La sera stessa mi praticarono un altro ECG e la fibrillazione risultava ancora presente nonostante le
dosi massicce di farmaci, per cui fecero intervenire un aritmologo che conoscevo di fama essendo
uno dei più prestigiosi della città.
Mi visitò e prese decisioni importanti che mi sorpresero: mi impose di interrompere i farmaci
antiaritmici, ed anche il betabloccante che prendevo da 40 anni, per poter modificare la terapia nei
giorni successivi!
Io sapevo di non potermi permettere un’interruzione brusca di farmaci come il betabloccante che
invece, come regola ben definita in medicina, dev’essere sospeso gradualmente per evitare che
l’organismo subisca il cosiddetto “effetto rebound” che determina la ripresentazione della malattia
di base ma con maggiore gravità!
Sapevo di aver ragione in tal senso e, precisando di essere un collega del 118, riferii al cardiologo le
mie lecite preoccupazioni e lo pregai di farmi sospendere gradualmente il betabloccante, ma lui
stranamente si oppose.
In seguito a mie insistenze precisò che, per le dosi di farmaco che aveva deciso di farmi assumere
dalla mattina successiva, necessarie per controllare la fibrillazione, sarebbe stato meglio non
associare anche il betabloccante per evitare rischi ulteriori.
Infatti diede disposizione agli infermieri di somministrarmi dall’indomani 3 pillole di antiaritmico
per 3 volte al giorno, lo stesso farmaco che prendevo da tempo, il propafenone, ma a dosi triplicate,
e di sospendere il betabloccante.
Io rimasi ancora più stupito ma non mi permisi di controbattere ulteriormente uno specialista di quel
livello ed accettai la terapia senza ulteriori discussioni.