Osservando il suggestivo panorama ascoltavo spesso una canzone che mi permetteva di sognare
tempi migliori, mi offriva spunto per affidare il mio destino a qualcuno che osasse pregare per me, e
che divenne la colonna sonora della mia permanenza a Firenze:
Save a prayer
Un paio d’anni dopo, ed in seguito ad una vera metamorfosi dei sentimenti e delle passioni che,
tanto per rimanere in tema di città d’arte come Firenze divennero come opere da ammirare nelle
mostre dei ricordi antichi, di un’epoca lontana, come i quadri dei nobili residenti nel castello, lasciai
la fortezza e tornai in città per vivere gli ultimi scampoli d’esilio, deciso a tornare a Salerno appena
superato un ultimo esame universitario.
Si trattava di Microbiologia che sostenni a luglio del 1987, e studiai in una stanza misera, riservata
esclusivamente a stranieri e meridionali visto che una percentuale significativa di toscani in quegli
anni erano vergognosamente e dichiaratamente razzisti, dove mi ero trasferito da poco, proprio di
fronte alla stazione di Santa Maria Novella.
Il razzista più vergognoso fu proprio il professore di Microbiologia il quale mi costrinse a ripetere
ben 3 volte l’esame visto che odiava a morte noi meridionali, più degli stranieri, e ci bocciava in
continuazione. Quando c’erano le sedute d’esame le sue regole principali erano ben conosciute e
nessuno osava opporsi: prima i fiorentini, poi gli altri italiani, per ultimi stranieri e meridionali il cui
turno capitava non prima delle 8-9 di sera! Agli ultimi, intesi come tali non solo per ordine
cronologico ma per imposizione razziale di quel verme di professore, veniva generalmente posta
una sola domanda per poterli bocciare subito, con scuse pretestuose ed anche in caso di risposte
esatte, e punirli per essere soggetti spregevoli per costituzione e per indole!