La Stampa - 29.07.2019

(Marcin) #1

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ALBERTO MATTIOLI
INVIATO A VERONA

È

già nella storia. An-
zi, nella leggenda.
Come lui, nessuno
mai. A 78 anni, è
l’highlander dell’o-
pera, l’uomo di tut-
ti i record: prima tenore, poi
baritono, direttore d’orche-
stra e artistico, talent scout,
più di 4 mila recite cantate e
500 dirette, oltre 150 titoli in
repertorio (nel Rigoletto, ha
cantato tre parti: Borsa, il Du-
ca e il protagonista, ennesi-
mo record), più di cento inci-
sioni di opere complete, 12
Grammy e un motto: «If I rest,
I rust», se mi fermo arruggini-

sco. E infatti eccolo a Verona,
Plácido Domingo, questo buli-
mico del palcoscenico, per ce-
lebrare i 50 anni del suo de-
butto all’Arena. Festeggia-
mento uno e trino: ieri sera
ha diretto Aida, giovedì cante-
rà papà Germont in Traviata
e domenica in un gala spezza-
tino in cui sarà Nabucco, Si-
mon Boccanegra e Macbeth.
Lei fa tutto. Ma cosa le piace
di più fare?
«Io sono soprattutto felice di
essere un musicista».
Le manca qualcosa?
«Soltanto dei personaggi nuo-
vi. Sono curioso e per questo
continuo ad allargare il reper-
torio. Nella prossima stagio-
ne, Sharpless dellaButterfly
al Met e Nottingham delRo-
berto Devereuxa Los Angeles.
Poi toccherà a Monforte nei

Vespri sicilianie al Belisario di
Donizetti».
Ma il tempo per studiare do-
ve lo trova?
«Di notte. Vado a letto alle
tre. Un’ottima cosa, a patto di
potermi svegliare a mezzo-
giorno».
L’unico lavoro che non ha
mai fatto è il regista. Perché?
«Perché in famiglia ce n’è già
una, mia moglie Marta. E poi
perché penso che di tutti i me-
stieri dell’opera sia il più diffi-
cile. Inizi a lavorare allo spet-
tacolo un anno prima, devi
studiare, documentarti, ave-
re tutto chiaro prima ancora
che iniziano le prove. Non
penso di averne il talento. An-
che perché una volta che ho vi-
sto una produzione mi vengo-
no mille idee. Prima, è più dif-
ficile».
Quando si è reso conto di es-
sere diventato Placido Do-
mingo?
«Sono sempre stato fortuna-
to. Nel 1962 mi sono sposato
con Marta e subito dopo ho
avuto un contratto in Israele.

In due anni e mezzo ho canta-
to 280 recite. Potevo uscirne
distrutto o artista completo.
Beh, diventai un artista com-
pleto. Poi andai alla New
York City Opera a cantare
Don Rodrigo di Ginastera,
una parte tremenda. Avevo
25 anni, fu un trionfo. È inizia-
to tutto lì».
La voce più impressionate
che abbia mai sentito?
«Qui a Verona debuttai can-
tandoTurandotcon la Nils-
son eDon Carlocon la Cabal-
lé, più di così... Ma ho duetta-
to con tutte le grandi prime-
donne, la Price, la Suther-
land, la Freni, la Tebaldi. Con
un rimpianto solo».
La Callas?
«Esatto. Mai cantato con lei.
Peccato».
Chi le manca, oggi, nel mon-
do dell’opera?
«Ho perso tanti colleghi... Pe-
rò se devo citarne due, scelgo
due grandi direttori: Carlos
Kleiber e Giuseppe Sinopoli».
Come ricorda il suo debutto
all'Arena, cinquant'anni fa?
«Come una grandissima emo-
zione. Quegli spalti pieni di
pubblico sono magici. Era il
1969 e facevamoTurandot. Il
coro invocava la luna pallida
(canta,ndr) proprio mentre
Armstrong ci stava arrivan-
do. La luna non era più vergi-
ne. Magia, appunto».
Com’è cambiato da allora il
mondo dell’opera?
«Più che cambiato, è cresciu-
to. Oggi l’opera si fa in Paesi
dove mai avremmo immagi-
nato che arrivasse. In Cina, in
Corea, in Giappone c’è un
pubblico incredibile, appas-
sionatissimo. Le opportunità
sono maggiori per tutti».
E le voci?
«Non so se fossero migliori
quando ho iniziato io, però so-
no sicuro che le grandi voci ci
sono sempre state e ci saran-
no sempre. Il mio concorso
Operalia l’ha appena vinto un
giovane tenore che si chiama
Xabier Anduaga e che ha tut-

to per diventare un fuoriclas-
se. E poi oggi i cantanti sono
più preparati e stanno me-
glio in scena. Anche perché
sono cambiati anche gli spet-
tacoli, per la verità non sem-
pre in meglio».
Ma un nuovo Domingo oggi
c’è?
«Forse di tenori non ce ne so-
no tanti come prima, ma quat-
tro o cinque di gran livello, sì.
Vuole i nomi?»
Certo.
«Beczala, Sartori, Kauf-
mann, Meli».
Sono quattro.
«Aggiungiamo Michael Fa-
biano».
E della sua Aida, Tamara Wil-
son, che non vuole truccarsi
da nera che dice?
«Che è un tema delicato.
Otello è moro, Butterfly
giapponese, Calaf tartaro, e

da lì non si scappa. Mettia-
mola così: un soprano bian-
co deve truccarsi per fare Ai-
da, mentre un tenore nero
ha tutto il diritto di restare
com’è se canta Manrico».
L’Italia è ancora il Paese
dell’opera?
«L’opera oggi è un fenomeno
globale. Ma il pubblico italia-
no è ancora il più esigente. So-
prattutto alla Scala e soprat-
tutto per Verdi. Esperto, com-
petente, non sempre giusto».
Il famoso «Questa è una ban-
da!» urlato a Kleiber al vo-
stro «Otello»...
«Prima dell'attacco del terzo
atto, un momento difficile (lo
canta, poi ride,ndr). Non sa il
seguito, però. Carlos alla fine
mi disse: è stata una grande
soddisfazione, grazie a quel
grido il pubblico non si è accor-
to che lì le viole non erano tan-
to insieme...».
Quando parla della Scala le
si illuminano gli occhi.
«È un teatro particolare. I
grandi cantanti e prima anco-
ra i compositori, i creatori,
che sono passati di lì il senti,
sono nell’aria, intorno a te».
Risponda d’impulso: doves-
se scegliere la serata della vi-
ta, una sola, quale sarebbe?
«L’ho già citata: 7 dicembre
1976, prima della Scala con
Otello, Kleiber, Zeffirelli, Fre-
ni, Cappuccilli. E la prima di-
retta televisiva di un’opera,
Verdi che entra nelle case di
tutti. Magnifico».
La domanda è sgradevole ma
obbligata: non pensa mai di
ritirarsi?
«Ogni tanto penso di lasciare il
palcoscenico. Non per una fati-
ca fisica, ma mentale. Le opere
del mio nuovo repertorio bari-
tonale devo ristudiarle ogni
volta che le canto. E allora mi
viene l’idea di fare meno recite
e più concerti. Sicuramente vo-
glio dirigere di più. Ma i miei
genitori erano cantanti e io in
teatro ci sono nato. È la mia ca-
sa, la mia vita». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


  1. Plácido Domingo, 78 anni e nessuna voglia di andare in pensio-
    ne; 2. Il suo debutto all’Arena di Verona , Calaf in «Turandot»
    nell’estate del 1969, quella dell’uomo sulla Luna; 3. Domingo
    firma autografi all’Arena: siamo nel 1974, come si vede dal look


Macché fermarmi
Quattro opere nuove
mi aspettano. Però
non farò mai il regista
È troppo difficile

PLÁCIDO DOMINGO
TENORE, BARITONO, MANAGER
E DIRETTORE D’ORCHESTTRA

Si racconta l’artista che ha battuto tutti i record: a 78 anni
ha cantato più di 4 mila recite d’opera e ne ha dirette 500
In repertorio oltre 150 titoli, 12 i Grammy vinti coi dischi
A Verona una settimana di festa: ieri ha diretto «Aida»
giovedì canterà «Traviata» e domenica un gala verdiano

Non è vero che le voci
non ci sono più
Nuovi tenorissimi?
Beczala, Sartori, Meli
Kaufmann e Fabiano

La recita della vita?
L’Otello alla Scala
con il grande Kleiber
Anche se i loggionisti
lo contestarono

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Domingo festeggia a Verona i 50 anni dal suo debutto all’Arena

Plácido superstar

“Fine carriera? Mai


Ho ancora voglia


di fare nuove scoperte”


INTERVISTA

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LUNEDÌ 29 LUGLIO 2019LASTAMPA 29
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