Libero - 22.07.2019

(Barré) #1
Inviateci una lettera per i vostri nonni: pubblicheremo
le migliori. Scriveteci all’indirizzo:
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Le trovate di Giovanni


L’ avvocato geniale


che se la cavava sempre


Una vita che sembra un romanzo


LA MIA SUPER NONNA


«Rimasi orfano a 5 anni e la madre di mio padre si è presa cura di me


Durante la guerra fui ospitato da una famiglia ricca ma non ero felice»


■Ha percorso più di 200 chilometri, ha attraversato le fore-
ste della Siberia per tornare dal proprietario che lo aveva spedi-
to in un canile. Arriva dalla Russia la storia di Maru, cucciolo
di Bullmastiffil scappato dal treno della Transiberiana che lo
avrebbe dovuto riportare dalla sua allevatrice dopo che la

famiglia adottiva aveva deciso di disfarsene perché allergica ai
cani. Il cucciolo è stato trovato, con le lacrime agli occhi, due
giorni dopo vicino alla casa del proprietario che lo aveva ab-
bandonato. Maru, per tornare a casa, ha seguito i binari della
ferrovia ed ora è in cura in attesa di conoscere il suo futuro.

UGO DOCI


■Ognuno possiede quat-
tro nonni, due materni e
due paterni, tuttavia nel
mio caso ho potuto far con-
to solo su uno dei quattro.
Anzi su una. Lei era la non-
na paterna, con la quale ho
vissuto i primi anni della
mia vita poiché purtroppo
mia madre è morta dopo
lunga malattia quando io
avevo solo cinque anni. Per
chiarezza di chi mi legge
spiego la causa della man-
canza degli altri tre nonni.
Le vicissitudini della vita
avevano portato mia non-
na materna a lavorare lonta-
no da casa per l’esatezza a
Roma, partita da un paesi-
no della provincia di Vene-
zia. Nella capitale d’Italia,
come in tutte le grandi città
per una giovane ragazza
proveniente dalla provincia
è stato difficile. Essendo fra-
gile ha conosciuto un tizio e
per costui è stato un gioco
approffittarsi di lei. Lo sco-
nosciuto l’ha messa incinta
e, oltre a non assumersi le
sue responsabilità, ha fatto
perdere le sue tracce. Per
questa ragione questo è sta-
to il nonno che non ho mai
conosciuto.
La nonna è tornata in Ve-
neto però è stata rifiutata
dalla sua famiglia a causa
dei forti pregiudizi esistenti
in quel tempo. Nel frattem-
po ha partorito mia madre.
Purtroppo, la nonna, colpi-
ta da una forma di meningi-
te è morta lasciando sola la
bambina di un anno, an-
che lei rifiutata da quella
sciagurata famiglia. Per sua
fortuna mia madre ha ri-
sparmiato l’orfanotrofio,
perché una famiglia genero-
sa di contadini ha accettato
di prendersela in casa e si
sono offerti di allevarla, pur
avendo già una decina di fi-
gli, sostenendo che dove
mangiavano in dieci, pote-
vano farlo anche in undici.
La mamma a poco meno
di vent’anni ha conosciuto
mio padre e lo ha sposato
ma dopo la mia nascita e
quella di altri due fratelli, si
è ammalata ed è morta a so-
li 27 anni.


LA RICERCA

Anche la nonna paterna
è rimasta sola perché era
stata abbandonata dal mari-
to quando mio padre ave-
vaa su per giù cinque anni:
così ho perso un altro non-
no: di lui non si è più sapu-
to nulla, fino a quando ave-
vo circa quarant’anni e, do-
po alcune ricerche l’ho rin-
tracciato. Ovviamente ha
una nuova famiglia. Dun-
que, tornando alla morte di
mia madre, sono rimasto a
vivere a Mestre, con la non-
na paterna nel periodo
dell’immediato dopo guer-
ra. Qui ho vissuto per alcu-
ni anni e dopo essere scam-


pato alla morte a causa dei
molti bombardamenti, nei
quali mio padre è rimasto
gravemente ferito, il paese
era nel periodo di una gra-

ve penuria alimentare, si ri-
schiava probabilmente di
morire di fame, se non era
per il famoso piano Mar-
shall che ci ha permesso di

sopravvivere.
A causa delle condizioni
di assoluta precarietà del
paese, uscito quasi distrut-
to dalla guerra, la Croce

Rossa internazionale, ha
programmato con il gover-
no svizzero la possibilità di
portare in quel paese un
certo numero di bambini

particolarmente bisognosi
e di ospitarli in case private
per qualche mese, fino a
quando non fossero ritorna-
te condizioni almeno vivibi-
li. Nelle condizioni in cui si
trovava la mia famiglia in
quel momento, papà pur
con molti dubbi, per neces-
sità ha aderito a questa ini-
ziativa. In fin dei conti non
me ne sarei andato come
quei bambini oggi sbattuti
su degli inaffidabili gommo-
ni e spediti allo sbaraglio
senza meta: il viaggio era or-
ganizzato e seguito dalla
Croce Rossa e spedito in un
Paese svizzero che si trova
nella vicinanze di Saint Mo-
ritz, che pur non essendo
molto lontano da Mestre,
oggi raggiungibile in poche
ore, in quel tempo ci volle-
ro tre giorni e due notti per
raggiungerlo, probabilmen-
te per ragioni burocratiche,
ma anche perché le linee
ferroviarie erano state dan-
neggiate dalla guerra.

LA TRAGEDIA

La mattina della partenza
fu quasi una tragedia, la
nonna piangeva ed io, attac-
cato alle sue gonne, non vo-
levo lasciarla, sarei rimasto
a casa anche senza mangia-
re. Tuttavia alla fine sono
partito e alla stazione guar-
davo mio padre senza riu-
scire a pronunciare neppur-
re una sillaba, mentre papà
forse per tranquillizzare la
sua coscienza, continuava
a ripetermi: «Se vuoi ti tiro
giù», avrei voluto urlare,
ma dalla mia gola non usci-
va nemmeno quel sempli-
ce «sì».
Arrivato a destinazione
sono finito a casa del posti-
no del paese dove ero pro-
babilmente destinato, in
quella casa si mangiava tre
volte al giorno, oltre ai vari
spuntini, un altro mondo ri-
spetto a quello che avevo la-
sciato, tuttavia mi mancava
la mia famiglia e l’unica
nonna che mi era rimasta.
Quando dopo vari mesi so-
no tornato in Italia, alla sta-
zione c’era lei che mi aspet-
tava e dunque ho capito
che non ero stato abbando-
nato. Anche se le condizio-
ni erano un poco migliora-
te, c’erano ancora molte dif-
ficoltà, la moneta corrente
era quella americana e le
condizioni erano sempre
difficili, la nonna faceva del
suo meglio per tirare avan-
ti, ma ho capito che non
avrei mai più potuto lasciar-
la.
Dalla famiglia che mi ha
generosamente ospitato ho
ricevuto tanto, soprattutto
non ho mai patito la fame,
ma la mia nonna mi manca-
va troppo durante quel pe-
riodo. Tornato a casa, ho ca-
pito che non avrei mai più
potuto abbandonare la mia
unica nonna.
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CariNonniviscrivo


RUSSIA: IL CANE HA SEGUITO I BINARI DELLA TRANSIBERIANA PER FARE RITORNO


Percorre 220 chilometri per tornare dal padrone


ELIO CATALDO


■Caro nonno Giovanni, scrivo per-
ché desidero esprimere affetto e gratitu-
dine sentimenti mai palesati prima
d’ora. Ho sempre evitato di rivelare il
profondo attaccamento provato, ho
avuto nei tuoi riguardi una sorta di os-
sequioso timore. Avrei voluto abbrac-
ciarti in tantissime occasioni ed invece
non l’ho fatto. Appassionanti ed indele-
bili alcuni episodi della tua vita. Giova-
nissimo, laureato in legge, rinunciasti
ad una professione tranquilla. Lasciasti
l’Italia, destinazione Sudamerica. Nel
1930, a seguito di un colpo di Stato in
Brasile, abbandonasti dopo una perma-
nenza durata più di 20 anni, l’America
del sud per tornare nel paese d’origine.
Il viaggio si concluse a Genova. A Geno-
va ancora una volta emerse l’innata ca-
pacità di trovare ad ogni problema la
soluzione. In dogana venivano perlu-
strate le valigie e un impettito severo
signore sequestrava tutto. Il pericolo
era di perdere alcuni oggetti preziosi,
frutto di duro lavoro e risparmi, messi
insieme prima della repentina fuga. Ne-
cessario un colpo di teatro. Memorizza-

to il nome dell’addetto all’ispezione
dei bagagli, considerato che avrebbe
potuto avere la tua età, giunto di fronte
al funzionario senza esitazione alcuna
lo abbracciasti. Contemporaneamen-
te, scuotendolo più volte, gli chiedesti
se ricordasse il periodo scolastico vissu-
to assieme alle elementari. L’uomo, col-
to di sorpresa, stralunato e frastornato
dalla vibrante stretta rispose senza esi-
tazione : «Certo impossibile dimentica-
re». Risultato: rapido passaggio al po-
sto di controllo senza alcuna verifica
corporale e dei colli. Tesoretto salvo. A
50 anni iniziasti una nuova vita. Con
caparbietà e dedizione diventasti un
penalista di indiscussa fama molto ap-
prezzato dai tuoi assistiti e dal gentil
sesso tanto da rendere gelosa, pur es-
sendo fedelissimo, una diffidente non-
na. Ricordo quando un giorno, tornato
stanco a casa, dopo ore trascorse in stu-
dio in tribunale per parlare con i clien-
ti, senza fiatare ti gettasti sul letto. Mio
padre colse la stuzzicante occasione e
con aria seria e competente confidò a
tua moglie, dichiarando il falso, come
la stanchezza non fosse la conseguen-
za di un serio intenso lavoro ma piutto-

sto frutto di una piacevole amena gior-
nata trascorsa in compagnia di fanciul-
le lascive se non addirittura zoccole. Il
mio simpatico genitore pregò la nonna
di non parlare del fatto con nessuno e
tantomeno con te per non violare un
segreto professionale. Lei colma di rab-
bia entrò con decisione nella camera
da letto e sbottò: «Fetente hai ragione
... non posso parlare per il segreto pro-
fessionale». Rivelato successivamente
lo scherzo tutto si risolse con una risata
generale. Da ultimo come dimenticare
quando quasi centenario una banale
influenza ti costrinse a letto. Ero da una
settimana laureato in Medicina e Chi-
rurgia. Perentoriamente, evidenziando
grande coraggio, richiedesti una mia vi-
sita medica. Compresi a dispetto della
laurea fresca d’inchiostro, la gravità del
tuo stato e purtroppo a nulla valse il
pronto ricovero ospedaliero. Dopo
qualche giorno la tua vita terrena si
concludeva. Caro nonno sono trascor-
si molti anni e sento di volerti sempre
tanto bene. Perdonami se non te l’ho
fatto sapere quando eri in vita, di sicu-
ro sono certo avresti gradito.
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lunedì
22 luglio
2019
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