Internazionale - 19.07.2019

(やまだぃちぅ) #1

Romania


bricati in Romania verso altri stabilimen-
ti della multinazionale.
Nel libro Jobs on the move. An analyti-
cal approach to relocation and its impact on
employment (Lavori in movimento. Un
approccio analitico alla delocalizzazione
e al suo impatto sull’occupazione), curato
da Béla Galgóczi, Maarten Keune e An-
drew Watt, il piano di ristrutturazione
dell’Electrolux è usato come caso di stu-
dio per mostrare la tendenza a trasferire
la produzione verso paesi con basso costo
del lavoro. Per affrontare la concorrenza
globale, l’Electrolux ha spostato metà
delle sue fabbriche da Spagna, Germania
e Italia verso Messico, Polonia, Ungheria
e Thailandia. A giustificare la presenza in
Romania c’è anche il fatto che gli operai
non battono ciglio quando sentono parla-
re di delocalizzazione: “ E dove vanno?
Quale paese è più economico della Ro-
mania?”.
L’Electrolux è una di quelle multina-
zionali che raccontano la loro cultura or-
ganizzativa come fosse un ro-
manzo. La guida che spiega co-
sa devono aspettarsi l’azienda
dagli impiegati e gl’impiegati
dall’azienda è un esempio di at-
tenzione al dettaglio combinata
con pretese di eccellenza. Tutto è costru-
ito sull’idea della performance e sul mito
della costruzione di un futuro migliore, a
cui, sostiene la multinazionale, deve con-
tribuire ogni impiegato, indipendente-
mente dal ruolo.
L’Electrolux afferma di ascoltare i di-
pendenti attraverso questionari e comi-
tati locali di lavoratori. “Se in fabbrica
sempre più lavoratori si sentono ignorati
dalla direzione, per l’azienda è un grosso
problema”, spiega Daniel Frykholm, che
guida l’ufficio stampa del gruppo Electro-
lux. Secondo lui le decisioni sui negoziati
e sui salari sono prese a livello locale e
scioperare è un diritto dei dipendenti.
“Nessun lavoratore deve pensare che ri-
schia di perdere il posto se partecipa a
mobilitazioni sindacali”, afferma Fry-
kholm, aggiungendo che uno sciopero
lungo come quello dello stabilimento di
Satu Mare dev’essere motivo di “rifles-
sione e analisi” anche per l’azienda.
Secondo il deputato Claudiu Năsui,
presidente dell’associazione SoLib, la si-
tuazione all’Electrolux – con operai che
guadagnano meno del dovuto mentre
l’azienda accumula profitti, almeno sulla
carta – è comune in Romania, dove è mol-
to alto il rischio paese, cioè un misto di
imprevedibilità finanziaria e instabilità


politica. Questo significa che chi, nono-
stante tutto, decide di investire in Roma-
nia lo fa per avere produttività elevata a
costi bassi. È questo che giustifica i rischi.
Altri due fattori che spiegano i bassi
salari romeni sono l’assenza di capitali e
l’alta tassazione del lavoro, spiega Năsui.
I salari sono determinati dalla produttivi-
tà, che però non dipende solo dai lavora-
tori, ma anche dalla tecnologia e dalla
gestione del lavoro. “Un conto è scavare
un fossato a mano, un altro con una pala e
un altro ancora con una scava-
trice”, spiega Năsui. Il risultato
è che, per la stessa attività,
un’ora di lavoro in Romania co-
sta meno che in Europa occi-
dentale. A questo va aggiunta
una delle più alte tassazioni sul lavoro
dell’est del continente, pari al 41,5 per
cento. Una prima soluzione potrebbe es-
sere non tassare i salari minimi.

A testa alta
Lo sciopero all’Electrolux ha attirato par-
ticolare attenzione per l’ostinata resisten-
za dei lavoratori, una novità per Satu Ma-
re, dove negli ultimi anni c’erano già stati
conflitti del genere, spiega Victoria Stoi-
ciu, che ha coordinato il progetto della
fondazione Friedrich Ebert e ha intervi-
stato diversi scioperanti per Servici uşor
(lavoro facile), un’associazione che si oc-
cupa delle condizioni di lavoro in Roma-
nia. Stoiciu afferma che le tensioni sul
mercato del lavoro sono in aumento anche
a causa dell’emigrazione e dei salari trop-
po bassi. Ed è convinta che ci saranno
nuove agitazioni, “perché la mancanza di
forza lavoro sta rafforzando il potere ne-
goziale dei sindacati”. L’argomento a cui
dieci anni fa ricorrevano i datori di lavoro


  • “ci sono cento lavoratori in attesa fuori
    dalla porta” – è ancora usato come una mi-
    naccia, ma la realtà è cambiata.
    All’inizio di maggio, durante l’ultima
    settimana di sciopero, il negoziato si è
    spostato dalla richiesta di aumenti salaria-
    li alla modifica del contratto collettivo di


lavoro, cosa che ha acceso gli spiriti tanto
degli scioperanti quanto di chi era rimasto
in fabbrica. Peter Eles, all’Electrolux da 17
anni, racconta di essere sempre stato con
i sindacati, ma di aver poi perso fiducia per
i metodi negoziali che usavano, spesso
senza consultare i lavoratori.
Il 9 maggio il sindacalista Radu Matica
ha annunciato che bisognava decidere se
accettare l’offerta finale dell’azienda: un
aumento del 5,5 per cento per tutti i dipen-
denti e un bonus di presenza di 50 euro
lordi per operai e capomastri (escluso
quindi il personale d’ufficio) a partire dal 1
maggio e un ulteriore aumento del 5,5 per
cento oltre a un bonus di presenza di 100
euro dal 1 marzo 2020. La proposta era va-
lida a patto che non ci fossero modifiche al
contratto collettivo di lavoro. Per un ope-
raio che guadagnava 360 euro netti al me-
se, l’aumento era di 21 euro per il 2019 e
altrettanti per il 2020, ai quali andavano
aggiunti i bonus di presenza. Senza fare
assenze, un lavoratore avrebbe potuto
raggiungere il livello delle rivendicazioni
iniziali del sindacato.
Circa 250 lavoratori hanno firmato il
documento che ha messo fine allo sciope-
ro. Secondo il sindacato si è trattato del 90
per cento degli scioperanti. Diversi lavo-
ratori hanno rifiutato l’accordo per princi-
pio. Gli scioperanti più attivi sostengono
che il sindacato abbia fatto tutto il possibi-
le. E anche il leader Sorin Faur crede che lo
sciopero non sia stato inutile. “Alla fine il
bonus di presenza può essere considerato
una somma fissa data esclusivamente agli
operai”, ha detto a sciopero chiuso. “È una
vittoria, e il risultato più importante è che
siamo rimasti uniti”. Da parte sua l’Elec-
trolux ha dichiarato che la mobilitazione
ha confermato che c’è una lacuna nella
comunicazione tra l’azienda e i dipenden-
ti, sottolineando anche che la vertenza si
sarebbe potuta chiudere molto prima.
La mattina del 10 maggio alcuni gruppi
di pendolari, con zaini e borse, sono scesi
dal treno regionale 4331, arrivato al primo
binario della stazione di Satu Mare. Tra
loro c’era Romică, anche lui pendolare e,
fino al giorno prima, scioperante. Cammi-
nava spedito, quasi saltellando. Era som-
merso dalle emozioni, ma pensava soprat-
tutto a proteggere il posto di lavoro. Sape-
va che avrebbe sentito commenti di ogni
tipo, perché nelle ultime dieci settimane
erano successe un sacco di cose. Ma non si
preoccupava troppo, perché è sempre sta-
to un tipo tranquillo e moderato. “L’im-
portante”, ha detto, “è che entriamo in
fabbrica a testa alta”. u mt

Per affrontare la
concorrenza globale,

l’Electrolux ha
spostato metà delle

sue fabbriche in
Messico, Polonia,

Ungheria e Thailandia

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