Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1
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BIOLOGIA

Vado al massimo

Il metabolismo ha un limite anche per sforzi prolungati

Per sforzi di poche ore, una persona può usare
cinque volte più energia di quella che consuma
a riposo (il tasso metabolico basale), e certi atle-
ti arrivano a 15 volte di più. Ma se lo sforzo si pro-
lunga, l’intensità massima di energia che il cor-
po umano riesce a sfruttare via via diminuisce.
Fino a un tetto invalicabile: anche l’atleta più al-
lenato – che corra o pedali o scali le montagne,
con il caldo o nel gelo – riesce a sostenere per un
tempo indefinito un consumo energetico non
superiore a 2,5 volte il proprio tasso metabolico
basale. Lo mostra su «Science Advances» Her-
man Pontzer, della Duke University di Durham
in North Carolina.
Pontzer ha studiato i partecipanti a un’ultra-
maratona che in 14-20 settimane percorrono
quasi 5000 chilometri. Dando loro acqua mar-
cata con isotopi radioattivi e rilevandone l’e-
screzione, ha misurato la produzione di anidri-
de carbonica, indice dell’energia consumata. Ha

inoltre analizzato i dati di studi metabolici su ci-
clisti, maratoneti, esploratori artici e altri atleti.
In tutti, dopo i primi giorni, il consumo energe-
tico cala per fermarsi infine al tetto indicato. An-
che la gravidanza assorbe circa 2,2 volte l’ener-
gia a riposo, quindi sotto questo aspetto è come
una maratona di alcuni mesi.
Il limite non pare dipendere dal metabolismo
energetico cellulare, dalla richiesta di ossigeno e
nutrienti o dalla dispersione del calore, dato che
non cambia con le masse muscolari impegnate,
le condizioni ambientali o i tipi di sforzo. Piutto-
sto, secondo Pontzer, il limite sta nella capacità
del tubo digerente di assorbire calorie dal cibo:
per tempi brevi il corpo dà fondo alle riserve, ma
sul lungo termine non può spendere più di quel
che assorbe, e vari studi indicano che la massima
quantità di energia ricavabile dal cibo corrispon-
de a circa 2,4 volte il tasso metabolico basale.
Giovanni Sabato

Immunoterapia contro
batterioterapia, qual è il
futuro della lotta alle allergie
alimentari? L’approccio
immunologico prevede
di desensibilizzare il
sistema immunitario con
piccole ma crescenti dosi
dell’allergene. I batteri sono
la novità, e pare siano anche
promettenti secondo uno
studio pubblicato su «Nature
Medicine» da Talal Chatila
dell’Harvard Medical School
di Boston e colleghi. Dopo
aver prelevato il microbiota
intestinale dalle feci di 56
neonati con allergie e 98
controlli, Chatila e colleghi lo
hanno «trapiantato» in topi
allergici all’albume. Come
risultato hanno osservato che
solo i batteri dei neonati sani
hanno protetto gli animali
dallo scatenarsi di reazioni
allergiche.
Ad avere un effetto protettivo
sono specie batteriche
dei generi Bacteroides e
Clostridium che non solo
scongiurano l’insorgere delle
allergie ma sopprimono
le reazioni immunitarie in
topi già sensibili all’albume
calmando la risposta dei
linfociti T regolatori al contatto
con l’allergene. Ora si aspetta
di confermare i risultati sugli
esseri umani. Al Boston
Children’s Hospital, tuttavia,
è in corso un trial clinico
per testare la sicurezza del
trapianto fecale in soggetti
allergici alle nocciole. I
ricercatori sono pronti a
scommettere che formule
di probiotici anti-allergie
saranno sul mercato tra
cinque anni.
Martina Saporiti

Curare allergie
alimentari
con la flora
batterica
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