Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1
Povera scienza

giornalista informatico e studioso
della disinformazione nei media

di Paolo Attivissimo


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Un «Wow» da smontare

Un segnale misterioso captato oltre quarant’anni fa
è ormai diventato un tormentone ufologico

I

l «segnale Wow» è uno dei capisaldi dell’u-
fologia e della ricerca scientifica di indizi
di vita intelligente extraterrestre. Fu rice-
vuto il 15 agosto 1977 dal radiotelescopio Big
Ear dell’Ohio State University e ottenne que-
sto nome piuttosto insolito perché l’astrono-
mo Jerry Ehman scrisse appunto «Wow!» sul
tabulato che ne mostrava le caratteristiche
sorprendenti: era molto potente, aveva un’ori-
gine molto ristretta, e usava una frequenza vi-
cina a 1420 megahertz, quella ottimale per le
comunicazioni interstellari (perché attraver-
sa facilmente le grandi nubi di polvere cosmi-
ca), con una larghezza di banda di meno di die-
ci chilohertz.
Questo segnale misterioso, captato una so-
la volta, è presentato tuttora come uno degli
episodi più credibili di possibile contatto via
radio con civiltà tecnologiche extraterrestri.

Una patina di mitologia
La sua fama è talmente durevole che anco-
ra oggi periodicamente ne vengono propo-
ste spiegazioni scientifiche alternative, come
quella cometaria suggerita da Antonio Pa-
ris, professore di astronomia al St. Petersburg
College, in Florida (si veda la rubrica di luglio
2017 ). Citarlo è un sistema infallibile per risve-
gliare l’attenzione dei mezzi di comunicazione
generalisti e acquisire notorietà.
Ma quando c’è di mezzo la scienza e c’è cla-
more mediatico è indispensabile togliere di
mezzo l’inevitabile patina di mitologia che
offusca i fatti. Lo ha fatto di recente niente-
meno che Jill Tarter, astrofisica che per anni
ha diretto il centro SETI, dedicato alla ricer-
ca scientifica di indicatori astronomici di tec-
nologie non terrestri. Il suo lavoro in questo
campo ha ispirato il personaggio di Ellie Arro-
way nel film Contact (1997) di Bob Zemeckis,
tratto dall’omonimo romanzo dell’astronomo
Carl Sagan.
Tarter è insomma indiscutibilmente favo-
revole all’ipotesi di intelligenze aliene, eppu-

re ha stroncato con i fatti il mito del «segnale
Wow» durante il festival della comunicazione
scientifica Starmus tenutosi di recente a Zuri-
go. Il radiotelescopio che lo registrò, ha spie-
gato Tarter, era dotato di due ricevitori, e un
segnale che fosse realmente arrivato dallo
spazio sarebbe stato captato prima da uno dei
ricevitori e poi dall’altro. Lo strumento era fis-
so e il suo puntamento variava seguendo la ro-
tazione terrestre, per cui i suoi ricevitori in-
quadravano la stessa zona di cielo uno dopo
l’altro. Il segnale però fu capitato solo da uno
dei due ricevitori, e quindi è estremamente
improbabile che provenisse realmente dallo
spazio.

Smentito da tempo
Questo dettaglio decisivo dei due punti se-
parati di captazione viene spesso taciuto o di-
menticato nel racconto del mito del «segnale
Wow», ma in realtà è già presente nelle paro-
le scritte dallo stesso Ehman oltre vent’anni
fa sul sito web del radiotelescopio, bigear.org.
Ehman confermò che il segnale misterioso fu
ricevuto da uno solo dei due punti, e in effetti
il famoso tabulato del segnale contiene un so-
lo picco anziché due.
Il debunking della vicenda, insomma, era
lì da leggere da vent’anni, eppure la leggen-
da del possibile contatto radio extraterrestre
si è diffusa lo stesso, sommergendo per pura
quantità i resoconti originali. È un fenomeno
che si verifica spesso quando c’è di mezzo una
storia accattivante: i fatti che la stroncano ven-
gono tralasciati e quelli che la avvalorano so-
no amplificati.
Per esempio, quando fu coniato il termine
«dischi volanti», nel 1947, non indicava la for-
ma degli oggetti non identificati, ma il modo
in cui si muovevano nel cielo, come piatti fat-
ti rimbalzare sul pelo dell’acqua. Eppure l’ico-
nografia ufologica rappresenta quasi sempre
oggetti a forma di disco e il significato origina-
le si è perso. È così che si costruiscono i miti.
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