Internazionale - 19.07.2019

(やまだぃちぅ) #1

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U


n giudice di Palermo ha assolto
Medhanie Tesfamariam Berhe,
un cittadino eritreo accusato di
traffico di esseri umani e arresta-
to più di tre anni fa in un’operazione con-
giunta tra le autorità italiane e britanniche:
secondo la sentenza l’uomo è stato vittima
di uno scambio di identità.
Nel 2016 l’arresto di Berhe era stato pre-
sentato ai mezzi d’informazione come una
brillante operazione delle autorità dei due
paesi, che in realtà lo avevano scambiato
per Medhanie Yehdego Mered, un traffi-
cante di esseri umani ricercato da tempo
noto come il Generale.
Il 12 luglio 2019 il giudice Alfredo Mon-
talto, della corte di assise di Palermo, ha
respinto le accuse della procura e ordinato
l’immediato rilascio di Berhe, che era stato
fermato a Khartoum, in Sudan, il 24 mag-
gio 2016, con l’aiuto dell’Agenzia nazionale
britannica contro la criminalità (Nca) e

della polizia sudanese.
“Si è trattato di uno scambio di identità”,
ha dichiarato il giudice. “È stato arrestato
per errore”. Berhe è stato giudicato colpe-
vole del reato molto meno grave di favoreg-
giamento dell’immigrazione clandestina
per aver aiutato suo cugino a raggiungere la
Libia, ma visto che aveva già scontato tre
anni di detenzione, il giudice ne ha ordinato
il rilascio immediato. “Non ho parole per
dire quello che provo”, ha commentato la
sorella di Berhe, Hiwell Tesfamariam, arri-
vata dalla Norvegia per assistere al verdet-
to. “È stato un incubo”.
“Dopo tre anni, il giudice ha confermato
quello che abbiamo sempre sostenuto, ave-
vamo un contadino in carcere e un traffi-
cante in libertà”, ha dichiarato Michele Ca-
lantropo, avvocato di Berhe.

Non si scusa nessuno
La Nca sostiene ancora di aver arrestato
l’uomo giusto: “Abbiamo aiutato i nostri
colleghi italiani a localizzare un individuo.
Oggi quell’uomo è stato riconosciuto colpe-
vole di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina. Non abbiamo dubbi sulla vali-
dità delle informazioni raccolte”. Anche il
procuratore di Palermo Francesco Lo Voi

non si è scusato per l’errore: “Il giudice lo ha
condannato per favoreggiamento dell’im-
migrazione clandestina”, ha detto.
La caccia a Mered e ai suoi collaboratori
era cominciata dopo il naufragio dell’otto-
bre 2013, in cui erano morte 368 persone a
poche miglia dalle coste di Lampedusa. Il
giorno dopo l’Italia e i suoi alleati europei
avevano dichiarato guerra ai trafficanti di
esseri umani. A quanto sembra l’eritreo era
stato il primo trafficante estradato dall’Afri-
ca. Le autorità italiane avevano convinto i
colleghi europei a unirsi alla loro crociata,
con la promessa che sarebbero riuscite a
incastrare i trafficanti con la stessa tattica
usata per combattere la mafia negli anni
novanta: le intercettazioni e l’intuizione
che la loro struttura di potere era regolata
da un codice d’onore. Ma già a poche ore
dall’arresto centinaia di vittime di Mered
avevano dichiarato che era stato fermato
l’uomo sbagliato. Tra i molti elementi che
indicavano la sua innocenza, compresi due
test del dna e una serie di testimonianze,
c’era un documentario girato dalla rete te-
levisiva svedese Svt in collaborazione con il
Guardian, dal quale emergeva che il vero
Mered viveva a Kampala e frequentava i lo-
cali notturni della capitale ugandese, men-
tre Berhe rischiava fino a 15 anni di carcere.
La prova più recente, e forse cruciale, è arri-
vata dal confronto tra la voce di Berhe e
quella di Mered, intercettata nel 2014. Ma
la procura continuava a sostenere che la
persona arrestata a Khartoum era il vero
trafficante e aveva scatenato un’offensiva
contro gli attivisti e i giornalisti, registrando
le conversazioni telefoniche tra i reporter
che denunciavano l’errore e le loro fonti.
Negli ultimi mesi, dopo che erano state
raccolte 44mila firme per chiedere il rila-
scio di Berhe, centinaia di persone hanno
partecipato a manifestazioni di protesta a
Oslo, Stoccolma, Londra e Francoforte per
chiedere alle autorità italiane di liberarlo:
erano tutti eritrei, molti dei quali portati in
Europa da Mered, che è ancora latitante.
Anche se non era riuscito a trovare una
sola persona disposta a testimoniare con-
tro Berhe, il sostituto procuratore Calogero
Ferrara aveva scartato l’ipotesi che fosse
stato arrestato l’uomo sbagliato e chiesto
una condanna a 14 anni di carcere. I paren-
ti di Berhe ora chiedono allo stato un risar-
cimento per ingiusta detenzione e l’aper-
tura di un’inchiesta sulla procura di Paler-
mo che, secondo loro, ha insabbiato qual-
siasi dubbio e accusato un innocente. u bt

Il noto trafficante


in realtà è un contadino


Un cittadino eritreo, incarcerato
dal 2016 con l’accusa di essere
un trafficante di esseri umani, è
tornato in libertà. È stato vittima
di uno scambio d’identità

Lorenzo Tondo, The Guardian, Regno Unito


ANDrEAS SOLArO (AFP/GETTY)


Palermo, 14 febbraio 2019. Medhanie Tesfamariam Berhe
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