Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1
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Brookhaven National Laboratory

RHIC già esistente e lo farebbe collidere in due punti diversi con
uno dei fasci di ioni del RHIC. Un’altra possibilità è usare il fascio
di elettroni della Continuous Electron Beam Accelerator Facility
(CEBAF) presso il Jefferson Lab; secondo il progetto chiamato Jef-
ferson Lab EIC (JLEIC), il raggio della CEBAF sarebbe instradato
in una nuova galleria da costruire accanto.
Ciascuna di queste due macchine ci farebbe compiere enor-
mi passi avanti nella comprensione della QCD e ci permettereb-
be finalmente di visualizzare l’interno di nucleoni e nuclei. Cia-
scuna permetterebbe agli scienziati di affrontare le domande su
spin, massa e altre caratteristiche dei nucleoni che attualmente ci
lasciano perplessi. E ciascuna avrebbe la potenzialità di far colli-
dere molti tipi di nuclei, compresi quelli pesanti come oro, piom-
bo e uranio, il che ci permetterebbe di studiare come cambia la di-
stribuzione di quark e gluoni quando i loro nucleoni fanno parte
di nuclei più grandi.
Vorremmo sapere, per esempio, se alcuni gluoni iniziano a so-
vrapporsi e a essere «condivisi» da due diversi protoni.

Femtotecnologia?
Nel XXI secolo le dimensioni stesse dell’atomo sono il fattore li-
mitante delle nostre tecnologie. In assenza di scoperte rivoluzio-
narie, la lunghezza di 10 nanometri (circa 100 diametri atomici) è
probabilmente il minimo a cui arriveranno i componenti elettro-
nici, e quindi c’è da ritenere che difficilmente la potenza di calco-
lo convenzionale potrà progredire in futuro al tasso che ha tenuto
per gli ultimi cinquant’anni.
I nucleoni e la loro struttura interna esistono però a una sca-
la un milione di volte più piccola. L’interazione forte, che gover-
na questo regno, è circa 100 volte più intensa della forza elettro-
magnetica che alimenta l’attuale elettronica. Anzi, è la forza più
intensa dell’universo. Sarà possibile mettere a punto una «femto-
tecnologia» che funzioni manipolando quark e gluoni? Da un cer-
to punto di vista, questo tipo di tecnologia sarebbe un milione di
volte più potente dell’attuale nanotecnologia. Certo, questo sogno
rimarrà ipotetico fino a un futuro lontano, ma per arrivarci dob-
biamo intanto cominciare a comprendere a fondo il mondo quan-
tistico di quark e gluoni.
L’EIC è, in tutto il mondo, l’unica struttura sperimentale attual-
mente presa in considerazione che potrà fornirci i dati necessa-
ri per capire la QCD nel modo più compiuto. Costruirlo, tuttavia,
non sarà facile. Il progetto avrà bisogno di fasci di elettroni, proto-
ni e altri nuclei atomici luminosissimi e altamente concentrati in
una vasta gamma di energie, in modo da generare da 100 a 1000
volte più eventi al minuto del collisore HERA.
Gli studi sullo spin richiedono da parte della macchina fasci di
particelle i cui spin siano perfettamente allineati e possano essere
controllati e manipolati. Queste difficoltà richiederanno innova-
zioni che promettono di trasformare la scienza degli acceleratori,
non solo a beneficio della fisica nucleare, ma anche per i futuri ac-
celeratori usati in medicina, nella scienza dei materiali e nella fisi-
ca delle particelle elementari. Q

te, non è la misurazione a provocare questa radiazione di gluoni,
ma le peculiarità della meccanica quantistica, che ci dice che l’in-
terno del protone è diverso – contiene proprio più gluoni – quanto
più lo si guarda da vicino.
Sappiamo però che questa non può essere la risposta definiti-
va, perché significherebbe che la materia cresce illimitatamente,
cioè che gli atomi conterrebbero un numero infinito di gluoni se
li si andasse a guardare sempre più da vicino. I collisori preceden-
ti, fra cui HERA, hanno trovato indizi di uno stato di «saturazione»,
in cui il protone non riusciva a ospitare altri gluoni e alcuni inizia-
vano a ricombinarsi, cancellandosi a vicenda. La saturazione non
è mai stata rilevata in modo univoco, e non conosciamo la soglia a
cui si verifica. Alcuni calcoli fanno ritenere che la saturazione del
gluone formi un nuovo stato della materia: un «condensato di co-
lore» con proprietà straordinarie. Per esempio, la densità di ener-
gia dei gluoni può raggiungere valori mai visti, da 50 a 100 volte
quella all’interno delle stelle di neutroni. Per raggiungere le regio-
ni con la massima densità gluonica possibile l’EIC userà nuclei pe-
santi anziché protoni, in modo da rilevare questo affascinante fe-
nomeno e studiarlo in dettaglio.

Costruire l’EIC
I piani per il nuovo collisore hanno ottenuto l’approvazione dal
più recente (2015) incontro di pianificazione a lungo raggio della
comunità scientifica nucleare statunitense e dal Department of
Energy degli Stati Uniti, che nel 2017 ha richiesto una valutazione
indipendente dell’EIC da parte delle National Academies of Scien-
ces, Engineering, and Medicine degli Stati Uniti (NAS). Nel luglio
2018 la commissione delle NAS ha giudicato lo status scientifico
dell’EIC fondamentale, convincente e opportuno.
Ci sono due possibili vie per la costruzione di questa macchi-
na. Una consisterebbe nell’ampliare il RHIC a Brookhaven, vici-
no a New York; questo progetto, chiamato eRHIC, aggiungereb-
be un fascio di elettroni all’interno della galleria dell’acceleratore

An Assessment of U.S.-Based Electron-Ion Collider Science. National
Academies of Sciences, Engineering, and Medicine. National Academies Press,


  1. https://doi.org/10.17226/25171.
    La colla che ci tiene insieme. Ent R., Ullrich T. e Venugopalan R., in «Le
    Scienze» n. 563, luglio 2015


PER APPROFONDIRE

All’interno del Relativ istic Heavy Ion Collider
(RHIC) del Brookhaven National Labo ratory sono accelerati ioni
pesanti e protoni polarizzati.
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