Se provavo a ribellarmi, a trovare soluzioni, tutte le sofferenze venivano esasperate ancor di più
perché i problemi incredibilmente peggioravano!
Capivo che era un supplizio dal quale non mi potevo tirare indietro.
Era scritto nel mio destino che doveva andare così, ed infatti spesso chiedevo a Dio il perché!
Perché contro di me, che sono anche così fragile a causa della malattia, tutte quelle atroci
sofferenze?
Spesso non ottenevo alcuna risposta, potevo ascoltare solo il silenzio ed il terribile imperversare
della tempesta.
Ero solo io, davanti a drammi insormontabili, ad ingiustizie incredibili, sommerso da tutto l’odio
del mondo, dal grigiore assoluto ed angosciante di una tempesta che sembrava senza fine.
L’unica forma di sollievo possibile la ottenevo quando non reagivo più, non mi dimenavo più nel
tentativo inutile di risolvere le assurdità di cui ero vittima, e clamorosamente mi fermavo, le
lasciavo inveire contro di me e farmi tutto il male possibile!
Il dolore che pativo era enorme e soltanto la sua accettazione, la sottomissione totale, mi lasciava
intravedere tiepidissime speranze in una futura salvezza.
Mi lasciai andare e divenni tutto ciò che il destino volle: una larva umana, un essere emarginato, un
uomo isolato da tutto e da tutti, denigrato, mortificato, umiliato, tradito.
Ma innocente.
In poche parole, un martire.
Un vero martire, inutile nascondersi dietro altre definizioni meno gravi.