per illuminare la notte a giorno, inondando di luce ac-
cecante un nuovo mondo reso possibile dalla scienza.
Toccò ad Einstein spiegare cosa fossero i raggi
cosmici. Gli furono concessi cinque minuti. All’inizio
rifiutò: era troppo poco per spiegare il fenomeno. Ma
era anche convinto che fosse dovere dello scienziato
comunicare con il pubblico, così finì per accettare.
Einstein aveva appena compiuto 60 anni e da de-
cenni era oggetto di una rara forma di idolatria grazie
alle nuove, inimmaginabili realtà fisiche che aveva
scoperto. E la moltitudine riunita sotto la pioggia
per ascoltarlo non era niente rispetto al pubblico che
seguiva l’evento alla radio.
«Se la scienza, come l’arte, vuole compiere vera-
mente e fino in fondo la sua missione», esordì, «le
sue conquiste devono penetrare con il loro senso più
profondo nella coscienza delle persone e non solo
scalfirne la superficie».
Quando ho letto per la prima volta queste parole
poco note di Einstein, ho trovato il vero credo del
lavoro a cui ho dedicato gli ultimi 40 anni: il sogno di
Cosmos. Einstein ci invitava ad abbattere i muri che
avevano segregato e allontanato la scienza da molti di
noi, a tradurre le scoperte scientifiche dal gergo tecnico
per iniziati a un linguaggio alla portata di tutti, per
comprenderle e interiorizzarle attraverso l’incontro
in prima persona con le meraviglie che svelavano.
Io e Carl Sagan non conoscevamo questa frase di
Einstein quando iniziammo a scrivere la serie origi-
nale Cosmos (in Italia uscì a metà anni Ottanta con
il titolo Cosmo, n.d.r.) con l’astronomo Steve Soter.
Avvertivamo solo una sorta di urgenza evangelica
nel condividere lo straordinario potere della scienza,
a trasmettere al pubblico l’innalzamento spirituale
dell’universo che svelava e diffondere i segnali di al-
larme lanciati da Carl, Steve e altri scienziati riguardo
il nostro impatto sul pianeta.
Cosmos ha dato voce a queste predizioni, ma tra-
smetteva anche un messaggio di speranza, un senso
di fiducia nei confronti dell’umanità e del coraggio di
quegli scienziati che osavano svelare scomode verità.
La premiata serie televisiva originaria e il libro del
1980 sono stati letti e seguiti da centinaia di migliaia
di persone. Il libro faceva parte degli 88 volumi scelti
dalla Biblioteca del Congresso statunitense per una
mostra intitolata I libri che hanno plasmato l’America.
Fu quindi con un certo timore che, diversi anni dopo
la morte di Carl, ho deciso con Steve di lanciarmi nella
realizzazione di Cosmos: Odissea nello spazio. Ora,
giunta alla mia terza stagione di viaggi sulla “navi-
cella dell’immaginazione”, posso contare ancora una
volta su validissimi collaboratori e ho ancora paura
di non reggere il confronto. Ciò nonostante, i nostri
tempi mi spingono a non mollare.
Tutti noi siamo consapevoli dell’ombra che il
nostro presente getta sul futuro. Una parte di noi sa
che dobbiamo agire se non vogliamo condannare
i nostri figli a pericoli e avversità che non abbiamo
mai dovuto affrontare. Come faremo a svegliarci per
evitare di scivolare in una catastrofe climatica o nu-
cleare che potrebbe distruggere noi e innumerevoli
altre specie prima che si possa intervenire? Come
possiamo imparare ad apprezzare quelle cose indi-
spensabili alla nostra sopravvivenza - aria, acqua,
le basi fondamentali che permettono la vita sulla
Terra - più di quanto ci interessiamo al denaro e alle
comodità a breve termine? Per cambiare, servirebbe
niente di meno che un risveglio spirituale mondiale.
La scienza, come l’amore, è un mezzo per trascen-
dere e vivere quella sensazione unica e straordinaria
di essere vivi. L’amore ci chiede di mettere da parte
le nostre personali paure e speranze per accogliere la
realtà dell’altro. Ed è proprio così che la scienza ama
la natura. Questa assenza di destinazione finale, di
una verità assoluta, è quel che rende la scienza una
metodologia così preziosa per la sacra ricerca. È un’in-
finita lezione di umiltà. La vastità dell’universo - e
l’amore, quel che rende la vastità sopportabile - sono
fuori dalla portata degli arroganti. Dovremmo dare
più importanza alla realtà che a quel che vorremmo
credere. Ma come accorgerci della differenza?
Conosco un modo per squarciare il velo di oscurità
che ci impedisce di vivere un’esperienza completa
della natura. Eccole, le regole di navigazione fon-
damentali della scienza: sottoporre le idee a espe-
rimenti e osservazioni. Concentrarsi sulle idee che
superano i test. Scartare quelle che non li superano.
Seguire le prove ovunque ci portino. E dubitare di
tutto, anche dell’autorità.
Se i pellegrinaggi che compiamo per comprendere
il nostro posto nell’universo, le origini della vita e
le leggi della natura non sono ricerche spirituali,
allora non so cos’altro possa esserlo. Non sono una
scienziata, sono solo una che va a caccia di storie.
Quelle che amo di più parlano di esploratori che
ci hanno indicato la strada nel vasto oceano nero,
lasciandoci isole di luce.
L’uso scorretto della scienza mette in pericolo
la nostra civiltà, ma insita nella scienza c’è anche
la capacità di riscatto. Può ripulire un’atmosfera
sovraccarica di CO 2. Può lasciare proliferare la vita
per neutralizzare le tossine che abbiamo disperso
in maniera così sconsiderata. I suoi poteri profetici
sono dimostrati dalla difficile situazione in cui ci
troviamo ora. Le parole pronunciate da Einstein in
quella serata piovosa potrebbero essere il suo più
grande dono. Se ascoltiamo con attenzione quello
che gli scienziati ci dicono, un pubblico consapevole
e motivato permetterà a questo mondo di continuare
a esistere.
Creato e prodotto da Ann Druyan e presentato
dall’astrofisico Neil deGrasse Tyson, Cosmos:
Odissea nello spazio 2 porta i telespettatori
attraverso lo spazio e il tempo con animazioni
esclusive, ologrammi e ricostruzioni di scoperte
storiche. In onda su National Geographic ogni
lunedì alle 21.55 dal 9 marzo al 1 giugno.
Cosmos: Odissea nello spazio 2