Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1

78 Le Scienze 6 12 agosto 2019


Håkan Liljenberg/Alamy (

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Vari animali al buio hanno una buona visione.
In passato gli scienziati pensavano che avessero
bisogno degli altri sensi per trovare cibo o partner.

Queste capacità includono la visione dei colori.
Animali come falene, rane e gechi rilevano i colori
al buio per orientarsi.

Gli animali riescono in questa impresa usando
i neuroni del sistema visivo per sfruttare al
massimo i segnali scarsi che ricevono dagli occhi.

IN BREVE

Amber Dance, scrittrice scientifica,
vive nell’area di Los Angeles.

Al crepuscolo un’ape del sudore notturna, con gli occhi spor-
genti, la testa verde metallizzato e l’addome marrone chiaro, emer-
ge dal nido, ricavato in uno stecco svuotato lungo una trentina di
centimetri. Ha fame di nettare e polline. Ma prima di spiccare il vo-
lo si gira per guardare di nuovo lo stecco, su cui gli scienziati hanno
disposto una carta a strisce bianche e nere. Anche sui nidi vicini si
trovano carte, che però sono di un grigio uniforme.
Dopo che l’ape se n’è andata, lo zoologo Eric Warrant e i suoi
colleghi dell’Università di Lund, in Svezia, cambiano qualcosa:
spostano la carta a strisce su un altro nido. Quando torna, l’ape
sfreccia subito verso il nido con le strisce, dando per scontato che
sia il suo: dimostra così che le api del sudore identificano e usano
questi segnali visivi. Spiega Warrant: «Perfino con una luce di in-
tensità minima lo vedono senza problemi». Lo zoologo fa notare
che il buio è talmente fitto che, se le persone impegnate a osserva-
re gli insetti non portassero gli occhiali per visione notturna, an-
drebbero «letteralmente a schiantarsi contro gli alberi».
La straordinaria visione notturna di queste api (Megalopta ge-
nalis) deriva solo in parte da adattamenti degli occhi, come lenti
più grandi. Queste in effetti migliorano la sensibilità alla luce, ma
le api del sudore riescono a ritrovare il nido anche quando la lu-
minosità è così scarsa che non basterebbero nemmeno occhi co-
sì grandi. Warrant ha dedotto che il loro orientamento dopo il tra-
monto dipende non solo dagli occhi, ma anche da come il cervello
elabora la poca luce disponibile.
Per decenni gli scienziati hanno dato per scontato che di not-
te la maggior parte degli animali dovesse vedere lo stesso paesag-
gio buio e senza colori visto dagli esseri umani. Pensavano che gli
animali notturni facessero affidamento su altri sensi, per esempio
olfatto e udito. Oggi una nuova ondata di ricerche sta confutan-
do questa convinzione. «Abbiamo sempre pensato di sapere come
vedono gli animali al buio, ma pochi avevano guardato davvero»,


spiega Warrant. Una volta che hanno cominciato a osservare que-
sto mondo oscuro, i ricercatori hanno scoperto che un’ampia va-
rietà di specie vede il paesaggio notturno in modo nitido.
Falene, rane e gechi, per esempio, riescono a distinguere i colo-
ri di notte, quando gli stessi ricercatori non vedono altro che sfu-
mature di grigio. Per loro la maggiore sensibilità alle variazioni
cromatiche è un vantaggio perché, sia alla luce sia al buio, il colo-
re è un modo di distinguere gli oggetti molto più affidabile rispet-
to a indicatori di altro tipo, per esempio l’intensità. Può aiutarli
a trovare il cibo, il nido o il partner nell’oscurità. «È davvero sor-
prendente quanti animali siano attivi al buio e riescano a svolgere
compiti che invece a noi sono preclusi», commenta Almut Kelber,
esperta di biologia sensoriale all’Università di Lund.
I segreti dell’orientamento notturno si trovano tra occhio e cer-
vello. Nel sistema di visione di questi animali, i neuroni accumu-
lano piccole quantità di luce per creare un’immagine più chiara e
sfoltirla con cura da altri segnali di disturbo che la confondereb-
bero. Le cellule eseguono queste operazioni di accumulo racco-
gliendo segnali da punti vicini nel campo visivo. Inoltre accumu-
lano i segnali provenienti da un singolo punto per un periodo di
tempo lungo, sostanzialmente rallentando la percezione visiva
per renderla molto più luminosa.

Colori vividi
Gli occhi degli esseri umani, come quelli della maggior parte
di vertebrati e invertebrati, hanno cellule che agiscono da fotore-
cettori, rilevando la luce in arrivo dall’esterno. Queste cellule si
chiamano coni e bastoncelli. Di giorno usiamo soprattutto i coni,
che inviano segnali al cervello quando sono colpiti da fotoni di lu-
ce rossa, verde o blu. Danno una visione a colori eccellente, ma al
buio non sono molto reattivi. Quando la luce è scarsa ci affidiamo
ai bastoncelli, più sensibili perché lavorano in gruppi, mettendo

li ultimi raggi solari filtrano tra le foglie mentre cala

la notte sulla foresta pluviale, impenetrabile e afosa. Il

crepuscolo che scende sull’isola di Barro Colorado, a

Panama, oscura gli alberi di kapok svettanti e spinosi, le

palme e i cespugli, finché l’occhio umano non riesce a vedere molto più dei piccoli riqua-


dri di cielo stellato attraverso la chioma soprastante. I grilli cominciano il loro concerto,


mentre le scimmie urlatrici di notte tacciono.

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