Vanity Fair Italy - 14.08.2019

(Grace) #1

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VISIONI

VA N IT Y FA I R

14 AGOSTO 2019

VanityVisioni

Dal bello nasce il bene


FRONTE OCCIDENTALE — di MATTIA FELTRI *

Vi voglio raccontare una favola. Forse ne
abbiamo bisogno, intanto che si vuole vedere
la gente marcire in galera, e buttare la chia-
ve, e pene esemplari o pene severe (guarda-
te che la giustizia è o non è, senza aggettivi,
perché è ingiustizia se è lassa ed è ingiustizia
se è severa). Intanto che si butta lì l’idea di
reintrodurre la pena di morte e intanto che
ci si accapiglia sulle regole di ingaggio della
polizia, ovvero se le debba essere consenti-
to di usare le armi più di quanto non le sia
consentito ora, trascurando che sono rego-
le comuni all’Unione Europea, e che
in Inghilterra solo il 5 per cento degli
agenti gira con la pistola.
La favola, come tutte le favole, arriva
dal Nord, precisamente dalla Norvegia, do-
ve la pena di morte è stata abolita nel 1902
(in Italia nel 1889: allora eravamo all’avan-
guardia) e l’ergastolo nel 1981. Nel 1998 si
approvò una riforma del sistema penitenzia-
rio culminata con la costruzione del carcere
di Halden che la stampa internazionale de-
finì, con pigrizia lessicale, sintomo di pigrizia
mentale, un hotel a cinque stelle. Il carcere
è circondato da muri alti otto metri, non ci
sono sistemi elettrificati né filo spinato né
torrette di guardia, eppure nessuno mai ha
cercato di evadere. Ha una cucina comune,
uno studio di registrazione, percorsi di jog-
ging, tv al plasma nelle celle dove i detenuti
rimangono poche ore al giorno, foresteria
per gli incontri coi parenti. A Halden è re-
cluso in una cella di 31 metri quadrati (il pri-
mo appartamento mio e di mia moglie era
di 33) Anders Breivik, il nazicattolico che
nel 2011 ammazzò settantasette persone, so-
prattutto ragazzi, sull’isola di Utøya. Breivik
è stato condannato alla pena massima,

ventuno anni, al termine dei quali verrà libe-
rato solamente se idoneo alla libertà. L’intero
sistema penitenziario norvegese è impegna-
to nella reintroduzione in società di chi ha
violato la legge e parte dal presupposto che
qui vi riassumo in modo un po’ sbrigativo:
il bello produce il bene e il brutto produce
il male, quasi sempre. E l’idea non sembra
uscita da una canzoncina dello Zecchino
d’oro, visto che in Norvegia c’è il tasso di re-
cidiva più basso d’Europa: solamente il venti
per cento dei detenuti, una volta scarcerato,
tornerà a delinquere; in Italia il 68 per cen-
to. Un ultimo dato, siccome già si sentono le
obiezioni: il sessanta per cento della popo-
lazione carceraria norvegese è costituita da
stranieri.
La favola non sarebbe finita se non par-
lassimo un po’ del mondo di fuori. La polizia
norvegese è disarmata (le pistole debbono
restare nelle auto sotto chiave). Nel novem-
bre del 2014, quando si diffuse la notizia di
possibili attentati terroristici, si decise di
derogare e lasciare le pistole alla cintura dei
poliziotti. Durò fino al febbraio 2016, poi
tutto è tornato come prima. E fu l’occasio-
ne per una rapida indagine da cui risultò che
dal 2002 al 2014 la polizia aveva esploso al
massimo sei colpi in un anno, spesso zero
colpi, e che in quasi tredici anni aveva ucciso
due sole persone in conflitti a fuoco.
Va bene, lo accetto: starete pensando
che però la Norvegia è un altro pianeta.
Ed è sicuramente quello che i norvegesi
pensano di noi.

*editorialista de La Stampa. Illustrazione Dewie Drolenga
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