Libero - 22.07.2019

(Barré) #1

segue dalla prima


RENATO FARINA


(...) Amava soprattutto il teatro, che
riteneva una cosa tutta diversa dal
cinema, dove una «macchina ti vie-
ne incontro e ti scruta dentro». Nel
cinema è la macchina a lavorare. In-
vece in teatro devi essere tu a entra-
re dentro i personaggi, saperli espri-
mere, e con essi raggiungere lo spet-
tatore là in fondo. Ricordava, ancora
poco fa, le sue prime esperienze con
Luchino Visconti, che era crudele,
specie con le ragazze, da cui non era
gran che attratto. Una volta, ella osò
rilevare un errore del maestro, il qua-
le gelido ad alta voce la schiacciò:
«Ora scopriamo che anche le pulci
hanno la tosse». Sapeva ferire
quell’uomo. Ilaria divenne rossa, vo-
leva sparire, umiliata ma non se ne
andò. Morbidezza d’acciaio. Tem-
pra spirituale in corpo incantevole.
Era così ancora la settimana scorsa,
la lunga vita di una sposa, un tralcio
fecondo.


IL MISTERO DI UNA DONNA

Lo sa bene il marito, Raffaele La
Capria. Chi non lo ha letto, recuperi
questa estate, è imperdibile, prosa
poetica come nessuno, una vigoro-
sa tendenza alla disperazione, che la
presenza di Ilaria, il mistero di que-
sta donna, ha indotto a trasformare
in tenue speranza, nell’appiglio del
“forse”, come di un alpinista che sen-
za forze, mentre sta per lasciarsi an-
dare, veda il candore inaspettato di
una stella alpina. Forse si può vive-
re, forse non c’è il tombino del nien-
te ad accoglierci.
Ho riscoperto in bianco e nero
questo miracolo di grazia che fu Ila-
ria Occhini alcuni giorni fa. Per caso,
che è il vero giacimento delle meravi-
glie, girovagando su YouTube, mi so-
no imbattuto ne “La fiera della vani-
tà”. Era uno degli splendidi sceneg-
giati della Rai realizzati da Anton
Giulio Majano. Subito ecco Ilaria.
Recitava, nel romanzo ottocentesco
di William Makepeace Thackeray, la
parte di Amelia “Emmy” Sedley,
l’amica buona, profondamente buo-
na. Non era perfetta, la perfezione è
rotonda, la si disegna col compasso.
La sua era ambrata da una lieve si-
nuosità, la simmetria era attraversa-
ta da quella rottura impercettibile
che regala il mistero. La bontà e la
bellezza che si baciano. Era il 1967, e
questa donna aveva 33 anni, e mi
sono chiesto da dove venisse quella
pace che sapeva comunicare, come
un prato fiorito.
Risposta. Se l’era portata dietro da
bambina. Ed insieme si era fatta più
piena, quella bellezza, era maturata
come la luna dei poeti grazie all’edu-


cazione e alla tecnica appresa dura-
mente. La sua biografia soccorre. Le
perle sono pure, ma l’ostrica fa la
sua parte. La madreperla era stata
per lei la cultura. Sin da piccina era

stata circondata ma non stritolata
dall’affetto del nonno materno, Gio-
vanni Papini, l’intellettuale fiorenti-
no cattolico, persino esageratamen-
te cattolico, che è stato uno dei prota-

gonisti della letteratura e della filoso-
fia del Novecento italiano. Oggi in-
giustamente dimenticato, e spesso
denigrato, nonno Papini era tutto di-
verso dall’acre polemista che viene

raccontato dalla critica marxista.
Egli la educò come dovrebbero fare
tutti i nonni: ammirandola ma con
distacco. Stringendola un momen-
to, ma poi lasciandola correre. Scris-
se di lei: «Forse chi la incontra non la
vede neanche bella. Per me invece
più bella di Ilaria non c'è. Nacque in
casa mia, figliola della mia figliola, in
una di quelle mattine di marzo umi-
de e quasi bianche che il sole, ogni
tanto, rallumina con prepotenza fu-
gace. Eppure, non riuscirò mai a di-
re perché Ilaria a me sembra bel-
la...». La bellezza la si riconosce, non
la si spiega. Di certo la cura di un
amore senza pretesa di possesso fa
sbocciare le rose e ne sostiene la deli-
catezza e l’eleganza.

GIGANTI IN FAMIGLIA

In quel 1967 Ilaria incarnava il cul-
mine di questa bellezza armoniosa
ma senza noia, zampillo vivace, alle-
gria ricamata. Che cosa c’era dietro?
La risposta che ho trovato è forse ba-
nale, forse borghese: un matrimo-
nio felice. Proprio l’anno preceden-
te si era sposata con Raffaele La Ca-
pria, che era e resta – mi ripeto - uno
dei massimi scrittori italiani. La Oc-
chini in un’intervista al Tg1 del
2016, a Gennaro Sangiuliano, ha
confessato cosa vuol dire questa pre-
senza nella sua vita di due giganti:
«Un confronto un po’ pesantuccio
per me. Avere uomini importanti ac-
canto è bellissimo, ma faticoso». La
fatica non rovina la bellezza. È una
dimensione della vita che la rende
intensa e insieme quieta. Per Ilaria e
Raffaele è espressa dalla casa in cen-
tro a Roma che domina i tetti, e dove
non ci sono grandi foto di loro, ma
libri e quadri, e un’aria vibrante.
Se ne è andata Ilaria Occhini, ma
che ne sarà ora Di Raffaele La Ca-
pria? Le donne hanno maggiori ri-
sorse. Lui resta in questa casa. Ci so-
no la figlia Alexandra e i nipoti. Ma
la cara moglie non c’è più. Non esi-
stono soltanto i matrimoni sfiatati,
non per forza è necessario, per ren-
dere gustosa la vita, spezzare i lega-
mi per credersi immortali.
Come resistere a questa devasta-
zione che è la morte dell’amata? Se
lo sentissi, gli direi: Maestro, nella
desolazione, si ricordi di quel gran-
de forse. «C'è ancora qualche possi-
bilità che una simile devastazione
non sia irreversibile. Forse». Lo ha
scritto lei pochi mesi fa (II fallimen-
to della consapevolezza,Monda-
dori).
In questa estate in cui se ne sono
andati tre novantenni di peso intel-
lettuale e storico (Camilleri, De Cre-
scenzo e Borrelli) se n’è andata an-
che la bellezza. Che peccato.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

■Luciano De Crescenzo avrebbe compiuto 91 anni il
18 di Agosto. Se ne è andato esattamente un mese pri-
ma. In punta di piedi, come è sempre vissuto e forse col
sorriso ironico di un «filosofo e umorista» (così lo defini-
sce Renzo Arbore) che non ha voglia dei rituali festeg-
giamenti di un altro compleanno.
Chi lo ha conosciuto sa che il titolo che scelse per la
sua autobiografia “Sono stato fortunato” è
molto bugiardo. Perché De Crescenzo, il
suo successo se lo è meritato fino in fondo
e anzi, resta fortemente in credito nei con-
fronti dei troppi soloni della cultura italia-
na che lo hanno sempre guardato con
una certa aria di superiorità che si riserva
a chi, magari simpaticamente, vuole inva-
dere campi non suoi.
Nella loro testa un ingegnere della Ibm
può mai spiegare al mondo la filosofia?
Può essere al contempo scrittore, attore e
anche regista riuscendo sempre a farsi
amare e apprezzare dal grande pubblico? Eppure i suoi
oltre 40 libri, tradotti in 25 lingue, hanno venduto oltre
18 milioni di copie e anche il vice portinaio napoletano
Bellavista, del suo primo libro e poi film, è rimasto una
icona popolare. E anche Atene, madre della filosofia, gli
ha conferito la cittadinanza onoraria. I critici che han-
no, a torto o a ragione, innalzato agli onori dei grandi
della letteratura il giallista marxista Camilleri, con lui

sono stai molto avari nei giudizi. Oggi, anche quelli che
lo hanno a lungo sottovalutato si uniscono al rimpianto
di chi lo ha amato e apprezzato e di chi ha avuto la
fortuna di conoscerlo. Ecco, io mi sento fortunato per
averlo potuto incontrare in molte occasioni e ancor di
più per essere stato testimone di un suo inedito piccolo
capolavoro di ironia: insieme a Gasparri, oltre 15 anni
fa provammo a proporgli di candidarsi al-
le elezioni per Alleanza Nazionale.
Ne ricevemmo un garbato ma sicuro di-
niego perché, ci disse, la politica non era
nei suoi progetti. E a Gasparri che insiste-
va, aggiunse: «vede, non lo farò ma se mai
ci pensassi lo farei solo per il centro». «Per
il centro?». Domandammo noi meraviglia-
ti e pronti a illustrare i meriti della Destra.
E fu a quel punto che De Crescenzo ci
diede prova della sua incomparabile spon-
taneità ironica. «Che avete capito?», ci dis-
se. «Intendo dire per il centro cittadino,
cioè per avere il pass per il centro storico che altrimenti
mi negano». La ammirata risata liberatoria mi risuona
nella testa come le sue parole per descrivere Socrate
(«era buono d’animo, tenace, intelligente, ironico, tolle-
rante, nel medesimo tempo inflessibile») che a ragione
potremmo oggi usare per ricordare la grandezza di Lu-
ciano De Crescenzo.
IGNAZIO LA RUSSA

■Iniziato il restauro degli scaloni vasariani di Palazzo Vecchio, maestose scalinate gemelle
che conducono dal Cortile di Michelozzo al Salone dei '500. L’ultimo intervento risaliva ad oltre
20 anni fa. Gli scaloni apparivano usurati dal tempo e dall’uso e pertanto, spiega il Comune di
Firenze, si è reso necessario un intervento, dal costo di 150 mila euro, che durerà sei mesi.


Inizia il restauro degli scaloni vasariani


■Trentacinque mostre in 13 diverse location, oltre 30 artisti provenienti da più di 10 paesi
per un mese dedicato alla fotografia in una città che è uno dei più grandi musei d’arte
contemporanea «a cielo aperto» del mondo. È il Gibellina PhotoRoad, l’unico festival di foto-
grafia open air d’Italia, che quest’anno dal 26 luglio al 31 agosto animerà la cittadina trapanese.

A Gibellina l’unico festival di foto all’aperto


La morte della moglie, Ilaria Occhini


L’immenso dolore del grande La Capria


Lo scrittore aveva sposato la bellissima attrice nel 1966. Ieri se ne è andata, aveva 85 anni. Era nipote


di Giovanni Papini: ha respirato la vera letteratura sin da piccola. Poi tanto teatro, cinema e televisione


Ilaria Occhini era nata a Firenze il 28 marzo 1934. Era figlia dello scrittore Barna Occhini e di Gioconda, secondogenita di Giovanni Papini

Un ricordo di Ignazio La Russa


Ecco come votava Bellavista


An propose a De Crescenzo di candidarsi. La sua risposta fu un capolavoro


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Luciano De Crescenzo (LP)

17
lunedì
22 luglio
2019
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