Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1

74 Le Scienze 6 12 agosto 2019


sdbower/iStock (

scoiattolo

); Science Photo Library (

ISS e Terra

)

va che sarebbe stato necessario ridurre in qualche modo l’attività
di quell’organello che a livello cellulare è il metabolismo incarna-
to: il mitocondrio. Questo organello è la struttura che usa l’ossi-
geno per produrre energia. Religiosamente, e riduttivamente, po-
tremmo dire che è il luogo dove il metabolismo si compie. L’acido
solfidrico era stato usato proprio per questo motivo: è un inibi-
tore dell’attività dei mitocondri. Di certo l’attività mitocondriale
ha un ruolo nel torpore, ma è difficile pensare che una sostanza
che blocchi indiscriminatamente la produzione di energia a livel-
lo cellulare possa essere ben tollerata dall’organismo. Sarebbe un
po’ come se i marinai di una nave venissero licenziati sui due piedi
mentre la nave è in navigazione. Niente meccanici a tenere a posto
i motori, inservienti a pulire i corridoi, cuochi a preparare da man-
giare. Senza lavoratori attivi, la nave finirebbe per subire qualche
tipo di danno.
Quello che succede nel torpore è in effetti diverso: i marinai
eseguono l’ordine del comandante di ridurre il consumo di ener-
gia. Accompagnano quindi la nave in porto, impacchettano tutto
quello che devono e lo mettono nella stiva ben ordinato e pronto
a essere ripreso quando servirà, mantenendo attivi solo quei ser-
vizi indispensabili affinché il comandante possa comunque sape-
re qual è lo stato della nave, magari lasciando accesa solo la luce
del suo studio.
La nostra idea è stata qualcosa di simile: «ingannare il cervel-
lo» e fargli credere che non fosse più necessario produrre ener-
gia. Abbiamo ottenuto questo risultato, pubblicato nel 2013 sul
«Journal of Neuroscience», ingannando farmacologicamente quei
neuroni che, come detto, in passato abbiamo cercato di attivare
per combattere l’obesità. Qualche mese dopo, sulla stessa rivista,
Domenico Tupone, della Oregon Health & Science University di
Portland, ha pubblicato un risultato dello stesso tipo, mostrando
che anche l’attivazione dei recettori di una molecola endogena no-
ta come adenosina era in grado di ingannare il cervello in modo si-
mile. Per il momento, questi sono gli unici due esperimenti che
hanno mostrato una procedura sicura ed efficace per indurre il
torpore sintetico in una specie animale che non iberna. Ma la stra-
da per un’eventuale applicazione umana è ancora lunga.


Utile per lo spazio


Per me è stata una sorpresa ricevere una telefonata da parte di
un collega con molto più prestigio scientifico del mio, nella quale
mi diceva che l’Agenzia spaziale europea stava pensando di attiva-
re un gruppo di ricerca dedicato all’ibernazione e voleva sapere se
potessi essere interessato a farne parte. Come rifiutare una simile
offerta? Ibernazione e fantascienza vanno spesso insieme e la tra-
ma di tanti film non potrebbe stare in piedi senza il ricorso all’i-
bernazione. Pensiamo a Interstellar, o ad Alien, ma anche a Il dor-
miglione o Vanilla Sky.
Prima che il lettore si lasci andare a facili entusiasmi, è mio do-
vere riportarlo al più rigoroso dominio della realtà scientifica. L’e-
splorazione del sistema solare è solo agli inizi, e prima che una
tecnologia per indurre il torpore sintetico sia disponibile per ap-
plicazioni spaziali passerà ancora un po’ di tempo.
Ma quali sarebbero i vantaggi di viaggiare nello spazio in que-
sto stato? Il primo riguarda la quantità di cibo. Una persona in
torpore sintetico non avrebbe bisogno di mangiare o bere e non
produrrebbe neanche scarti biologici. Questo ridurrebbe consi-
derevolmente la quantità di cibo che sarebbe necessario portare a
bordo, con un consistente risparmio economico. Un secondo van-
taggio considerevole riguarda il benessere psicologico dei mem-


L’ESPERIMENTO

Tra ibernazione

e microgravità

In condizioni di microgravità, i muscoli tendono a diventare atrofici e
a perdere forza. Alcuni animali però possono ibernare per molti me-
si, restando quindi inattivi, senza perdere tono e forza muscolare. Al
momento non sappiamo chi possa uscire vincitore da un confron-
to ibernazione-microgravità e se, quindi, l’ibernazione possa proteg-
gere i muscoli dall’insorgenza dell’atrofia. Ma l’esperimento che po-
trebbe risolvere la questione è concettualmente semplice.
Si tratterebbe di ospitare a bordo della Stazione spaziale internazio-
nale (ISS) alcuni scoiattoli in ibernazione per poi riportarli sulla Ter-
ra. Lo stato dei loro muscoli al rientro darebbe informazioni chiave al-
la ricerca in quest’area. Di recente alcuni membri del Topical Team
Hibernation dell’ESA e dell’Advanced Concept Team che lo coordina
hanno suggerito esplicitamente questa proposta in un articolo pub-
blicato sull’Handbook of Life Support Systems for Spacecraft and Ex-
traterrestrial Habitats (Springer).

Ibernazione sulla Stazione spaziale
internazionale: una proposta


  1. Le basi scientiiche
    Nonostante un lungo periodo di inattività,
    gli ibernanti sono resistenti a:



  • debolezza muscolare

  • demineralizzazione ossea

  • danni da radiazioni



  1. Il modello animale
    È stato scelto lo scoiattolo
    di terra dalle 13 linee,
    poiché è un ibernante
    obbligato stagionale

  2. Lancio

  3. Esperimenti sulla ISS
    Un periodo di ibernazione a bordo
    della ISS per valutare il grado
    di protezione che l’ibernazione
    conferisce nei confronti di:



  • ipotonia muscolare

  • demineralizzazione ossea

  • danni da radiazioni



  1. Valutazione biologica
    Rientro sulla Terra per valutare
    lo stato degli animali

  2. Obiettivi
    Capire i meccanismi di protezione dell’organismo attivati
    dall’ibernazione per sfruttarli e sviluppare strategie
    per rendere la permanenza nello spazio
    per lunghi periodi più sicura.


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