Vivemmo periodi davvero entusiasmanti, anche perché abitando insieme condividevamo tutto,
persino la colazione al mattino prima di uscire per andare in ufficio a Roma centro.
Eravamo in tre e sentivamo di avere nelle nostre mani il destino di quel progetto che era destinato
ad apportare una vera rivoluzione nel settore della sanità italiana.
Ci sentivamo forti e capaci, avevamo tutto: una casa meravigliosa, una bella macchina, un progetto
da sogno, un ufficio di fronte a Montecitorio, i capitali necessari per avviare la fase operativa in
attesa di accogliere altri soci per ultimare l’assetto societario.
Quel progetto in quel momento rappresentava la mia unica speranza di vita dal punto di vista
professionale, e credo in parte anche per loro perché l’impegno che profusero fu davvero notevole,
dedicando, come me, tutto il tempo a disposizione.
Fu l’ennesima volta, nella mia vita, che ebbi fiducia totale, senza mai avere alcun tipo di dubbio, su
alcun tipo di rischio, ed anche in questo caso, come accaduto col primo ex socio Gianni l’anno
precedente, quei due soci mi parvero addirittura degli Angeli caduti dal cielo, per i fondi che
investirono al momento giusto e per quanto impegno ci mettessero in ogni procedura.
L’esaltazione ad Angeli, in quel momento, era sacrosanta perché grazie a loro potei riprendere alla
grande il progetto che era stato bloccato in precedenza dalle richieste estorsive di Gianni che mi
procurò sofferenze enormi.
Paolo e Giovanna, invece, nel mio immaginario non solo stavano consentendo al progetto di
divenire realtà, ma stavano anche salvando la mia vita da torture indibili.
Qualsiasi passo da compiere lo condividevamo, sia nelle scelte iniziali che nell’esecuzione
successiva, e tutto andò bene, anzi benissimo, nei primi mesi.