Il Settimanale 32

(Francesco CaccavellaNHp1fh) #1

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IN-CYBER


VENERDÌ 07 APRILE 2023

ils

Ho appreso, senza particolare entusiasmo,


che certi grandi sistemi informatici


a elevata criticità non hanno bisogno di un


Mike Tyson dei bit per finire al tappeto


Quando “staccare la spina”


causa guai come un vero attacco hacker...


Esperienza diretta vissuta in un ufficio postale della Capitale: un blackout


di tutti i servizi (in diverse sedi) che sembrava suggerire un assalto pirata


è stato ricondotto ufficialmente a una temporanea “assenza di linea”


M


ercoledì 6 aprile alle ore 17 nei sistemi informatici di Po-
ste Italiane qualcosa comincia a non funzionare. Il mattino
successivo molti uffici sono bloccati e chi entra vede che il
“totem”, che distribuisce i biglietti per mettere in coda la clientela,
è spento. Nella sala, normalmente affollata in maniera composta, si
sente la voce di una delle impiegate che, con tono deciso e al contempo
rassegnato, ripete “non c’è linea”. L’utenza, costituita da vivaci teena-
gers degli anni Sessanta, rimane attonita. I tanto arzilli quanto arran-
canti ex-ragazzini si guardano tra loro e qualcuno pensa (o spera) di
aver capito male per un guasto dell’apparecchio acustico.
Qualche diversamente giovane viene invitato a rivolgersi ad altri uffici
postali in zona perché non si sa quando il servizio possa riprendere
vita. Il fatto che gli “sportelli alternativi” si trovino ad un chilometro
o due di distanza non deve spaventare i vecchini già faticosamente ap-
prodati a quella sede. È una opportunità di fitness rivitalizzante. Qual-
cuno alza lo sguardo ai display su cui campeggia il volto sorridente di
Mara Venier e si chiede se la camminata suggerita possa costituire la
prima fase contrattuale del passaggio a Poste Energia e preveda altre
prove di forza e vigore...
Sui monitor è visualizzata la scritta “Inizializzazione in corso 10.55.209.x”
dove – in questo articolo – quella “x” indica l’ultimo numero che varia da
botteghino a botteghino del lungo bancone, testimoniando che nessuno
dei computer riesce a connettersi al sistema.
Gli “oldies but goldies” (vecchi ma dorati) maggiormente pro-
pensi ad occuparsi di questioni tecnologiche si affrettano ad immaginarsi
spettatori di un assalto hacker in diretta, una fortuna che – come la stella
cometa che porta alla notte dell’Epifania – tocca in sorte solo a pochi elet-
ti (non si fraintenda, non parliamo di seggi assegnati e baciati dalla Dea
bendata...). Abituato a disastri informatici, qualunque ne sia la radice, ho
sfogato la bile accumulata nell’inutile attesa sintetizzando il Calvario (il
periodo pasquale porta a facili paragoni, specie in presenza di tanti “po-
vero Cristo”) e ponendo su Internet il sibillino quesito “Attacco hacker?”.
Nel pomeriggio, una telefonata garbatamente mi rimprovera di aver fatto
aleggiare lo spettro di un arrembaggio di terribili pirati informatici di cui
non si sarebbe vista nemmeno lontanamente l’ombra.

Umberto Rapetto
Generale Gdf – già comandante
Nucleo Speciale Frodi Telematiche

Non faccio in tempo a prendere atto – con estremo piacere – che fosse
“no” la risposta al mio interrogativo: il rimbrotto, infatti, non era conclu-
so. La persona dell’Ufficio Stampa di Poste Italiane, dopo avermi detto che
in realtà non fosse successo nulla o quasi nonostante sul web si parlasse di
un certo numero di uffici in giro per l’Italia, mi ha costretto a guardare le
foto sul mio smartphone per darmi pace e convincermi di non aver avuto
allucinazioni.
L’episodio era da ricondurre ad un minuscolo problema di alimentazione
elettrica. «Ah, quindi è bastata l’interruzione della corrente?» ho timida-
mente domandato a chi stava dall’altro capo del telefono. La planare con-
ferma ha sbriciolato la gioia di sapere che non c’era lo zampino di qualche
criminale digitale.
Ho dunque appreso – senza particolare entusiasmo – che certi grandi si-
stemi informatici a elevata criticità (come quello di una holding che si oc-
cupa di logistica, gestisce il risparmio, fornisce servizi assicurativi e così
a seguire) non hanno alcun bisogno di incrociare i guantoni con il “Mike
Tyson del bit” per finire miseramente al tappeto.
Il pensiero di un addetto alle pulizie che fischiettando inciampa
nel cavo di alimentazione di un server, interrompendo le attività di tutte
le stazioni di lavoro che avevano bisogno di collegarsi proprio a quella
“macchina”, evoca le esilaranti scene di Hollywood Party in cui Peter Sel-
lers si rende protagonista di incidenti grotteschi e impensabili. Qualche
altro cinefilo ricorda la suora che – ne L’aereo più pazzo del mondo – con la
sua chitarra stacca la flebo alla ragazza trasportata a bordo con tanto di
barella... La vicenda invita a riflettere parecchi soggetti perché gli errori
sono almeno di duplice natura.
Sul fronte tecnologico è ovvio che qualcosa è andato storto (proprio come
appariva sul display quando cercavo di prendere appuntamento trami-
te la apposita “app”), come facilmente rilevabile (per entità e durata) dai
“log” che registrano le attività svolte dai diversi operatori abilitati ad uti-
lizzare i computer per i servizi al pubblico. Parliamo di un “termometro”
che evidenzia (a prova di qualsivoglia smentita) il malessere che avrebbe
“fiaccato” almeno una parte degli uffici sul territorio già dal pomeriggio
di mercoledì. E il fatto che si sia manifestato più o meno – Federico Gar-
cia Lorca docet – “a las cinco de la tarde” non può ammettere la maldestra
affermazione «e comunque alle 19 gli sportelli chiudevano...», con cui si
tentava di ridimensionare l’accaduto.
Sul versante della comunicazione limitiamoci a riconoscere la necessità di
non nascondere la polvere sotto il tappeto e di avere un approccio diffe-
rente con chi scrive dopo esser stato sul “luogo del delitto”.
A questo punto gli hacker passano inesorabilmente in secondo piano. Toc-
ca mutuare Joel ed Ethan Cohen, nonché ovviamente Cormac McCarthy
che ha scritto il romanzo che li ha ispirati. Non è un Paese per vecchi. Soprat-
tutto per quelli che vanno all’ufficio postale. n
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