Amorevolmente

(mauro valla3P68EG) #1
PRESENTAZIONE

Tempo fà, nel lontano 1970, scrissi alcune poesie.
Queste furono lette dal Sig. Alberto Bevilacqua, qui di seguito la sua lettera di
commento.


Caro Valla,
ho letto le sue poesie e alcune, in particolare, mi sono piaciute. O meglio mi sono piaciute parti
di esse: per es. la prima parte di Io (fino a capire), versi da isolarsi come "Penso a te - dolce
poesia di una vita vissuta....", il finale di Speranza, gli ultimi tre versi di Dolce Luna, o versi da
isolarsi solitari come "Capire di essere in una stanza bianca", ecc...
Ma ci sono anche versi da radiare, assolutamente, come: ululati di vita vissuta", "Strade
deformate dalla società", ecc...
Che cosa se ne deduce?



  1. Che lei è poeta quando:


a) tratta di un mistero che più profondamente rintocca in lei -il senso cosmico, primo fra tutti,
il guardare in alto, con una sorta di mistica istintiva.


b) non immerge quel rintocco in una voglia di spiegare, banalizzare con argomenti
sociologiche occasionali (rotocalcistiche, quella poesia a jimi Hendrix non aveva bisogno di
essere dedicata a Jimmy Hendrix, ma lasciata nel suo mistero, ripeto, rivolta a una figura
indefinita).


c) non cerca, un po' banalmente, un'interlocutrice donna, secondo vecchi schemi, per
effonderle il suo stato d'animo. Ma non capisce che sempre e in ogni modo il suo
interlocutore è lei stesso, il suo alter ego, così forte, che deve essere lasciato smarginato,
circonfuso, non precisato ne con figure femminili che la portano a banalizzarsi, ne con
considerazioni parafilosofiche che non si basano su un fondo sufficientemente reso colto
attraverso la coscienza?




  1. Lei può essere davvero poeta a condizione di esercitare la contenutezza. Stringa, invece di
    espandere ed esplicitare ad ogni costo. Si accontenti di poesie di pochi versi, non dialogate
    (volte verso l'esterno), ma lasciate, allo stato puro, nel loro groviglio sensitivo illuminante....




  2. Ripeto: il suo tema non è la donna, non sono le sue note biografiche da giovane moderno,
    (nel senso di ciò che vivono banalmente i giovani, ecc...) bensi un senso di dolore personale,
    della solitudine personale, un senso di croce da portare che, ovunque s'affacci da tono e rigore
    alla poesia: lo confronti nel cielo, nella terra, negli insetti, ecc....Questo, si, sono i suoi
    compagni di poesia ; le sue vere provocazioni.




  3. Ricordi sempre: non faccia poesia verso l'esterno (il suo pericolo è la banalità poetica), ma
    la trattenga dentro, magari approfondendo le sue nozioni (e studi) della patologia psicologica.
    Allora è poeta.
    In una lettera non si può dir di più. E me ne scuso. Ma spero, almeno un poco, d'essere stato
    chiaro. Se verrò a Parma, ci incontreremo e parleremo. Auguri di buon lavoro. E lavori!




Suo
Alberto Bevilacqua

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