segue dalla prima
AZZURRA BARBUTO
(...) e la deputata Mariastella Gel-
mini hanno espresso pubblica-
mente solidarietà in favore di Ma-
ria Elena Boschi. L’ex ministro del
governo Renzi ha incriminato il vi-
cepremier Matteo Salvini di averla
consegnata al pubblico ludibrio e
di avere scatenato la violenza sessi-
sta contro di lei postando la prima
pagina diLiberodi qualche giorno
fa in cui appariva l’immagine della
parlamentare del Pd con il titolo
“Parola d’ordine: sfiduciare Salvi-
ni. Mozione presentata da Bo-
schi”.
Vabbè, noi già sappiamo che le
nostre prime pagine si fanno nota-
re, ma nessuno immaginava che il
post del ministro dell’Interno
avrebbe attirato una valanga di
commenti offensivi verso Maria
Elena e il partito a cui ella appartie-
ne. Il leader del Carroccio è stato
tacciato di avere acceso la miccia
che ha fatto divampare l’odio sul
web nonché di essere un convinto
maschilista. Tuttavia, il ministro
dell’Interno non ha espresso nean-
che un giudizio nei confronti di
Maria Elena. Ecco perché il came-
ratismo manifestato dalle forziste
risulta ora essere fuori luogo.
Esso infatti implica un presuppo-
sto fondamentale ed errato: che
Matteo Salvini abbia esercitato
davvero violenza verso Boschi e
che questa sia vittima, vittima in
quanto donna. «Odio ed ignoran-
za si combattono, non si incorag-
giano», ha specificato Gelmini. An-
che le parlamentari di Forza Italia,
insomma, si sono adeguate ai cli-
ché sventolati dalla sinistra, al fem-
minismo ottuso e lagnoso, al buo-nismo formale (ché di bontà ce n’è
in sostanza troppo poca), all’ap-
piattimento imposto da quella
compagine di intellettuali e politici
che ti escludono e ti osservano con
sdegno se non ti pieghi al loro pen-
siero. Ed ecco che Maria Elena Bo-
schi è stata trasformata in una mar-
tire, magari ne proporranno persi-
no la santificazione ed erigeremo
statue in suo onore nonché in me-
moria di tutte le fanciulle ingiuria-
te e prese di mira da luridi maschi.
Peccato che il problema qui non
sia il sessismo, ma il fatto che la
rete – parliamoci chiaro – è gremi-
ta di idioti, proprio come le nostre
strade (e le Camere, anche quelle
sì). La differenza consiste nel fatto
che sul web chiunque sente di ave-
re la licenza a spararla più grossadegli altri, non esistono filtri, limiti,
censure, e viene fuori il peggio
dell’essere umano, peggio che
non ha mai fine, ahinoi! Chiunque
sia un personaggio pubblico fini-
sce in questo tritacarne e sui social
network viene fatto a polpetta e
poi divorato dagli odiatori, gente
frustrata che cerca di lenire il dolo-
re che deriva dalla propria sconten-
tezza prendendosela con chi è più
in gamba, o più fortunato. Tutta-
via, fare di Matteo Salvini il capro
espiatorio di una condotta genera-
le su cui dovremmo tutti quanti ri-
flettere è operazione disonesta, ca-
ra Maria Elena Boschi.
Dove si trovavano le femministe
del Pd, le stesse che hanno asciuga-
to le lacrime di Boschi in queste
ore ed hanno attaccato il vicepre-mier leghista, allorché la leader di
Fratelli d’Italia lo scorso dicembre
fu oltraggiata dal fotografo di sini-
stra Oliviero Toscani? «Giorgia Me-
loni? Poveretta, lei è una ritardata.
È brutta e volgare, mi dà fastidio la
sua estetica. È proprio fastidiosa e
quindi tutto ne risente, anche
l’estetica», aveva affermato Tosca-
ni. Puntualizziamo che mai Salvini
si è reso autore di parole tanto me-
schine verso il gentil sesso, eppure
è lui quello considerato misogino.
Boschi allora restò muta.
E a quell’assordante silenzio si
unirono Laura Boldrini e tutte le
paladine rosse che, soltanto quan-
do conviene loro, si dichiarano fer-
venti sostenitrici dei diritti delle
donne, salvo poi voltare le spalle
alle rappresentanti del loro stesso
genere allorché indossano un’al-
tra casacca politica.
Più che femminismo questo è
opportunismo.
©RIPRODUZIONE RISERVATAsegue dalla prima
ALESSANDRO GIULI
(...) ma intanto nel suo Lazio go-
verna come una Virginia Raggi
con la zeppola. Venerdì il segreta-
rio del Partito democratico ester-
nava inconsolabile a causa
dell’improvvisa tregua (armata)
tra Luigi Di Maio e Matteo Salvi-
ni: «Ora sembra che stia cam-
biando tutto di nuovo, non vor-
remmo che ci si trovasse di fron-
te a un nuovo inciucio o a un go-
vernicchio o magari a un rimpa-
sto. Ci opponiamo a tutto questo
e prepariamo l’alternativa per ri-
dare una speranza al Paese. Que-
sta è la nostra missione». La veri-
tà è che Zingaretti ha fretta di tor-
nare a votare. E non soltanto per-
ché la parte maggioritaria dei
gruppi parlamentari democratici
è espressione della segreteria
Renzi: il fratello del commissario
Montalbano non vede l’ora di an-
dare al governo con il Movimen-
to Cinque stelle per farci dimenti-
care che ha sgovernato (e sta an-
cora sgovernando) la seconda
Regione italiana come se fosse
una Tor Bella Monaca da quasi
sei milioni di abitanti.
Tanto per capirsi: i cittadini la-
ziali sono i più spremuti d’Italia
dall’addizionale regionale Irpef.
In base a uno studio effettuato
dal centro studi del Consiglio na-
zionale dei commercialisti, incro-
ciando dichiarazioni dei redditi e
modelli Cud, risulta che su un
reddito imponibile di 36.000 eu-
ro l’Irpef più salata si paga nel
Lazio (848,80 euro), poi in Moli-
se (789,80 euro), Piemonte
(739,90) e Campania (731,80). Di-
ce: vabbè, ma nel Lazio ci saran-
no i servizi migliori d’Italia, mo-
dello svizzero... Al contrario: la
causa principale del salasso su Ir-
pef e Irap sono i conti in disordi-
ne che hanno condotto a 10 anni
di commissariamento della sani-
tà pubblica, uno stato d’eccezio-
ne che doveva concludersi il 31
dicembre 2018 e che invece è sta-
to prorogato, con Zingaretti anco-
ra una volta commissario straor-
dinario. Obiezione: ma Zingaret-
ti non è stato eletto soltanto nel
marzo 2018? Errore: è stato
ri-eletto, e soltanto perché il cen-
trodestra si è presentato diviso
(l’ex sindaco di Amatrice, Sergio
Pirozzi, con la sua lista dello Scar-
pone ha calpestato la vittoria al-
trimenti certa di Stefano Parisi) e
in pratica è alla tolda di coman-
do del Lazio dal 12 marzo 2013.
Impossibile, perciò, assolverlo
dalla chiamata in correo per di-
sfunzioni varie e malagestione
nel settore sanitario.ANTICHISSIMO PELOMa il suo capolavoro è appun-
to questo: fingersi appena arriva-
to anche se è un politico di anti-
chissimo pelo: ha fatto l’europar-
lamentare dal 2004 al 2008 e poi
il presidente della Provincia di
Roma fino al 2012. Tutto ciò che
non funziona nel Lazio, con ogni
evidenza, Zingaretti l’ha eredita-to da se stesso. Al contrario di Vir-
ginia Raggi, che è una povera di-
sgraziata scaraventata dai grillini
al vertice di un mondo più gran-
de e più cattivo di lei – il principa-
le problema di Roma, ricordia-
molo sempre, siamo noi romani- e che si è ritrovata sulle spalle
un debito monstre originato dal-
le sindacature di sinistra e s’è ac-
cresciuto man mano che Gianni
Alemanno e Ignazio Marino si
succedevano al Campidoglio. Se-
condo i pentastellati, che pure
dapprincipio avevano offerto
qualche gentilezza di troppo al
governatore, Zingaretti ha alme-
no 889.922.370,26 buoni motivi
per imboscarsi dalla guida del La-
zio il più possibile: tanti sono gli
euro che mancano nelle casse re-
gionali e che, di proroga in proro-
ga, costringono il presiden-
te-commissario a estenuanti e in-
concludenti trattative con il mini-
stero della Sanità.
LAZIALI DELUSILa brutta cartolina di un segre-
tario del Pd che abbandona il
suo Lazio è forse speculare a
quella dei cittadini laziali che in
cuor loro hanno già preso conge-
do da Zingaretti da molto tempo:
vittime di una disoccupazione
crescente (dal 10,61 del 2012
all’11,6 dell’anno scorso); afflitti
da una corruzione enorme che
secondo la Corte dei Conti vale
circa un miliardo, poco più del
debito sanitario regionale; rasse-
gnati ad avere servizi esangui
con liste d’attesa chilometriche e
trasporti pubblici fatiscenti. Ep-
pure, se improvvisate un sondag-
gio fra amici e conoscenti, alla do-
manda “chi è o che cosa fa Zinga-
retti” quasi tutti vi risponderan-
no all’incirca così: 1) un tipo cor-
pulento che insulta Salvini per
farsi notare; 2) il fratello di Mon-
talbano; 3) un ex giovane comu-
nista che rimpiange l’Unione so-
vietica. E il Lazio? Non pervenu-
to.
©RIPRODUZIONE RISERVATAI fallimenti del leader del Pd
Zingaretti fa opposizione male e governa peggio
Tasse alte, servizi scarsi: il Lazio è un disastro. Il governatore pensa a insultare la Lega e vuole mollare in fretta la Regione
Nicola Zingaretti è presidente della Regione Lazio dal 12 marzo 2013(LaPresse)La strumentalizzazione contagia anche le politiche azzurre
Le donne sono malate di antisessismo
Solidarietà alla Boschi ma silenzio sulle offese di Oliviero Toscani a Giorgia Meloni
L’IRPEF
■Secondo uno studio del centro
studi del Consiglio nazionale dei
commercialisti, incrociando dichia-
razioni dei redditi e modelli Cud,
su un reddito imponibile di 36.
euro, l’Irpef più salata si paga nel
Lazio (848,80 euro), seguito dal
Molise (789,80 euro), dal Piemon-
te (739,90 euro) e dalla Campania
(731,80 euro).LA SANITÀ
■La causa principale del salas-
so su Irpef e Irap sono i conti in
disordine che hanno condotto a 10
anni di commissariamento della sa-
nità pubblica, uno stato d’eccezio-
ne che doveva concludersi il 31
dicembre 2018 e che invece è sta-
to prorogato, con Zingaretti ancora
una volta commissario straordina-
rio.I conti
7
lunedì
22 luglio
2019ITALIA