Le Scienze - 08.2019

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cilmente. Beck voleva correggere la situazione. «Se voglio cambia-
re le abitudini, non posso portare il mio modello di ecosistema alla
Federal Emergency Management Agency (FEMA) o al corpo degli
ingegneri dell’esercito degli Stati Uniti», spiega. «Devo guardare il
loro modello di rischio e inserire gli ecosistemi in quel modello».
Beck e colleghi ha iniziato a collaborare con Lloyd’s di Londra,
Swiss Re e altre compagnie assicurative che dispongono di alcu-
ni tra i migliori dati e modelli al mondo in tema di risorse e rischi.
Quando ha inserito i dati sugli ecosistemi costieri nei loro modelli di
rischio è diventato chiaro come le coste viventi fossero difese eccel-
lenti. E, sottolinea, «quando dico ad aziende, FEMA e banche di svi-
luppo che questi sono i numeri forniti dalle compagnie assicurati-
ve, ho automaticamente un diverso livello di credibilità».
Il primo studio ha riguardato i danni causati dall’uragano Sandy,
che ha colpito New York e il New Jersey nel 2012. Lavorando con
Risk Management Solutions, compagnia leader nella modellizza-
zione del rischio, gli scienziati hanno mostrato che le paludi hanno
prevenuto 625 milioni di dollari di danni causati dalle inondazio-
ni seguite alla tempesta: un risultato sorprendente se si conside-
ra che le coste della regione avevano già perso tra il 60 e il 90 per
cento delle loro paludi protettive. Nelle aree inondate, in media le
poche paludi rimanenti avevano ridotto il rischio di inondazione
dell’11 per cento. Importante è stata anche la capacità di tamponare
inondazioni diffuse: secondo uno studio, le proprietà che si trova-
vano dietro a paludi avevano subito il 16 per cento in meno di danni
annuali da inondazioni rispetto a quelle che avevano perduto le lo-
ro paludi. «È ben dentro il livello per cui ti potresti aspettare una ri-
duzione dei premi assicurativi», sottolinea Beck.
Poi Beck e colleghi hanno applicato i loro modelli economici e
di gestione dei rischi alla costa del Golfo del Messico dal Texas al-
la Florida, soggetta periodicamente a grandi tempeste. Hanno ef-
fettuato un’analisi di benefici e costi annuali attesi per tutti i tipi di
infrastrutture. Il gruppo ha stimato che la costa subirebbe 134 mi-
liardi di dollari di perdite in vent’anni se non fosse adottata alcuna
misura preventiva. Innalzare il livello delle case potrebbe preve-
nire 39,4 miliardi di quelle perdite, ma costerebbe parecchio. Con
una media di 83.300 dollari per abitazione, la prevenzione di 39
miliardi di dollari di danni ne costerebbe 54. Gli argini alti 6 metri
costruiti in Louisiana sono stati una scelta peggiore: a 33.000 dol-
lari al metro, sono stati un modo irragionevolmente costoso per
proteggere un numero limitato di proprietà, con un solo dollaro

di risparmio ogni quattro dollari spesi. Argini più bassi costruiti su
terreni di fronte a diverse comunità costiere a bassa quota hanno
prevenuto molti più danni a quasi lo stesso costo.
In termini di affari, i sacchi di sabbia erano il miglior investi-
mento, con un risparmio di 8,4 miliardi di dollari di danni e una
spesa di 0,84 miliardi. Anche le difese naturali si sono classifica-
te bene. Il ripristino delle paludi, che farebbe risparmiare 18,2 mi-
liardi di danni, costerebbe solo 2 miliardi. La ricostruzione delle
barriere di ostriche potrebbe prevenire 9,7 miliardi di dollari di
perdite al costo di 1,3 miliardi. Il ripristino di isole barriera offri-
rebbe 5,9 miliardi di dollari di prevenzione a fronte di 1,2 miliar-
di di spesa. E nel Golfo orientale il «ripascimento» (il riempimento
di spiagge esaurite con sabbia dragata dal fondo marino) potrebbe
far risparmiare 9,3 miliardi di dollari per 5,5 miliardi di costi.
Quest’ultimo dato ha sorpreso molti, perché il ripascimento an-
nuale della spiaggia è spesso percepito come una perdita di tem-
po. «Se mi dessi come uniche scelte ripascimento e infrastrutture
grigie – dice Beck – opterei per la prima come minore tra due ma-
li». In totale, lo studio ha trovato che 57,4 dei 134 miliardi di dolla-
ri di perdite potrebbero essere prevenuti in maniera economica-
mente vantaggiosa, frazione che sale alla quasi totalità in caso di
impiego di infrastrutture verdi.
Un tipo di ripristino non considerato nello studio è la deviazio-
ne su ampia scala del fiume Mississippi. Deviare acqua ricca di se-
dimenti attraverso un’apertura negli argini del fiume e permet-
tere a quei sedimenti di filtrare nelle paludi in difficoltà potrebbe
ripristinarne salute e livello. Tuttavia la subduzione in quella re-
gione è così veloce, che neppure un fiume fangoso come il Missis-
sippi può salvarla dall’invasione del mare. «Ricreare un intero eco-
sistema sarà un’attività costosa – afferma Beck – ed è meglio e più
economico iniziare quanto prima».
Un ripristino vantaggioso dal punto di vista economico potreb-
be rivelarsi complicato anche su coste lunghe e sabbiose. Spiag-
ge e isole barriere sono fuggevoli di natura. Piantare erba per rico-
struire le dune può aiutare a trattenere le spiagge sul posto, ma in
molti casi solo temporaneamente. Prima o poi, i residenti dovran-
no indietreggiare di fronte alla costa che si ritira.
Beck sottolinea che le infrastrutture artificiali sono ancora mol-
to importanti, e che il lato economico non è l’unico da considerare.
«Ovunque ci sia una quantità significativa di persone e proprietà –

Fotografie di John Althouse dice – le soluzioni naturali saranno usate insieme a qualche infra-

Ispezione di ostriche insediatesi su un acchiappaostriche, ovvero
un materiale fatto di juta e cemento, progettato per aiutare le ostriche
giovani e adulte a crescere e riprodursi, proteggendo così le aree paludose
che si trovano tra loro e il suolo compatto.
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