Si trova quindi grande riscontro nella Bibbia riguardo alla necessità di essere umili per generare
grandi risultati spirituali.
Ogni volta che si ha il coraggio di narrare storie di Fede e di scrivere su Dio si compie una delle
azioni più solenni della nostra esistenza, e per raggiungere la massima efficacia della testimonianza
si deve ricorrere, come ha fatto Gesù, alla preziosissima umiltà, ad una descrizione più semplice
possibile degli eventi, delle sensazioni, delle passioni, delle emozioni.
Se si tenta di esaltare ed osannare dal punto di vista filosofico i propri scritti, si commette un grave
errore perché si producono testi auto esilianti, destinati ad una schiera di lettori molto limitata, ad
una lobby di acculturati, circostanza che corrisponde esattamente al contrario della missione di
Gesù che ha voluto e dovuto rivolgersi a tutti, alle masse, al popolo.
Quando si scrive sull’Amore di Dio i frutti che si raccolgono sono infiniti, e sono destinati sia ai
contemporanei che ai posteri, e spesso possono modificare il corso della loro esistenza rendendola
più consapevole, più ricca, più Santa. In alcuni casi possono addirittura salvare la vita, l’unica
esistenza che abbiamo a disposizione, reindirizzandola verso la Luce Eterna.
Gli scritti su Dio e sul Suo immenso Amore generano frutti in eterno, pur senza averne contezza.
Anche in questo caso ci viene in soccorso una parabola di Gesù, ancora una volta su un seme,
quello che cresce da solo: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;^ dorma o
vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.^ Poiché la terra
produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.^ Quando il
frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
Ma un libro sul Buon Dio, rispetto ad un terreno seminato, consente la raccolta dei frutti, la
mietitura, per sempre e non per una stagione soltanto.