la Repubblica - 22.07.2019

(Romina) #1
EPA

«Quando è impossibile dirlo, ma la
direzione in cui si stanno muoven-
do gli eventi nel Golfo è quella di
una escalation». Per il politologo Ian
Bremmer, fondatore del think tank
Eurasia e docente alla New York Uni-
versity, il filo che finora ha evitato
un conflitto aperto nello stretto di
Hormuz rischia di spezzarsi: gli ira-
niani hanno bisogno di aumentare
la pressione; negli Usa, nonostante
Trump non voglia uno scontro mili-
tare con l’Iran, una fetta dell’ammi-
nistrazione preme per una risposta
dura a Teheran.
Ian Bremmer, l’Iran e gli Stati

Uniti stanno andando verso la
guerra nel Golfo o gli ultimi eventi
possono aprire una nuova finestra
di negoziato?
«Nessuna delle due parti desidera
uno scontro militare diretto, ma
nonostante questo le probabilità che
un’escalation porti a uno scontro
diretto stanno aumentando. Allo
stesso tempo, sta crescendo la
possibilità che si apra una finestra di
dialogo per nuovi negoziati: questo è
quello che preferirebbe Trump ed è
diventato un po’ più facile dopo che
gli iraniani hanno intensificato la loro
attività offensiva e hanno mostrato la

loro bona fides nazionalista».
Teheran sta dimostrando di
poter controllare lo Stretto di
Hormuz che è ancora uno dei più
importanti checkepoint del mondo:
che cosa significa - strategicamente
e politicamente - per gli Stati Uniti e
i loro alleati nell’area come gli
Emirati Arabi e l’Arabia Saudita?
«Come ha detto il ministro degli

esteri iraniano, Teheran vuole
dimostrare che non c’è sicurezza nel
Golfo Persico se loro non saranno al
sicuro, quindi aumenteranno le
minacce contro il transito delle
petroliere. Bisogna considerare però
che i prezzi del petrolio sono ancora
bassi ... c’è abbondanza di offerta e
che la geopolitica dell’energia si sta
spostando dal Golfo: questi fattori
riducono i pericoli».
Trump non sembra interessato a
un’escalation militare con l’Iran, a
differenza di Bolton o Pompeo. Allo
stesso tempo ha appena approvato
l’invio di 500 soldati in Arabia
Saudita, 16 anni dopo il ritiro. Qual è
la strategia?
«La strategia di Trump è usare
l’escalation per forzare la diplomazia
e arrivare a un nuovo accordo a cui
potrà dare il suo nome. Questa non è
la strategia degli oltranzisti
dell’amministrazione, ma Trump
resta il presidente».
Per questo sceglie il senatore
Rand Paul, storicamente favorevole
al negoziato, per mediare con
l’Iran?
«Paul è considerato affidabile da
Trump: la maggioranza vuole evitare
il conflitto militare, e gli iraniani
capiscono il senso della scelta di
Paul».
In Iran quanto è ancora possibile
immaginare un nuovo negoziato
con gli Usa?
«Il leader supremo Khamenei è più
scettico sulla possibilità di un
accordo, quindi è più impegnativo
riuscire ad avviare un nuovo
negoziato».
Dovremmo aspettarci
un’escalation nei prossimi giorni?
«Questa è la traiettoria. Esattamente
quando è impossibile da dire».

L’intervista


Bremmer “Nel Golfo cresce


il rischio di un’escalation


tra Washington e Teheran”


di Gabriella Colarusso

PECHINO — Tafferugli, lacrimogeni, barricate e lanci di
oggetti, proiettili di gomma sparati dagli agenti. È
finita con scontri tra polizia e giovani manifestanti
mascherati la settima domenica consecutiva di
protesta a Hong Kong. Nel pomeriggio il solito fiume
di persone in nero, 430mila secondo gli organizzatori
e 138mila per le autorità, ha sfilato pacificamente nelle
strade della città, chiedendo il ritiro della legge
sull’estradizione verso la Cina. Di notte agenti in tenuta
antisommossa hanno sgomberato la folla.
— Filippo Santelli

Hong Kong
Sfida alla Cina, giovani in piazza
Notte di battaglia con la polizia

dal nostro corrispondente
Antonello Guerrera

londra — È sempre più intensa la
bufera politica sugli ultimi scampoli
del governo May, perché il seque-
stro da parte di Teheran della petro-
liera britannica Stena Impero, su
cui ieri è stata provocatoriamente in-
nalzata la bandiera iraniana, agita
sempre più dubbi e malesseri a Lon-
dra. Oggi il ministro degli Esteri Jere-
my Hunt dovrebbe annunciare san-
zioni contro alcuni membri dei pa-
sdaran, i Guardiani della Rivoluzio-
ne. Ma sarà un inutile palliativo a

questo punto, sia per la crisi in sé,
sia per la fiducia nel governo britan-
nico. Il Regno Unito sinora ha sem-
pre perseguito la linea della de-esca-
lation per raffreddare le tensioni nel
Golfo Persico, a causa degli Stati Uni-
ti sempre più aggressivi verso Tehe-
ran e iraniani nervosi per le sanzioni
e l’accordo internazionale sul nu-
cleare in bilico causa Trump. Perciò,
Londra non ha mai voluto mostrarsi
troppo schiacciata sulla linea dura
degli Usa, anche se fu proprio Wa-
shington a chiedere il sequestro del-
la petroliera iraniana Grace 1 il 4 lu-
glio scorso che ha scatenato la rea-
zione di Teheran. Così il Regno Uni-

to aveva deciso la settimana scorsa
di non scortare le sue imbarcazioni
che attraversano Hormuz, lascian-
do nei paraggi solo la nave da guer-
ra Hms Montrose. Troppo poco per
disinnescare la minaccia dell’Iran,
palese per settimane.
Una tattica che ora sembra suici-
da. Non solo. Secondo Iain Duncan
Smith, già leader dei conservatori e -
si sussurra a Westminster - prossi-
mo vice-premier di Boris Johnson,
«gli Stati Uniti avevano offerto le lo-
ro navi per scortare le nostre imbar-
cazioni», la cosiddetta Operation
Sentinel, «ma noi abbiamo incredi-
bilmente rifiutato, che si apra un’in-

chiesta!». Anonimi sottosegretari
hanno detto al Sunday Times che il
governo ha «sottovalutato il perico-
lo, perché distratto dalla Brexit». Al-
tri che «la Difesa è stata così depau-
perata che non abbiamo i mezzi per
garantire la sicurezza in mare». Con
l’arrivo a Downing Street di John-
son, amico di Trump, cosa accadrà?
Londra abbandonerà la sua pruden-
za? Ieri sera, il ministro di Stato de-
gli Esteri dell’Arabia Saudita - nemi-
co n.1 di Teheran - Adel al Jubeir ha
twittato: “Il sequestro della nave bri-
tannica è inaccettabile, l’Iran lo sap-
pia”. La de-escalation che insegue
Londra è sempre più lontana.

g


EDGAR SU/REUTERS

BERLINO - Riesplode in Polonia la violenza di piazza
dell’ultradestra nazionalsovranista e omofoba
contro la comunità Lgbt. Nella città nordorientale di
Bialystok il primo corteo gay pride è stato
brutalmente attaccato da squadracce di ultrà
polacchi. Molti pacifici dimostranti sono stati pestati
a sangue, sotto gli occhi della polizia la quale, pur
disponendo a livello nazionale di molti mezzi, è stata
incapace di garantire che il corteo si svolgesse lungo
il percorso concordato con le autorità.


  • Andrea Tarquini


Le tappe
La crisi
di Hormuz

4 luglio
Una nave vicina
a Teheran
sospettata
di trasportare
petrolio
iraniano viene
bloccata
a Gibilterra
dagli inglesi

11 luglio
Gli iraniani
tentano
di bloccare
una petroliera
britannica
nel Golfo. Il blitz
è sventato
dalla Royal Navy

18 luglio
Gli iraniani
annunciano
di avere
bloccato
una petroliera
degli Emirati,
arrestando
l’equipaggio
con l’accusa di
contrabbando
di petrolio

19 luglio
I pasdaran
sequestrano
la petroliera
britannica
Stena Impero

Lo scontro regno unito-iran

“Rifiutata la scorta Usa alle petroliere”


L’accusa: Londra distratta dalla Brexit


Nessuna
delle due
parti
desidera
uno scontro
militare
diretto,
eppure
aumentano
le possibilità
che si vada
in questa
direzione

f


L’Iran vuole
dimostrare
che non c’è
sicurezza
nel Golfo
se loro non
sono al
sicuro, così
aumentano
le minacce
contro il
transito delle
petroliere

kPolitologo
Ian Bremmer
è il fondatore
del think tank
Eurasia

kLa Stena Impero bloccata nel porto di Bandar Abbas, dopo il sequestro del 19 luglio


Polonia
Dimostranti Lgbt pestati a sangue
Gli agenti non fermano l’ultradestra

AGENCJA GAZETA/REUTERS

Si fa aspra


la polemica interna


dopo il sequestro


della nave britannica


Stena Impero. Divisi


i conservatori. Pronte


sanzioni ai pasdaran


pagina. (^14) Mondo Lunedì, 22 luglio 2019

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