La procedura di dirottamento di una rete vendita selezionata per altre funzioni e prodotti non mi
sembrava proprio l’ideale, ma il socio, che aveva investito somme importanti, insistette a lungo.
Era sua facoltà individuare il settore da dirigere, e questo valeva per tutti i soci operativi che
avessero investito somme interessanti, e quindi tutti acconsentimmo.
Dopo il pellegrinaggio dei miei genitori a Roma iniziai a detestare il mio progetto e pertanto da
allora non tentai più di imporre ai soci procedure che sapevo essere più efficaci rispetto alle loro
proposte mediocri; piuttosto misi ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, spiegando che in
caso di errore o incapacità ne avrebbero risposto in prima persona.
Di fatto, come programmato, stavo iniziando a mollare le redini.
La magnificenza dell’ufficio, che nella fase iniziale mi aveva fatto vivere emozioni entusiasmanti,
era divenuta ormai sgradita perché segno di felicità fittizia: troppo sfarzo, troppa eleganza, troppa
ricchezza, e tutto senz’anima.
Le persone che frequentavo, tra i quali i nuovi soci, i partner, i consulenti, erano quasi tutti avidi ed
affamati di successo personale, di potere, e soprattutto di denaro, tanto denaro.
Rifiutavo tutto e tutti, essendo disgustato dall’avidità regnante ovunque, ma ero costretto a
continuare ad operare perché era ormai vicina, per l’ennesima volta, la partenza dell’attività.
In quei giorni avevo notato, purtroppo e come sempre accaduto, che anche i comportamenti di quei
nuovi soci campani erano divenuti anomali come quelli dei traditori del passato, ed infatti una
stagista che operava in ufficio, e che aveva una certa stima nei miei confronti, mi confidò che
probabilmente alcuni di loro avevano organizzato qualche complotto contro di me per estorcermi il
controllo dell’azienda!
Ancora una volta ritornava l’incubo di sempre!