Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1
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Juan Gaertner/SPL/AGF

mature delle sonde spaziali; per fortuna, però, anche il torpore po-
trebbe aiutarci.
Nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale c’era sta-
ta molta attenzione ai possibili danni causati dalle radiazioni. Lo
sviluppo delle armi nucleari aveva spinto a cercare mezzi di dife-
sa da un eventuale fallout radioattivo, ma anche il progressivo in-
cremento dell’uso delle radiazioni nella pratica clinica aveva sol-
lecitato lo studio dei rischi a esse legati. L’ibernazione sembrava
potere conferire un certo grado di radioprotezione, come conse-
guenza della ridotta attività metabolica dell’animale. In quegli an-
ni, dunque, erano stati condotti esperimenti per testare come gli
animali in ibernazione reagissero alle radiazioni. Di recente, in-
sieme a colleghi dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, ho pub-
blicato su «Life Science in Space Research» una revisione di quei
dati, dimostrando che i risultati di quegli esperimenti sono stati
sorprendenti. L’ibernazione aveva conferito una resistenza eleva-
ta ai danni biologici causati dalle radiazioni, anche in caso di ra-
diazioni estremamente elevate. Per molto tempo si è pensato che
il meccanismo alla base di questa protezione fosse la stasi cellula-
re indotta dall’ibernazione. Quando le cellule non si duplicano, il
DNA è più protetto. Era stato suggerito anche che nell’ibernazio-
ne si sviluppasse un’ipossia relativa dei tessuti, che avrebbe con-
tribuito a ridurre i danni da radiazioni.
Recentemente però si è visto che l’effetto protettivo si ottiene
anche se il torpore sintetico è indotto dopo l’irraggiamento. L’e-
sperimento in questione, pubblicato nel 2017 su «Scientific Re-
ports» da Prem Kumar Indraganti, dell’Institute of Nuclear Me-
dicine and Allied Sciences di Nuova Delhi, in India, e colleghi ha
aperto nuovi scenari. Da un lato potrebbe essere una terapia effi-
cace per chi fosse esposto a dosi letali di radiazioni, per esempio
i tecnici di una centrale nucleare in caso di avaria; dall’altro lato
però richiede che ci siano altri meccanismi che conferiscano que-
sta protezione, oltre all’ipossia e alla stasi replicativa. Per esempio,
i meccanismi di riparazione del DNA funzionano meglio a bassa
temperatura? È un’ipotesi attualmente allo studio.
Il torpore sintetico, quindi, potrebbe rivelarsi una tecnologia
con ampie ricadute nel mondo della medicina e in quello dell’e-
splorazione spaziale. Dal punto di vista fisiologico si tratta di un
nuovo modo di esistere dell’organismo, e va esplorato come se
fosse un nuovo pianeta. Q

bri dell’equipaggio. Alla riduzione della privacy individuale si ag-
giunge lo stress del vivere in condizioni di microgravità e anche la
percezione di essere lontani dalla Terra. In queste condizioni il ri-
schio è che si sviluppi quella che una volta veniva chiamata cabin
fever, ovvero che qualche membro dell’equipaggio sviluppi un at-
tacco psicotico nel quale non riconosce più gli altri compagni di
viaggio come amici ma anzi li veda come figure ostili verso cui ma-
nifestare atteggiamenti anche violenti. Sembra ancora una volta
di leggere una storia di fantascienza, ma nei fatti se l’equipaggio
potesse essere in uno stato di coscienza ridotto, come dovrebbe
avvenire durante il torpore sintetico, questo rischio potrebbe es-
sere scongiurato.
Una terza conseguenza positiva del torpore sintetico spaziale
riguarda la salute dei muscoli e delle ossa. Le immagini di astro-
nauti portati in braccio al loro rientro sulla Terra sono impresse
nella nostra memoria. Quel trasporto è necessario perché nello
spazio, senza la stimolazione della gravità terrestre, i muscoli per-
dono rapidamente tono e forza. Anche le ossa si indeboliscono, e
l’osteoporosi è una conseguenza frequente della permanenza nel-
lo spazio. A differenza degli esseri umani, quindi, nei quali l’inat-
tività produce debolezza muscolare e demineralizzazione ossea,
gli animali che ibernano, pur restando inattivi per mesi, non mo-
strano questi sintomi. Ancora non sappiamo se le caratteristiche
di protezione muscolare e ossea che si osservano in questi anima-
li siano anche efficaci nel combattere l’atrofia muscolare osservata
negli astronauti, e per questo sarebbe necessaria una verifica spe-
rimentale (si veda il box nella pagina a fronte).

Una tecnologia da studiare
Oltre a quanto già descritto, c’è un altro, importantissimo van-
taggio biologico che il torpore sintetico potrebbe conferire ai fu-
turi esploratori del sistema solare: la radioresistenza. Nello spazio
aperto ci si troverebbe esposti a una quantità considerevole di ra-
diazioni, costituite principalmente da protoni che viaggiano a ve-
locità assai elevate. Queste radiazioni sono deviate dal campo ma-
gnetico terrestre, dunque sulla Terra siamo protetti; nello spazio
aperto però siamo privi di questa protezione. Al momento l’uni-
ca strategia a cui possiamo pensare è il potenziamento delle scher-

The Inhibition of Neurons in the Central Nervous Pathways for
Thermoregulatory Cold Defense Induces a Suspended Animation State In the
Rat. Cerri M., Mastrotto M., Tupone D., Martelli D., Luppi M. e altri, in «Journal
of Neuroscience», Vol. 33, n.7, pp. 2984-2993, 13 febbraio 2013.
Central Activation of the A1 Adenosine Receptor(A1AR) Induces a
Hypothermic, Torpor-like State in the Rat. Tupone D. e altri, in «Journal of
Neuroscience», Vol. 33, n. 36, pp. 14512-14525, 4 settembre 2013.
Hibernation for Space Travel: Impact on Radioprotection. Cerri M., Tinganelli
W., Negrini M., Helm A., Durante M. e altri, in «Life Sciences in Space
Research», Vol. 11, pp. 1-9, 2016.
The Central Control of Energy Expenditure: Exploiting Torpor for Medical
Applications. Cerri M., in «Annual Review of Physiology», Vol. 79, pp. 167-186,
10 febbraio 2017.

PER APPROFONDIRE

Cambio di forma. Nel torpore, le proteine tau
(in arancione) mostrano modifiche reversibili
osservate in malattie debilitanti come l’Alzheimer.
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