Io rimasi sbigottito, incredulo, profondamente rattristato, ma comprendendo l’enorme dramma che
stava vivendo le dissi clamorosamente che ero d’accordo, che l’amavo e quindi desideravo che
ritrovasse tutta la sua felicità, a qualsiasi costo, anche senza di me.
Lei apprezzò molto la mia adesione al suo invito desolante ma realista, che reputò necessario per
evitare che, oltre la tragedia del padre, si sovrapponessero nella sua vita anche difficoltà esistenziali
dovute al perseverare della relazione con un ragazzo come me che non era pronto a divenire un
padre di famiglia, non avendo neanche un lavoro.
Sapevo in cuor mio, comunque, che pur trattandosi di una crisi molto grave avrei avuto la
possibilità, chissà come e chissà quando, di recuperare il rapporto con lei, prima o poi, perché
l’amavo troppo. Lei era la mia vita, non avrei resistito se non vivendo in attesa di riprendere
definitivamente la nostra relazione, anche se in un futuro che al momento era totalmente ignoto.
In quel periodo avevo un compito importante, l’unico possibile: dovevo assolutamente assecondarla
perché la sua sofferenza era devastante e necessitava di soluzioni reali ed efficaci.
Sentivo di doverle assicurare il massimo della comprensione possibile, e così feci, restando senza di
lei e piangendo lacrime amare per un tempo che risultò terribilmente lungo ed angosciante.
Infatti persi Giovanna così, in quella situazione drammatica, senza poter opporre alcuna resistenza,
senza poter ricorrere ad alcuna soluzione alternativa. Confesso che pur di non perderla pensai di
abbandonare gli studi universitari e per qualche giorno mi misi a cercare un lavoro ma si trattò di
una missione impossibile perché non ero in grado di svolgere alcuna attività di nessun tipo, nè
muratore, né pizzaiolo, né artigiano, né commesso, e non avrei saputo nemmeno svolgere altre
attività commerciali perché non avevo alcuna esperienza. Oltretutto a Salerno in quel periodo non
era affatto facile trovare un lavoro, in nessun settore.
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