Libero - 22.07.2019

(Barré) #1

FILIPPO FACCI


■Non ci siamo mai abituati
all’idea che in Italia ci siano degli
orsi. In questa Penisola ci sono un
sacco di bestie, e in gergo forbito
si dice «biodiversità», una cosa
che da noi è ineguagliabile: non
tutti sanno che dalle Alpi a Capo
Passero circolano anche linci, mu-
floni, sciacalli, visoni, sei tipi di le-
pri e trentaquattro sottospecie di
pipistrelli. Abbiamo metabolizza-
to che in Italia ci sono i lupi (negli
anni Settanta erano quasi estinti),
anche se vederne uno resta un’im-
presa e sono molto più minuti di
quelli evocati dalla mitologia e dal-
le favole: non ti attaccano neppu-
re se li prendi a calci. Ma gli orsi?
L’immaginario li associa a certi te-
lefilm americani e quindi a una
sorta di piccoli autobus pelosi che
corrono sino a 48 all’ora (Usain
Bolt giungeva a 37) e a cui basta
una zampata e sei morto: è l’uni-
co mammifero che riuscirebbe a
respingere una tigre siberiana, se-
condo gli esperti. Ma gli orsi natu-
ralmente non sono tutti uguali: e
torniamo all’Italia.
Da noi i plantigradi
come quelli del Trenti-
no (per esempio l’M49,
quello che, ingabbiato,
ha fottuto tutti e si dato
a una fuga tipo Papil-
lon) sono chiamati orsi
bruni, ma per dimen-
sioni corrispondono al
massimo a un cucciolo
di un grizzly nordame-
ricano: si attestano sui
130 chili e, in piedi, arri-
vano a due metri. Sono
i più piccoli che esista-
no. I kodiak dell’Alaska
e gli orsi polari, per di-
re, arrivano a 700 chili
e a 3 metri e 20 di altez-
za (ne hanno trovato
uno di 1.000 chili e alto
3.40) e attaccano solo quando so-
no affamati, cioè sempre. I nostri
orsi, per dimensioni, sono inferio-
ri a un panda, e oltretutto non so-
no neanche italiani, sono sloveni:
sono immigrati che hanno tolto il
lavoro agli orsi italiani. I quali, in
pratica, non ci sono più, a parte
l’orso marsicano che se ne sta
tranquillo in Abruzzo (una cin-
quantina di esemplari) e che non
fa paura a nessuno. Poi c’è chi –
come Franco Zunino, segretario
dell’Associazione Wilderness – ha
sostenuto che la specie slovena
sia più aggressiva, ma questa cosa
degli orsi immigrati va spiegata
meglio.


SPAZI ESAURITI

In Italia, un tempo, c’erano un
sacco di orsi su tutto l’arco alpino.
Per una ragione o per un’altra, a
partire dal 1850 la caccia ai bestio-
ni s’impennò (incentivata anche
dal pagamento di taglie) e solo in
Valtellina, tra il 1873 e il 1879, ne
uccisero 49. L’abbattimento calò
dal 1910 al 1925 e la specie diven-
ne protetta con il Testo Unico sul-
la Caccia del 1939, in pieno fasci-
smo. Ma era tardi. Lo sfruttamen-
to agricolo e zootecnico del territo-
rio, tra le due guerre mondiali,
aveva raggiunto il suo apice e gli
spazi disponibili per la fauna si re-


strinsero, anche perché – detta-
glio da tenere a mente – l’orso ten-
de a evitare le zone interessati da
attività umane. Non gli piaccia-
mo. Agli inizi anni Sessanta si po-
teva ipotizzare una consistenza di
circa 15 esemplari. Nel Brenta
nord-orientale, verso la fine degli
anni Novanta, erano rimasti tre o
quattro orsi al massimo. La solita
caccia di frodo e i cambiamenti
ambientali li avevano decimati
dappertutto. Poi partì un ambizio-
so progetto naturalistico cofinan-
ziato dall'Unione Europea («Life
Ursus») e in Trentino tra il 1999 e
il 2002 vennero rilasciati 10 orsi (
maschi e 7 femmine) provenienti
dalla Slovenia: il 70 per cento dei
trentini si disse favorevole. Nel
2002 già si registrarono 9 nascite.
L’obiettivo era che in qualche de-
cennio di costituisse una popola-
zione 40-60 orsi adulti, ma ci sia-
mo arrivati molto prima. Si sono
trovati bene.
Ovviamente l’improvvisa riap-
parizione di una bestia come l’or-
so non poteva passare inosservata
in valli con centinaia di Paesi: sta
di fatto che l’impegno dei trentini
e dell’Ispra (Istituto Superiore per
la Protezione e la Ricerca Ambien-
tale) favorirono spostamenti degli
orsi anche incredibili, perché non
si tratta di un animale territoriale:
li hanno avvistati in provincia di

Bolzano, sull’Altopiano di Asiago,
nel Bergamasco, sul lago di Garda
e poi in Austria, in Svizzera e addi-
rittura in Germania, dove ne ab-
batterono tre nel 2003.

DEMAGOGIA FAUNISTICA

Pericolosi o no – e non lo sono,
se non ti avvicini ai cuccioli e, in
generale, se non gli rompi i coglio-
ni - gli orsi fanno anche danni: al-
le fattorie, alle aziende agricole, al

bestiame. C’è gente che s’incazza.
Gente che vota. Così, nel tempo, il
consenso popolare degli inizi pre-
se a scendere. Nel 2011 il gradi-
mento giunse a un 30,3 per cento
di favorevoli, quando nel 1997 era
al 73. Qui la contraddizione appa-
rente: i trentini, più di ogni altro
popolo europeo, hanno contribui-
to al ripopolamento degli orsi lun-
go tutto l’arco delle Alpi, ma sono
anche coloro che, con razionalità
teutonica, non transigono sulle re-
gole che hanno deciso di darsi per
evitare proprio che la gente, degli
orsi, non ne possa più. Le bestie
vengono monitorate, radiocon-
trollate, sedate se problematiche,
rinchiuse per brevi periodi e finan-
co abbattute se ritenute attendibil-
mente pericolose: da noi non suc-
cede mai, perché siamo italiani e
verrebbe giù tutto (come per Dani-
za, l’orsa che nel 2016 morì dopo
una sedazione, anche se in prece-
denza ne aveva subite altre) ma
all’estero non ci pensano due vol-
te, e sparano. In Svizzera è accadu-
to nel 2008 e nel 2013.
L’orso M49, incredibilmente
scappato dall’area faunistica di
Casteller, era stato catturato a Por-
ta di Rendena (Trento) ed era, di-
ciamo così, in custodia cautelare:
si era reso responsabile di molti
danneggiamenti, uccisioni di ani-
mali in fattorie, tentativi di intru-

sione in spazi privati e, una notte,
aveva cercato di intrufolarsi in
una malga abitata. Un personag-
getto quantomeno da controllare.
Così, questo febbraio, decisero di
catturarlo anche se la protezione
animali cercò di farne un caso na-
zionale e, nei giorni scorsi, il mini-
stro dell’Ambiente Sergio Costa
(di nomina grillina) ha reagito
con una serie di sparate demago-
giche e ha parlato di «inefficienze
mostrate nella cattura», come se
lui ne capisse qualcosa rispetto ai
trentini che restano i maggiori
esperti europei, e coloro senza i
quali, in Italia, non ci sarebbe
neanche più un orso. Non c’è da
difendere i trentini a tutti i costi:
ma le sciocchezze demagogiche
dette da ministri nominati solo
perché vicini e conterranei di uno
come Luigi Di Maio, beh, è roba
che non si può sentire. Comun-
que M49 si è rivelato un fenome-
no: la gabbia da cui è fuggito è alta
più di tre metri, ha una rientranza
introflessa a 45 gradi per evitare le
fughe, 7 fili elettrici con una forza
di scossa per ogni filo di 4,5 joule
(dolorosa, non danneggia l’anima-
le) e sotto c’è un cordolo di cemen-
to che impedisce lo scavo. Ora lo
stanno cercando con droni dotati
di termocamere, cani, pattuglie
della forestale e fototrappole: per-
ché sono degli esperti.

QUESTIONE VARIEGATA

C’è gente che nella vita, di me-
stiere, si dedica agli orsi, alleva ca-
ni speciali (i cani da orso, utili per
dissuadere bestioni malintenzio-
nati) mentre la Provincia pubbli-
ca opuscoli didattici («Conosci
l’orso bruno») e organizza visite
guidate per le scolaresche. Insom-
ma, la questione è un po’ più va-
riegata della sua riduzione a un
presidente della Provincia che vor-
rebbe abbattere l’orso (sarebbe
Maurizio Fugatti, Lega) e un mini-
stro dell’Ambiente (Sergio Costa,
grillino) che vorrebbe salvarlo, e
che ribatte, assurdamente, che «la
tutela dell’animale ha la priorità».
Ci sono gli allevatori esasperati
dai danni causati dagli orsi e dai
lupi. Ci sono le manifestazioni di
ambientalisti e animalisti. Ci sono
le province di Bolzano e di Trento
che da parecchio, cioè da ben pri-
ma della questione M49, sostengo-
no che occorre ridurre il numero
di lupi e orsi: anche se formalmen-
te non possono, perché gli anima-
li protetti sono considerati patri-
monio nazionale. I provvedimen-
ti di cattura ed eventuale abbatti-
mento di animali che abbiano fat-
to danni alle colture, di recente,
sono stati giudicati legittimi dalla
Corte Costituzionale: proprio co-
me le province di Trento e Bolza-
no volevano.
Come finirà? Nessuno, a parte
qualche allevatore incattivito, vuo-
le l’abbattimento. Chi non si pone
il problema è probabilmente pro-
prio l’orso M49, che da quanto in-
teso sino all’altro giorno se ne pas-
seggiava nei boschi a sud di Tren-
to anche se è vero che un orso
può percorrere anche 70-80 chilo-
metri in una notte. A proposito,
chiudete bene la porta. C’è il giro
l’orso cattivo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Prosegue la caccia a M49, fra sparate demagogiche e timori fondati


Non siamo un Paese per orsi (ma una volta sì)


In un tempo nemmeno tanto lontano i plantigradi erano di casa in Italia. Ora sono decimati. Ecco come stanno davvero le cose


RICERCATO


Qui sopra, un immagine dell’orso
denominato M49: era stato catturato
a Porta di Rendena (Trento)
poiché responsabile di
danneggiamenti, uccisioni di animali
in fattorie, tentativi di intrusione in
spazi privati. È fuggito dall’area
faunistica di Casteller, sempre in
Trentino, dov’era rinchiuso in una
gabbia alta più di tre metri, circondata
da fili elettrici: ora è ricercato
da pattuglie della Forestale anche
con l’ausilio di droni dotati di
termocamere. Qui a sinistra,
una “famiglia” di orsi marsicani:
si tratta dell’unica specie originaria
del nostro Paese, ne rimangono
una cinquantina di esemplari
nel Parco Nazionale d’Abruzzo

VISIONI DIVERSE
«La questione dell’orso M49,
fuggito e ora ricercato,
è variegata.
C’è un presidente
della Provincia che vorrebbe
abbatterlo e un ministro
dell’Ambiente che vorrebbe
salvarlo, gli allevatori
esasperati dai danni
causati dagli animali
e gli ambientalisti
che manifestano. E lui,
l’orso, che passeggia ignaro
nei boschi del Trentino»

13
lunedì
22 luglio
2019

ATTUALITÀ

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