National Geographic Italy - 03.2020

(Jacob Rumans) #1
il bisnonno per vivere raccoglieva stracci, metallo
e carta. Oggi, dalla sede centrale di Dordrecht,
Boer dirige cinque stabilimenti nei Paesi Bassi,
in Belgio, in Francia e in Germania, che nel com-
plesso raccolgono e selezionano fino a 415 ton-
nellate di abiti scartati al giorno, che poi vengono
venduti per essere riusati o riciclati.
A detta di Boer, le persone hanno un’idea
sbagliata riguardo a ciò che lasciano in un cas-
sonetto per gli abiti usati, perché pensano che
vengano donati direttamente a chi ne ha biso-
gno. Ciò che invece succede di solito è che questa
roba viene comprata da aziende come la Boer
che la seleziona e la rivende in tutto il mondo.
Dalla finestra riesco a vedere i movimenti
rapidi ed esperti delle operaie che prendono
gli abiti dai nastri trasportatori, li esaminano
velocemente per poi girarsi e infilarli in uno
dei circa 60 sacchi che hanno a disposizione.
Ogni operaia smista circa tre tonnellate di ve-
stiti al giorno, spiega Boer. Le smistatrici devono
avere occhio per la moda, soprattutto per i capi
di qualità (solo il 5 o il 10 per cento del totale),
che costituiscono la maggior parte dei profitti
dell’azienda. In Russia e in Europa orientale, per
esempio, la biancheria intima femminile può
valere fino a 5 euro al chilo. La roba di qualità in-
feriore viene spedita in balle da 55 chili in Africa,
dove viene venduta per 50 centesimi al chilo.
La gente compra la biancheria intima usata?
Sono perplesso. «È roba usata, ma pulita», speci-
fica Boer. La gente di solito non dona abiti spor-
chi. In questo periodo l’imprenditore riceve più
vestiti di quanti ne possa gestire, soprattutto
dalla Germania, che recupera il 75 per cento dei
suoi scarti: le amministrazioni cittadine di quel
paese hanno capito che l’idea funziona.
L’azienda è in grado di rivendere il 60 per
cento di ciò che recupera. Gli abiti riportati in
uso e indossati di nuovo fanno bene al pianeta


  • l’energia e i materiali con cui sono stati fabbri-
    cati non vanno persi - e alla Boer. «L’attività si fi-
    nanzia in questo modo», afferma l’imprenditore.
    Il restante 40 per cento, gli indumenti che
    nessuno vuole, viene riciclato come panni per
    pulire o fatto a brandelli da usare come mate-
    riale isolante o per le imbottiture dei materassi.
    Alcuni vengono inceneriti. Sempre più spesso
    la frazione riciclata include abiti a basso costo
    rovinati. In questo caso Boer perde denaro. La
    fast fashion rischia di fargli chiudere l’azienda.
    C’è una forma di riciclaggio da cui Boer ricava
    modesti profitti. Da decenni spedisce pullover


rinunci a simili risorse», afferma Roth. «Questa
roba vale miliardi». Qualcosa comunque sta cam-
biando. La Apple, per esempio, incoraggia i clienti
a dare in permuta i vecchi iPhone, che vengono
portati in Texas, dove un robot intelligente li
smonta ed estrae i materiali che possono essere
usati per nuovi dispositivi.
Il rame, tuttavia, esemplifica un problema
più generale: anche il riciclaggio estremo ha
un limite. Il rame riciclato, infatti, costituisce
solo un terzo della produzione della Aurubis; il
resto viene ancora dalle miniere. Negli ultimi
cinquant’anni la produzione di rame in tutto
il mondo è quadruplicata, ed è ancora in cre-
scita. Le tecnologie di cui abbiamo bisogno per
rinunciare ai combustibili fossili necessitano di
grandi quantità di rame; per costruire una tur-
bina eolica gigante ce ne vogliono 30 tonnellate.
«La domanda continua a crescere», afferma
Laser. «Non potremo mai soddisfarla con il ri-
ciclaggio». Serviranno altre strategie.


Abbigliamento


IL LOGO CON I TRE CERCHI concentrici della Ellen
MacArthur Foundation era stampato sulla felpa
che la stessa Ellen indossava il giorno in cui l’ho
intervistata nella sede della fondazione sull’Isola
di Wight. Nel 2005, a 28 anni, MacArthur ha com-
pletato il giro del mondo in solitario a bordo di un
trimarano in poco più di 71 giorni. Aveva caricato
l’imbarcazione con il cibo necessario per 72 giorni
di navigazione. È tornata a casa con la consape-
volezza delle risorse limitate del nostro pianeta.
Ha deciso quindi di abbandonare le competi-
zioni velistiche e di sfruttare la propria fama per
fondare un’associazione che finora ha fatto più
di altre per promuovere l’economia circolare, in-
nanzitutto continuando a utilizzare gli oggetti.
Le persone possono mettere in pratica questa
strategia a partire dai propri armadi. Secondo un
rapporto della Ellen MacArthur Foundation, nel
periodo che va dal 2000 al 2015 la popolazione
mondiale è aumentata di un quinto e la produ-
zione di abbigliamento è raddoppiata grazie all’e-
splosione della cosiddetta fast fashion. Potendo
disporre di molti abiti economici, un capo viene
indossato in media un terzo di volte in meno.
Jorik Boer si guadagna da vivere recuperan-
done una parte in quanto direttore della Boer
Group, azienda olandese nata un secolo fa quando


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