Alfred eIsenstAedt (the lIfe PIcture collectIon/Getty)
Bretton Woods, Stati Uniti, 1 luglio 1944. La delegazione statunitense
ciali, la liberalizzazione globale si è arre-
stata, soprattutto dopo che gli stati uniti
hanno scelto il protezionismo. sullo svi-
luppo, la ministra delle finanze indonesia-
na ed ex direttrice operativa della Banca
mondiale, sri Mulyani Indrawati, sottoli-
nea la necessità di grandi investimenti se si
vogliono raggiungere gli ambiziosi “obiet-
tivi di sviluppo sostenibile”. david Mili-
band, presidente della International re-
scue committee ed ex ministro degli esteri
britannico, sottolinea che “più del 40 per
cento delle persone più povere oggi vive in
stati in conflitto o fragili”. Questo dato è
inoltre alla base di gran parte della pressio-
ne migratoria globale. se quindi si voglio-
no eliminare povertà estrema e flusso di
profughi è necessario occuparsi di questi
conflitti e della pressione sui paesi relativa-
mente poveri, che oggi ospitano l’84 per
cento dei profughi del mondo.
Il cambiamento climatico aggrava ulte-
riormente questi problemi, ma i paesi ric-
chi, soprattutto gli stati uniti, hanno deciso
di non affrontarlo. Poi c’è la corruzione. ne
parlano frank Vogl, cofondatore di tran-
sparency international, e William rhodes,
ex vicepresidente di citigroup. “I funziona-
ri dell’fmi”, scrivono, “ammettono a mi-
crofoni spenti che dovrebbero fare di più
ponendo esplicitamente il problema della
finanza illecita ai governi dei paesi occiden-
tali che con i loro mercati finanziari offrono
opportunità d’investimento a gran parte dei
capitali illegali”.
La scuola realista
Ma questi problemi assolutamente rilevan-
ti sono in un certo senso secondari. Il punto
più importante è capire se il livello di coo-
perazione necessario per affrontarli è soste-
nibile. le sfide economiche di oggi si scon-
trano con la rinascita del nazionalismo.
tuttavia la cooperazione globale è più im-
portante oggi di 75 anni fa, solo che è diven-
tata più difficile. la scuola “realista” ci dirà
che la cooperazione è irrealizzabile: le rela-
zioni internazionali sono sempre fondate
su brutali politiche di potere. tuttavia è “re-
alistico” un sistema che produce risultati
disastrosi per tutti? solo se il conflitto è
l’unico sistema immaginabile. ora che il
mondo non ha più una sola superpotenza, il
vecchio sistema gerarchico guidato dagli
stati uniti non è più sostenibile. Ma è anco-
ra fondamentale la cooperazione. Keyu Jin,
della london school of economics, tratteg-
gia un nuovo modo di pensare a questa sfi-
da. sostiene che le reti economiche potreb-
bero soppiantare le relazioni tra nazioni e
rendere superflui i concetti tradizionali di
egemonia. la cina, suggerisce, potrebbe
diventare non un’altra potenza egemone,
ma un “leader di una rete globale”.
come creiamo abbastanza ordine e co-
operazione per sostenere il nostro mondo
complesso? solo attraverso reti, istituite
nell’ambito di impegni globali. Bretton
Woods ha plasmato l’epoca successiva alla
seconda guerra mondiale non tanto grazie
agli specifici accordi raggiunti ma incar-
nando un impegno verso la cooperazione
istituzionalizzata.
Quest’impegno è vivo nonostante gli
alti e bassi degli anni successivi, e continua
a essere importante. le istituzioni devono
svilupparsi. nuove sfide vanno affrontate.
se il mondo non riuscirà a sostenere e svi-
luppare il fondamentale impegno alla coo-
perazione, il progresso globale potrebbe
bloccarsi e le sfide che ci attendono potreb-
bero non essere vinte. Morgenthau aveva
ragione. trump ha torto. È semplice, e dif-
ficile. u gim