straordinario di rendimenti
e tassi già ultrabassi: per arrivare a
tassi più alti bisogna passare per tassi
più bassi, dicono gli esperti di politica
monetaria, e per questo le deposit fa-
cilities a -,% non sono una soglia
invalicabile all’ingiù. Tuttavia il comi-
tato degli esperti dovrà dire al Consi-
glio se le deposit facilities calate a
-, e poi sotto questo livello inizie-
ranno ad avere effetti collaterali inde-
siderati sui bilanci delle banche, e se
sarà opportuno accompagnare il
prossimo taglio con misure mitiganti.
Anche l’acquisto di nuovi asset an-
drà ad aggiungersi ai . miliardi
già nel portafoglio ora reinvestito dal-
la Bce. I rendimenti dei titoli di Stato
dell’eurozona sono crollati di recente
in parte per le aspettative di un nuovo
APP (Asset purchase programme) e
qualche spread si è ristretto: se la Bce
dovesse decidere il settembre che i
tempi non sono maturi per un nuovo
QE, i rendimenti potrebbero risalire e
gli spread riallargarsi con un effetto
restrittivo, indesiderato rispetto al-
l’eventuale necessità di una politica
monetaria più ampiamente accomo-
dante. Lo strumento APP di per sé po-
trebbe essere rafforzato con una gam-
ma di opzioni di ritocco finora aperte:
soglia più alta dell’attuale % sugli
acquisti di singoli emittenti e singoli
titoli, nuove tipologie di assets. Ma il
comitato degli esperti calcolerà anche
se gli attuali margini di manovra, ov-
vero gli importi acquistabili con le re-
gole correnti, sono sufficienti per ria-
prire il QE senza modifiche.
Le proiezioni macroeconomiche di
settembre formulate dagli
esperti della Bce per l’area dell’euro
sul tasso annuo di inflazione misura-
to sullo IAPC e sulle prospettive del Pil
in termini reali daranno il settem-
bre il quadro di insieme, tentando di
valutare quanto grave è il rallenta-
mento in corso: ma non è detto che
tutte le variabili, finora in chiaro scu-
ro, saranno state messe a fuoco in via
definitiva il . La Bce ha recepito fino-
ra forze contrastanti in un mix che si
chiarirà con il passare del tempo: da
un lato il mercato del lavoro e i consu-
mi sono solidi e resistenti, mentre il
settore manifatturiero, soprattutto in
Germania e in Italia per fattori «idio-
sincratici», sta dando segni di grande
sofferenza. La recente escalation della
guerra tariffaria scatenata da Trump
inciderà di sicuro in negativo sulle
proiezioni: ha già fatto crollare le Bor-
se in tutto il mondo, e con esse anche
la fiducia di famiglie e imprese, au-
mentando il clima di incertezza che
già da tempo frena sviluppo economi-
co, investimenti e propensione al ri-
schio. Ma di quanto la nuova ondata di
dazi di Trump ai prodotti cinesi au-
menterà i “rischi al ribasso” sulle pro-
spettive di crescita in Europa? E se la
no-deal Brexit si dovesse realmente
concretizzare, questo lo si saprà con
certezza a ottobre, non a settembre.
Lo stesso vale per gli interrogativi sul-
la crescita economica in Cina: la rota-
zione dall’industria manifatturiera ai
servizi richiede tempo. In quanto alle
misure fiscali espansive, di sostegno
alla crescita in aggiunta agli stabiliz-
zatori automatici, la Bce resta in attesa
di capire se i singoli Stati europei che
hanno margini di manovra, in man-
canza di un eurobudget, sono infine
disposti a fare la propria parte e soste-
nere domanda e investimenti pubblici
per non lasciare la banca centrale da
sola contro un’inflazione troppo bas-
sa e un rischio Trump troppo alto.
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(*)Tassi sugli Overnight Index Swap. Fonte: Bloomberg, ultime rilevazioni al 5 giugno 2019
Percentuale annua
6
4
2
0
2008 2010 2012 2014 2016 2018
Tassi Ois*
a 10 anni
nell’Euro Area
Tassi
del Tesoro Usa
a 10 anni
Programma Bce
di acquisto
degli asset (QE)
Tapering
Fed
Tassi a lungo termine nell’Euro area e negli Stati Uniti
A settembre ribasso dei tassi
e forse un nuovo Qe
che piacerà a Trump
Bce. Il presidente
Mario Draghi
prepara la
riunione del 12
settembre,
quando verranno
annunciate nuove
misure di stimolo
monetario, da un
ribasso dei tassi
a una possibile
ripresa
del QE
-2,
IL CALO DEGLI
UTILI USA
Nel secondo
trimestre utili Usa
scesi del 2,6%
(annualizzato):
è una brusca
frenata rispetto
al +7,3%
medio annuo
degli ultimi
5 anni
La procedu-
ra è com-
plessa e
prevede
l’intervento
«corretti-
vo» del Fon-
do moneta-
rio interna-
zionale